I mille ostacoli al referendum anti casta
La raccolta di firme per il quesito che possa ridimensionare le spese pubbliche è meno semplice del previsto. Perché?
Scritto da Sara Frangini | Yahoo! Finanza – 4 ore fa
C’è comitato e comitato. E non basta che le intenzioni, almeno sulla carta, siano delle migliori. Né che le comunicazioni sui contenuti siano ineccepibili. Il Comitato del Sole, organizzatore del referendum anti-casta lanciato per tagliare la diaria dei parlamentari e altri privilegi, deve scontrarsi con lo scetticismo della e “la disinformazione”.
Il primo ostacolo alla chiarezza è la presenza di due distinti promotori, il Comitato del Sole, appunto, e l’Unione popolare, differenti gruppi che si dichiarano “di semplici cittadini” ma che di fatto si “contendono” i voti. Il secondo punto oscuro è “chi c’è dietro” all’Unione Popolare (“loro sono legati al Pd”, afferma una sostenitrice del Comitato del Sole, e “non sono liberi dai partiti”).
Cose che gli elettori, indignati e stanchi di delusioni, non smettono di chiedersi nonostante i cittadini del Comitato del Sole si dichiarino “gli unici a non avere legami politici”. La confusione è comprensibile, dopotutto l’insofferenza è tanta e la presenza di due realtà disorienta gli elettori.
Come se non bastasse da alcuni viene sollevata l’ipotesi dell’inammissibilità, dato che la legge 352 del 1970 chiarisce che non può essere depositata la richiesta di referendum 12 mesi prima delle elezioni e nei 6 successivi alle politiche. Ma entrambi gli ideatori garantiscono: tutto è in regola e il deposito della richiesta pochi giorni prima della legge li rende ammissibili e attuabili. Vediamo, quindi, di fare chiarezza, partendo dai contenuti.
I punti da abrogare sono diversi. L’Unione Popolare chiede la cancellazione della sola diaria - ovvero i rimborsi per i soggiorni degli onorevoli durante le sedute – mentre il Comitato del Sole a questa aggiunge altri tagli: le spese di segreteria e rappresentanza: i cumuli di indennità per partecipazione a commissioni giudicatrici di concorso, missioni, commissioni di studio e commissioni d’inchiesta; le spese legate a chi è in aspettativa (aumenti di stipendio, avanzamenti di carriera, quiescenza, previdenza, assistenza sanitaria e previdenziale); indennità mensile esente da ogni tributo; indennità non sequestrabile né pignorabile.
Cancellando questi punti della legge 1261 del 1965 – finita nel mirino di entrambi gli organizzatori – il Comitato del Sole ha stimato un taglio di circa 12mila euro allo stipendio dei parlamentari e un risparmio complessivo di 136 milioni l’anno per i cittadini. Inoltre il Comitato mette a disposizione una serie di notizie per fare chiarezza sulle leggi e sulle loro intenzioni, oltre a informazioni precise sui singoli promotori, che i più scettici possono trovare sul sito www.comitatodelsole.altervista.org. L’Unione Popolare, sul suo sito (www.unionepopolare.eu) rilancia: “Ogni cittadino può firmare presso gli uffici del Comune di residenza". Peccato però che la possibilità di firma “presso gli uffici del Comune di residenza”, così come annunciata, in molti casi non c’è. I funzionari cadono dalle nuvole e la gente è perplessa. In altri enti, poi, nonostante risultino spediti da tempo, non sono ancora arrivati.
Viene anche sollevata l’ipotesi che, in assenza di un comitato sul posto, non sia possibile votare. A rincarare la dose lo spettro del rimborso: un timore sollevato da alcuni utenti che hanno ricordato che, se viene raggiunto il quorum, si ha diritto a un ritorno pari a 0.52 centesimi per ogni firma fino a un massimo di 2,5 milioni di euro. E male che vada arriverebbero 250mila euro. Un gruppo di sostenitori del Movimento Cinque Stelle si chiede “cosa ne sarà di questi soldi che andranno all’associazione politica culturale Unione Popolare promotrice del referendum? Li rifiuteranno?”. A questo dubbio il Comitato del Sole ha risposto stilando, sul sito, un elenco di associazioni alle quali la somma sarà data in beneficienza.
Marco Savari del Comitato del Sole, spiega a Yahoo!: “E’ normale che ci sia scetticismo, non abbiamo visibilità, siamo semplici cittadini. Le informazioni sono confuse e spesso non precise”. Un esempio? “Noi non dichiariamo come l’Unione Popolare, che di fatto è un partito, di aver attivato gli 8.800 comuni che ci sono in Italia. La realtà è questa: non essendo un partito e visto che ci stiamo autofinanziando attiviamo i Comuni solo su richiesta. Quando qualcuno vuole portare il referendum nel proprio Comune gli inviamo i moduli e gli spieghiamo come fare. Sul sito c’è scritto tutto, con la massima trasparenza. Ci affidiamo al web perché i media tradizionali non ci danno spazio. Dopotutto noi siamo solo cittadini, non abbiamo agganci politici, e forse è proprio per questo che siamo così penalizzati”.