| | Letteratura e poesia del nostro esercito. | |
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Autore | Messaggio |
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francesco1017 Maresciallo capo
Numero di messaggi : 956 Encomi : 11582 Data d'iscrizione : 04.07.14 Età : 77 Località : Milano
| Titolo: Re: Letteratura e poesia del nostro esercito. Mer 26 Nov 2014 - 8:06 | |
| - ing.korg ha scritto:
- francesco1017 ha scritto:
- ..... a inizio novembre ero nelle Langhe piemontesi . Ogni volta andiamo a Fontanafredda, la tenuta dei Savoia, poi passata alla Fondazione Monte Paschi di Siena e da pochi anni acquistata da Farinetti, il proprietario di Eataly.
Si compone di vigneti (si produce un buon ma non eccellente Barolo),cantine, villa con ristorante stellato dove risiedeva la amante del re (la bela Rosin),edificio della Fondazione per iniziative culturali, e "bosco dei pensieri" dove si passeggia incontrando piccole postazioni con aforismi di grandi personaggi.
Uno era di Robert Frost: due strade divergevano in un bosco, e io - io presi la meno percorsa, e quello ha fatto tutta la differenza.
Fa parte di questa poesia di questo poeta statunitense ( 1874 - 1963)
LA STRADA CHE NON PRESI di Robert Frost
Due strade divergevano in un bosco giallo e mi dispiaceva non poterle percorrere entrambe ed essendo un solo viaggiatore, rimasi a lungo a guardarne una fino a che potei. Poi presi l’altra, perché era altrettanto bella, e aveva forse l’ aspetto migliore, perché era erbosa e meno consumata, sebbene il passaggio le avesse rese quasi simili. Ed entrambe quella mattina erano lì uguali, con foglie che nessun passo aveva annerito. Oh, misi da parte la prima per un altro giorno! Pur sapendo come una strada porti ad un’altra, dubitavo se mai sarei tornato indietro. Lo racconterò con un sospiro da qualche parte tra anni e anni: due strade divergevano in un bosco, e io - io presi la meno percorsa, e quello ha fatto tutta la differenza.
The road not taken
Two roads diverged in a yellow wood And sorry I could not travel both And be one traveler, long I stood And looked down one as far as I could To where it bent in the undergrowth; Then took the other, as just as fair, And having perhaps the better claim, Because it was grassy and wanted wear; Though as for that the passing there Had worn them really about the same, And both that morning equally lay In leaves no step had trodden black. Oh, I kept the first for another day! Yet knowing how way leads on to way, I doubted if I should ever come back. I shall be telling this with a sigh Somewhere ages and ages hence: Two roads diverged in a wood, and I – I took the one less travelled by, And that has made all the difference.
Infine: in "L'attimo fuggente" https://www.youtube.com/watch?v=aU4M5pTiplY
Nella mia seconda vita dovevo necessariamente essere.....diverso. E nella mia diversità......mi sono accorto di vedere cose che tanti altri non vedono. Spesso.....sono stato.....compatito per questo...... Ma io mai .....di me stesso.
Mai mi fu dato di vedere un animale in cordoglio di sé. Un uccelletto cadrà morto di gelo giù dal ramo senza aver provato mai pena per sé stesso Tratto dal Soldato Jane | |
| | | Manerbio Maresciallo ordinario
Numero di messaggi : 303 Encomi : 3808 Data d'iscrizione : 20.06.14
| Titolo: Re: Letteratura e poesia del nostro esercito. Mer 26 Nov 2014 - 14:18 | |
| Ragazzi siete favolosi, che dire, uno spettacolo per il cuore. Francesco, ieri sera ho provato a preparare qualcosa su Monet, c'ho un bel libro...mi sono addormentato... Sono un poco giù...mi trovo con un casino di cose da portare a termine entro fine anno. fffffffffffffff............... | |
| | | francesco1017 Maresciallo capo
Numero di messaggi : 956 Encomi : 11582 Data d'iscrizione : 04.07.14 Età : 77 Località : Milano
| Titolo: Re: Letteratura e poesia del nostro esercito. Mer 26 Nov 2014 - 14:38 | |
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| | | Manerbio Maresciallo ordinario
Numero di messaggi : 303 Encomi : 3808 Data d'iscrizione : 20.06.14
| Titolo: Re: Letteratura e poesia del nostro esercito. Mer 26 Nov 2014 - 15:10 | |
| ciao, veloce, Sisley non lo conosco, visto solo su internet. Monet: no quadri, solo raccontare qualche aneddoto sulla sua vita un pò avventurosa, sempre in conflitto col padre, che lo voleva un pittore "serio". Figlio scaspestrato, è stato in Algeria e si divertiva a fare il cowboy e sparacchiare sugli indiani. "Ho acquisito qui, in Algeria, la sensibilità del colore " dice. Ha avuto begli amori, e gli piaceva... comme dire... (ma lo dice lui) "correre la cavallina" (E semmai da pubblicare semmai il dipinto della sua amata morente. Tenerissimo, un sogno). Belle storie, con suoi amici pittori Renoir in primis, e quello che lui considera i suoi maestri : Boudin e Jongkind. Da quest'ultimo ha imparato molto. Scappooo, ciao a tutti | |
| | | francesco1017 Maresciallo capo
Numero di messaggi : 956 Encomi : 11582 Data d'iscrizione : 04.07.14 Età : 77 Località : Milano
| Titolo: Re: Letteratura e poesia del nostro esercito. Mer 26 Nov 2014 - 16:27 | |
| MonetCamille Doncieux Monet sul letto di morte Ecco Alice Hoschedé che, nella casa in cui Camille Monet è appena spirata di tubercolosi, viene dapprima condotta da Claude Monet davanti al ritratto agghiacciante della moglie morente, colto nel momento in cui la sofferenza ha appena allentato la morsa, e poi invitata a dormire con lui nella stanza che è stata della malata::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::: Camille Monet sul letto di morte è un dipinto a olio su tela (90x68 cm) realizzato nel 1879 dal pittore francese Claude Monet. È conservato nel Musée d'Orsay di Parigi. Il quadro rappresenta la salma della prima moglie di Monet, Camille Doncieux, morta ad appena 32 anni, probabilmente per un cancro alle pelvi.La descrizione migliore dell'opera è affidata alle parole dello stesso Monet: "Un giorno, all’alba mi sono trovato al capezzale del letto di una persona che mi era molto cara e che tale rimarrà sempre. I miei occhi erano rigidamente fissi sulle tragiche tempie e mi sorpresi a seguire la morte nelle ombre del colorito che essa depone sul volto con sfumature graduali. Toni blu, gialli, grigi, che so.A tal punto ero arrivato. Naturalmente si era fatta strada in me il desiderio di fissare l’immagine di colei che ci ha lasciati per sempre. Tuttavia prima che mi balenasse il pensiero di dipingere i lineamenti a me così cari e familiari, il corpo reagì automaticamente allo choc dei colori.." (C. Monet - 1879) dal sito del d'OrsayLe propos de l'exposition est d'évoquer une pratique ancienne: faire le portrait d'un défunt, sur son lit de mort ou dans son cercueil, avant sa mise en bière. Ce "dernier portrait" - masque mortuaire, peinture, dessin ou photographie - demeurait dans le cercle étroit de la famille et des amis, mais, dans le cas de personnalités, il pouvait faire l'objet d'une large diffusion publique. Cette pratique, extrêmement répandue dans les pays occidentaux au XIXe siècle, et jusque dans la première moitié du XXe siècle, est aujourd'hui en voie de disparition, ou du moins reste strictement limitée à la sphère privée. L'exposition réunit des oeuvres difficiles à interpréter parce qu'elles font référence à des rites et des codes qui nous sont devenus étrangers. En associant des personnes célèbres ou anonymes et en mettant en évidence la fonction primordiale de ces images pour le travail du deuil et la construction du souvenir, une lecture pluridisciplinaire, nourrie notamment des apports récents de l'histoire des mentalités, est désormais possible. Au delà des tabous auxquels elles se heurtent encore, ces images peuvent aussi rencontrer notre sensibilité contemporaine. Des oeuvres de Monet, Seurat, Nadar et Man Ray seront présentées et l'on reconnaîtra des personnages célèbres tels Napoléon, Géricault, Gambetta, Hugo, Proust... jusqu'à Jean Cocteau et Edith Piaf. " /> | |
| | | francesco1017 Maresciallo capo
Numero di messaggi : 956 Encomi : 11582 Data d'iscrizione : 04.07.14 Età : 77 Località : Milano
| Titolo: Re: Letteratura e poesia del nostro esercito. Dom 14 Dic 2014 - 11:43 | |
| Borges, lezioni di tango: " Casas malas, sangue e coltelli", per svelare l'anima argentina.
Jorge Luis Borges
Video interessante al link:
http://www.repubblica.it/cultura/2014/12/14/news/borges_lezioni_di_tango_il_grande_scrittore_racconta_e_canta_il_suo_ballo_perduto-102843876/?ref=HREC1-12
TUTTO QUELLO CHE SUCCEDE in Argentina avviene quasi in segreto, senza arrivare al resto del mondo. Di tutte le trame che iniziano con una pianura perduta nella quale a malapena cresce un poco d'erba, di quello che porta con sé il grande paese che siamo stati e in parte ancora siamo non arriva nulla al resto del mondo a parte due parole, due parole che pronunciate a Edimburgo, Stoccolma, Praga, Tokyo, Samarcanda si dicono quando qualcuno menziona la Repubblica Argentina e che corrispondono a un uomo e a una musica (che è anche un ballo).
Quest'uomo è il Gaucho e la musica il Tango.
L'anno è il 1880. Si suppone che allora nasca oscuramente, clandestinamente sarebbe la parola più giusta, il tango. In quanto alla geografia del tango le teorie sono differenti, secondo il quartiere o la nazionalità dell'interlocutore; il lato sud della città vecchia di Montevideo, il nord o il sud di Buenos Aires, Rosario. Ma questo deve importarci poco. Fa lo stesso che sia nato su una sponda o sull'altra del fiume (il Rio de la Plata, ndt). Possiamo optare per Buenos Aires, che è quello che generalmente si accetta, nell'anno 1880. Come era quella Buenos Aires? Mia madre ha compiuto ottantanove anni e qualcosa ricorda di allora, e io ho parlato con molta gente.
Tutti mi danno la stessa immagine; la città era divisa in isolati, tutte le case erano basse e avevano lo stesso schema, come quello della casa dove sono nato: due finestre con sbarre di ferro che corrispondevano alla sala, la porta principale con il battente, l'ingresso, due cortili, il primo con un pozzo e una tartaruga nel fondo affinché purificasse l'acqua e il secondo con una vite. Questa era Buenos Aires.
Zone di confine.
Si dice che il tango sia arrabalero (delle periferie, ndt), che nasca nelle suburre, che in quel tempo erano molto vicino al centro. Però la gente di allora mi ha spiegato che la parola arrabalero non ha un significato strettamente topografico, più che di periferie si dovrebbe parlare di zone di confine. Quindi, dove nasce il tango? Negli stessi luoghi dove sarebbe sorto pochi anni dopo il jazz negli Stati Uniti, nelle casas malas ( bordelli, lupanari, bische, ndt ), sparse per tutta la città. Luoghi in cui la gente si riuniva anche solo per giocare a carte, bere un bicchiere di birra ed incontrarsi con gli amici.
Da Buenos Aires a Parigi.
Contrariamente a quanto si dice, il tango non viene imposto alla società dal popolo. Il tango ha queste radici infami, ma poi sono i rampolli delle famiglie bene di Buenos Aires che lo portarono a Parigi e solo quando il ballo fu accolto in Europa tornò per affermarsi. La tristezza del tango, che ha portato la gente ad affermare che è "un pensiero triste che si balla", come se la musica nascesse dal pensiero e non dalle emozioni, corrisponde a un momento successivo, non certamente ai primi tango.
Fino a un certo punto noi ci eravamo messi a capire il passato e il presente degli altri paesi, però non eravamo stati considerati dal resto del mondo e all'improvviso arrivò la notizia che ci commosse a tutti, ossia che il tango si stava ballando a Parigi, e poi a Londra, a Roma, a Vienna, a Berlino fino a San Pietroburgo, per usare la nomenclatura di quegli anni. La cosa ci riempì di gioia. Questo tango, ovviamente, non era lo stesso delle casas malas di Buenos Aires, di Montevideo, di Rosario o de La Plata. È strano che a Parigi, città simbolo di un'intelligenza lucida e licenziosa, il tango diventasse decente, perdesse i passi primitivi e si trasformasse in una sorta di camminata voluttuosa.
Tradimenti e singhiozzi.
I primi tango avevano parole indecenti o senza senso. Solo in un secondo tempo si passa a un tango canzone, dove le parole acquistano importanza e diventano tango malinconici, e qui arriviamo al nome di Carlos Gardel. Perché Gardel, oltre alla sua voce e al suo orecchio musicale, fece qualcosa che era stato già tentato prima e che con lui raggiunse l'apice. La trasformazione della maniera creola di cantare. L'antica maniera creola di cantare consisteva in un contrasto, dato dalla destrezza - o dalla goffaggine - del cantore, tra le parole, che erano insanguinate, e l'indifferenza del cantore stesso.
Che fece essenzialmente Gardel? Prese i testi del tango e li trasformò in brevi scene drammatiche, nelle quali, per esempio, un uomo abbandonato da una donna si lamenta, o nella quale si parla della decadenza fisica di una donna, un tema già cantato dal poeta latino Orazio.
Gardel prende il tango e lo fa diventare drammatico. Ora, una volta che Gardel compie questa prodezza, si iniziarono a scrivere tango per essere cantati in questa maniera ( come te ne sei andata, ahah, che ti faccia a pezzi un treno ), tango in cui un uomo fa finta di essere contento che la donna lo abbia lasciato e poi alla fine la sua voce si rompe in un singhiozzo.
Tutto questo non aveva nulla a che fare con i vecchi gaglioffi che risolvevano i loro lutti alla maniera creola, senza testimoni e con il coltello. Ricordo la frase di un teppistello la cui amicizia mi imbarazza, come si suol dire, che diceva che l'uomo che pensa per più di cinque minuti di fila a una donna, non è un uomo, è una checca.
Studiare il tango non è inutile, significa studiare le diverse vicissitudini dell'anima argentina. | |
| | | Icaro72 Maresciallo ordinario
Numero di messaggi : 1540 Encomi : 17669 Data d'iscrizione : 07.08.11 Età : 51 Località : Milano
| Titolo: Re: Letteratura e poesia del nostro esercito. Mar 16 Dic 2014 - 1:18 | |
| L'umano è definito dal limite: Limite delle proprie capacità, limite del tempo della durata della vita Limite da altri imposti e da se stessi Limite del compromesso tra ciò che si è e ciò che si vuole. Ognuno ha il proprio prezzo per sentirsi appagato. Il prezzo è il limite e il nostro appagamento è il prezzo per non averlo superato. Ulisse è l'uomo che sconfigge i limiti. Parabola di un uomo che si sente appagato solo dopo aver sconfitto il soprannaturale. Unico esempio di hybris che si conclude con lieto fine. Penelope è meta a cui anelare dopo aver sconfitto limiti di tempo e di spazio. Penelope era stata sposata prima delle avventure di Ulisse Ma, probabilmente, è stata conosciuta in altro modo. Ognuno di noi dev'essere Ulisse per vivere una vita completa e unica. | |
| | | Manerbio Maresciallo ordinario
Numero di messaggi : 303 Encomi : 3808 Data d'iscrizione : 20.06.14
| Titolo: Re: Letteratura e poesia del nostro esercito. Sab 20 Dic 2014 - 17:45 | |
| - francesco1017 ha scritto:
- Borges, lezioni di tango: " Casas malas, sangue e coltelli", per svelare l'anima argentina.
Jorge Luis Borges
Video interessante al link:
http://www.repubblica.it/cultura/2014/12/14/news/borges_lezioni_di_tango_il_grande_scrittore_racconta_e_canta_il_suo_ballo_perduto-102843876/?ref=HREC1-12
TUTTO QUELLO CHE SUCCEDE in Argentina avviene quasi in segreto, senza arrivare al resto del mondo. Di tutte le trame che iniziano con una pianura perduta nella quale a malapena cresce un poco d'erba, di quello che porta con sé il grande paese che siamo stati e in parte ancora siamo non arriva nulla al resto del mondo a parte due parole, due parole che pronunciate a Edimburgo, Stoccolma, Praga, Tokyo, Samarcanda si dicono quando qualcuno menziona la Repubblica Argentina e che corrispondono a un uomo e a una musica (che è anche un ballo).
Quest'uomo è il Gaucho e la musica il Tango.
L'anno è il 1880. Si suppone che allora nasca oscuramente, clandestinamente sarebbe la parola più giusta, il tango. In quanto alla geografia del tango le teorie sono differenti, secondo il quartiere o la nazionalità dell'interlocutore; il lato sud della città vecchia di Montevideo, il nord o il sud di Buenos Aires, Rosario. Ma questo deve importarci poco. Fa lo stesso che sia nato su una sponda o sull'altra del fiume (il Rio de la Plata, ndt). Possiamo optare per Buenos Aires, che è quello che generalmente si accetta, nell'anno 1880. Come era quella Buenos Aires? Mia madre ha compiuto ottantanove anni e qualcosa ricorda di allora, e io ho parlato con molta gente.
Tutti mi danno la stessa immagine; la città era divisa in isolati, tutte le case erano basse e avevano lo stesso schema, come quello della casa dove sono nato: due finestre con sbarre di ferro che corrispondevano alla sala, la porta principale con il battente, l'ingresso, due cortili, il primo con un pozzo e una tartaruga nel fondo affinché purificasse l'acqua e il secondo con una vite. Questa era Buenos Aires.
Zone di confine.
Si dice che il tango sia arrabalero (delle periferie, ndt), che nasca nelle suburre, che in quel tempo erano molto vicino al centro. Però la gente di allora mi ha spiegato che la parola arrabalero non ha un significato strettamente topografico, più che di periferie si dovrebbe parlare di zone di confine. Quindi, dove nasce il tango? Negli stessi luoghi dove sarebbe sorto pochi anni dopo il jazz negli Stati Uniti, nelle casas malas ( bordelli, lupanari, bische, ndt ), sparse per tutta la città. Luoghi in cui la gente si riuniva anche solo per giocare a carte, bere un bicchiere di birra ed incontrarsi con gli amici.
Da Buenos Aires a Parigi.
Contrariamente a quanto si dice, il tango non viene imposto alla società dal popolo. Il tango ha queste radici infami, ma poi sono i rampolli delle famiglie bene di Buenos Aires che lo portarono a Parigi e solo quando il ballo fu accolto in Europa tornò per affermarsi. La tristezza del tango, che ha portato la gente ad affermare che è "un pensiero triste che si balla", come se la musica nascesse dal pensiero e non dalle emozioni, corrisponde a un momento successivo, non certamente ai primi tango.
Fino a un certo punto noi ci eravamo messi a capire il passato e il presente degli altri paesi, però non eravamo stati considerati dal resto del mondo e all'improvviso arrivò la notizia che ci commosse a tutti, ossia che il tango si stava ballando a Parigi, e poi a Londra, a Roma, a Vienna, a Berlino fino a San Pietroburgo, per usare la nomenclatura di quegli anni. La cosa ci riempì di gioia. Questo tango, ovviamente, non era lo stesso delle casas malas di Buenos Aires, di Montevideo, di Rosario o de La Plata. È strano che a Parigi, città simbolo di un'intelligenza lucida e licenziosa, il tango diventasse decente, perdesse i passi primitivi e si trasformasse in una sorta di camminata voluttuosa.
Tradimenti e singhiozzi.
I primi tango avevano parole indecenti o senza senso. Solo in un secondo tempo si passa a un tango canzone, dove le parole acquistano importanza e diventano tango malinconici, e qui arriviamo al nome di Carlos Gardel. Perché Gardel, oltre alla sua voce e al suo orecchio musicale, fece qualcosa che era stato già tentato prima e che con lui raggiunse l'apice. La trasformazione della maniera creola di cantare. L'antica maniera creola di cantare consisteva in un contrasto, dato dalla destrezza - o dalla goffaggine - del cantore, tra le parole, che erano insanguinate, e l'indifferenza del cantore stesso.
Che fece essenzialmente Gardel? Prese i testi del tango e li trasformò in brevi scene drammatiche, nelle quali, per esempio, un uomo abbandonato da una donna si lamenta, o nella quale si parla della decadenza fisica di una donna, un tema già cantato dal poeta latino Orazio.
Gardel prende il tango e lo fa diventare drammatico. Ora, una volta che Gardel compie questa prodezza, si iniziarono a scrivere tango per essere cantati in questa maniera ( come te ne sei andata, ahah, che ti faccia a pezzi un treno ), tango in cui un uomo fa finta di essere contento che la donna lo abbia lasciato e poi alla fine la sua voce si rompe in un singhiozzo.
Tutto questo non aveva nulla a che fare con i vecchi gaglioffi che risolvevano i loro lutti alla maniera creola, senza testimoni e con il coltello. Ricordo la frase di un teppistello la cui amicizia mi imbarazza, come si suol dire, che diceva che l'uomo che pensa per più di cinque minuti di fila a una donna, non è un uomo, è una checca.
Studiare il tango non è inutile, significa studiare le diverse vicissitudini dell'anima argentina. Tra una cosa e l'altra cerco di non perdere i contatti con voi. Francesco sei infaticabile, davvero bravo! Questa cosa che ci hai trasmesso sul tango mi aveva attivato un ricordo ormai sepolto. Anni fa, ad Amsterdam ho avuto occasione di vedere una bellissima mostra di Picasso. L'esposizione era molto particolare, perchè il tema era " le fantasie erotiche di Picasso", o qualcosa del genere. E così, giorni dopo, aver letto il tuo post "tango", la connessione neurologica s'è così attivata: Tango:eros=eros:Picasso. Ed ecco qua il quadro (collezione privata) che avevo visto. Si chiama "Frenesia", incredibile ma ho faticato a pescarla. Ciiaoo (Mi sto preparando mentalmente per questa sera: Verona teatro Filarmonico, Lucia di lammermoor...na palla ) | |
| | | francesco1017 Maresciallo capo
Numero di messaggi : 956 Encomi : 11582 Data d'iscrizione : 04.07.14 Età : 77 Località : Milano
| Titolo: Re: Letteratura e poesia del nostro esercito. Sab 20 Dic 2014 - 18:20 | |
| - Manerbio ha scritto:
- francesco1017 ha scritto:
- Borges, lezioni di tango: " Casas malas, sangue e coltelli", per svelare l'anima argentina.
Jorge Luis Borges
Video interessante al link:
http://www.repubblica.it/cultura/2014/12/14/news/borges_lezioni_di_tango_il_grande_scrittore_racconta_e_canta_il_suo_ballo_perduto-102843876/?ref=HREC1-12
TUTTO QUELLO CHE SUCCEDE in Argentina avviene quasi in segreto, senza arrivare al resto del mondo. Di tutte le trame che iniziano con una pianura perduta nella quale a malapena cresce un poco d'erba, di quello che porta con sé il grande paese che siamo stati e in parte ancora siamo non arriva nulla al resto del mondo a parte due parole, due parole che pronunciate a Edimburgo, Stoccolma, Praga, Tokyo, Samarcanda si dicono quando qualcuno menziona la Repubblica Argentina e che corrispondono a un uomo e a una musica (che è anche un ballo).
Quest'uomo è il Gaucho e la musica il Tango.
L'anno è il 1880. Si suppone che allora nasca oscuramente, clandestinamente sarebbe la parola più giusta, il tango. In quanto alla geografia del tango le teorie sono differenti, secondo il quartiere o la nazionalità dell'interlocutore; il lato sud della città vecchia di Montevideo, il nord o il sud di Buenos Aires, Rosario. Ma questo deve importarci poco. Fa lo stesso che sia nato su una sponda o sull'altra del fiume (il Rio de la Plata, ndt). Possiamo optare per Buenos Aires, che è quello che generalmente si accetta, nell'anno 1880. Come era quella Buenos Aires? Mia madre ha compiuto ottantanove anni e qualcosa ricorda di allora, e io ho parlato con molta gente.
Tutti mi danno la stessa immagine; la città era divisa in isolati, tutte le case erano basse e avevano lo stesso schema, come quello della casa dove sono nato: due finestre con sbarre di ferro che corrispondevano alla sala, la porta principale con il battente, l'ingresso, due cortili, il primo con un pozzo e una tartaruga nel fondo affinché purificasse l'acqua e il secondo con una vite. Questa era Buenos Aires.
Zone di confine.
Si dice che il tango sia arrabalero (delle periferie, ndt), che nasca nelle suburre, che in quel tempo erano molto vicino al centro. Però la gente di allora mi ha spiegato che la parola arrabalero non ha un significato strettamente topografico, più che di periferie si dovrebbe parlare di zone di confine. Quindi, dove nasce il tango? Negli stessi luoghi dove sarebbe sorto pochi anni dopo il jazz negli Stati Uniti, nelle casas malas ( bordelli, lupanari, bische, ndt ), sparse per tutta la città. Luoghi in cui la gente si riuniva anche solo per giocare a carte, bere un bicchiere di birra ed incontrarsi con gli amici.
Da Buenos Aires a Parigi.
Contrariamente a quanto si dice, il tango non viene imposto alla società dal popolo. Il tango ha queste radici infami, ma poi sono i rampolli delle famiglie bene di Buenos Aires che lo portarono a Parigi e solo quando il ballo fu accolto in Europa tornò per affermarsi. La tristezza del tango, che ha portato la gente ad affermare che è "un pensiero triste che si balla", come se la musica nascesse dal pensiero e non dalle emozioni, corrisponde a un momento successivo, non certamente ai primi tango.
Fino a un certo punto noi ci eravamo messi a capire il passato e il presente degli altri paesi, però non eravamo stati considerati dal resto del mondo e all'improvviso arrivò la notizia che ci commosse a tutti, ossia che il tango si stava ballando a Parigi, e poi a Londra, a Roma, a Vienna, a Berlino fino a San Pietroburgo, per usare la nomenclatura di quegli anni. La cosa ci riempì di gioia. Questo tango, ovviamente, non era lo stesso delle casas malas di Buenos Aires, di Montevideo, di Rosario o de La Plata. È strano che a Parigi, città simbolo di un'intelligenza lucida e licenziosa, il tango diventasse decente, perdesse i passi primitivi e si trasformasse in una sorta di camminata voluttuosa.
Tradimenti e singhiozzi.
I primi tango avevano parole indecenti o senza senso. Solo in un secondo tempo si passa a un tango canzone, dove le parole acquistano importanza e diventano tango malinconici, e qui arriviamo al nome di Carlos Gardel. Perché Gardel, oltre alla sua voce e al suo orecchio musicale, fece qualcosa che era stato già tentato prima e che con lui raggiunse l'apice. La trasformazione della maniera creola di cantare. L'antica maniera creola di cantare consisteva in un contrasto, dato dalla destrezza - o dalla goffaggine - del cantore, tra le parole, che erano insanguinate, e l'indifferenza del cantore stesso.
Che fece essenzialmente Gardel? Prese i testi del tango e li trasformò in brevi scene drammatiche, nelle quali, per esempio, un uomo abbandonato da una donna si lamenta, o nella quale si parla della decadenza fisica di una donna, un tema già cantato dal poeta latino Orazio.
Gardel prende il tango e lo fa diventare drammatico. Ora, una volta che Gardel compie questa prodezza, si iniziarono a scrivere tango per essere cantati in questa maniera ( come te ne sei andata, ahah, che ti faccia a pezzi un treno ), tango in cui un uomo fa finta di essere contento che la donna lo abbia lasciato e poi alla fine la sua voce si rompe in un singhiozzo.
Tutto questo non aveva nulla a che fare con i vecchi gaglioffi che risolvevano i loro lutti alla maniera creola, senza testimoni e con il coltello. Ricordo la frase di un teppistello la cui amicizia mi imbarazza, come si suol dire, che diceva che l'uomo che pensa per più di cinque minuti di fila a una donna, non è un uomo, è una checca.
Studiare il tango non è inutile, significa studiare le diverse vicissitudini dell'anima argentina. Tra una cosa e l'altra cerco di non perdere i contatti con voi. Francesco sei infaticabile, davvero bravo! Questa cosa che ci hai trasmesso sul tango mi aveva attivato un ricordo ormai sepolto. Anni fa, ad Amsterdam ho avuto occasione di vedere una bellissima mostra di Picasso. L'esposizione era molto particolare, perchè il tema era " le fantasie erotiche di Picasso", o qualcosa del genere. E così, giorni dopo, aver letto il tuo post "tango", la connessione neurologica s'è così attivata: Tango:eros=eros:Picasso. Ed ecco qua il quadro (collezione privata) che avevo visto. Si chiama "Frenesia", incredibile ma ho faticato a pescarla. Ciiaoo (Mi sto preparando mentalmente per questa sera: Verona teatro Filarmonico, Lucia di lammermoor...na palla )
bellissimo inserimento, grazie...mi piacciono questi valori aggiunti valgono il triploE se poi hai faticato Poi aspettiamo un tuo post sull'opera :autore, cantanti, scenografia, confronto con recite "storiche" : ... e sei fortunato che mia suocera non c'è più...era una appassionata. Bella serata, a parte gli scherzi, sempre capolavori sono. Bravo a partecipare. | |
| | | Icaro72 Maresciallo ordinario
Numero di messaggi : 1540 Encomi : 17669 Data d'iscrizione : 07.08.11 Età : 51 Località : Milano
| Titolo: Re: Letteratura e poesia del nostro esercito. Sab 21 Mag 2016 - 20:37 | |
| A tutti gli uomini che una forza soprannaturale ha improntato all'amore per la verità, questo spetta sopra ogni cosa: come essi si sono arricchiti dall'opera degli antichi, così a loro volta proiettare l'opera propria verso la posterità, tanto che questa trovi in essi di che arricchirsi.
Stia certo di essere lontano dalla propria missione chi, formatosi agli insegnamenti ricevuti dalla società, non si cura di portare qualche contributo al bene della comunità: tale uomo non è pianta che, cresciuta lungo un corso d'acqua, fruttifica alla sua stagione, ma piuttosto voragine di morte che sempre inghiotte, non riversa mai fuori.
(Dante, De Monarchia, I, 1)
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