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"Il trucco è mettere in chiaro la differenza tra ciò che voi volete che accada e quello che sapete che accadrà."
"Il generale veramente eccellente è colui che cerca la vittoria prima della battaglia: non è bravo colui che cerca il combattimento prima della vittoria. Così un esercito vittorioso è tale prima ancora di combattere, mentre un esercito destinato alla sconfitta si batte senza speranza di vittoria."

 

 Pitture del nostro esercito

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MessaggioTitolo: Re: Pitture del nostro esercito   Pitture del nostro esercito - Pagina 19 Icon_minitimeVen 7 Nov 2014 - 14:42

Whistler  terzo contributo

(in attesa che Manerbio...................  euforico  euforico  euforico  euforico  euforico )

Al Piano
Pitture del nostro esercito - Pagina 19 <a href=Pitture del nostro esercito - Pagina 19 Whistl10" />

Sinfonia in bianco n. 1
Pitture del nostro esercito - Pagina 19 <a href=Pitture del nostro esercito - Pagina 19 Whistl11" />

Sinfonia in bianco n. 2
Pitture del nostro esercito - Pagina 19 <a href=Pitture del nostro esercito - Pagina 19 Whistl12" />


Harmony in Blue and Gold: The Peacock Room (better known as The Peacock Room[1]) is James McNeill Whistler's masterpiece of interior decorative mural art. He painted the panelled room in a rich and unified palette of brilliant blue-greens with over-glazing and metallic gold leaf. Painted between 1876–77, it now is considered one of the greatest surviving aesthetic interiors, and best examples of the Anglo-Japanese style.

The Peacock Room (London)
Pitture del nostro esercito - Pagina 19 <a href=Pitture del nostro esercito - Pagina 19 Whistl13" />

The Peacock Room: The Princess from the Land of Porcelain

Pitture del nostro esercito - Pagina 19 <a href=Pitture del nostro esercito - Pagina 19 Whistl10" />
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Manerbio
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MessaggioTitolo: Re: Pitture del nostro esercito   Pitture del nostro esercito - Pagina 19 Icon_minitimeVen 7 Nov 2014 - 15:02

Il Salon o il germe dell’Esposizione Universale
 
(copia&incolla)
 
Il Salon fu un'esposizione periodica di pittura e scultura, che si svolse al Louvre di Parigi, con cadenza biennale fino al 1863 ed annuale in seguito (decreto imperiale del 13 novembre 1863), dal XVII al XIX secolo.
 
Il Salon nasce nel 1667 con la prima esposizione organizzata dall’Accademia reale, riservata solamente ai membri dell'Accademia stessa. Dopo questa data, le seguenti esposizioni ebbero cadenza biennale sino al 1675, quando, a causa dell'elevato costo, si svolsero solo nel 1699, nel 1704 e nel 1706, quest'ultima della durata di un solo giorno. Fino al 1791 tutte le esposizioni furono inaugurate il giorno di san Luigi, onomastico del re. Allestite prima nella galleria del Palais-Royal e nel cortile dell’hôtel Richelieu, quelle del 1699 e del 1704 si svolsero nella Grande Galerie del Louvre e dal 1725 presero definitivamente posto nel Salon Carré, da cui il nome Salon, occupando talvolta anche la galleria detta dell'Apollo.
 
Dal 1737 al 1748, ad eccezione del 1744, la mostra ebbe cadenza annuale, poi nuovamente biennale dal 1748 al 1791.
 
 Nel 1748 venne istituita una commissione incaricata di salvaguardare la tradizione della “grande pittura” ed esercitare un controllo sulla moralità delle opere proposte.
 
 
Sin dall’origine l'allestimento venne affidato a un artista detto le Tapissier o le Décorateur; tale incarico, dal 1761 al 1773, assunto da Jean-Baptiste-Siméon Chardin a cui subentrò Joseph-Marie Vien, Louis-Jean-François Lagrenée il Vecchio, Louis-Michel van Loo nel 1783 e 1785, e Louis Durameau.
 
Con la Rivoluzione vennero apportate una serie di modifiche radicali al regolamento del Salon:
nel 1791 l’esposizione divenne libera e accessibile a tutti
e dal 1798 venne istituita una giuria di ammissione eletta a suffragio universale.
La giuria assunse presto però una veste di conformistica ufficialità e sotto l’Impero fu composta da tre artisti e due amatori presieduti dal Denon.
Soppressa nel 1848, ma reintrodotta l’anno seguente, la giuria mostrò un indirizzo sempre più rigido rifiutando molti candidati e qualsiasi opera non conforme ai gusti accademici.
 
Nel 1863 la giuria diede dei verdetti particolarmente rigidi escludendo di fatto qualcosa come 3000 quadri.
 
[ di qui i movimenti di protesta di cui abbiamo visto tra i protagonisti proprio Latour e le sue opere]
 
 Il clamore suscitato da tale scelta fece decidere allo stesso Imperatore Napoleone III di organizzare una libera esposizione dei dipinti esclusi, chiamato poi Salon des Refusés.
Successivamente la struttura organizzativa del Salon viene riformata, consentendo l'ingresso in giuria anche da parte di alcuni artisti già premiati con medaglia. In questo modo avviene una progressiva apertura dell'esposizione alle nuove tendenze dell'arte impressionista.


La Secessione
Nel Dicembre 1890 il leader della Société des Artistes Français che gestiva il Salon, William-Adolphe Bouguereau espose l'idea che il Salon potesse diventare un'esposizione senza premi, che sponsorizzasse i giovani.
Ernest Meissonier, Puvis de Chavannes, Auguste Rodin e altri artisti rigettarono la proposta facendo sorgere una secessione.
 Essi crearono la Société Nationale des Beaux-Arts nel 1891, esponendo in un altro Salon chiamato Salon de la Société Nationale des Beaux–Arts, in breve Salon du Champs de Mars.
 
Nel 1903, in risposta a ciò, da molti artisti tra cui Pierre-Auguste Renoir e Auguste Rodin, venne ideato il Salon d'Automne.
 
   ----------------------------------------
 
Salon des Refusés
 
Sede del Salon des Refusés, organizzato nel 1863, è il Palais de l'Industrie di Parigi.
 
È chiamata Salon des Refusés (Salone dei Rifiutati) l'esposizione, organizzata nel 1863 da Napoleone III, per accogliere le opere degli artisti rifiutate dal Salon "ufficiale", ovvero quello dell'Académie des beaux-arts di Parigi.
Nel 1863 la giuria di ammissione dell'Accademia parigina rifiutò di esporre una notevole quantità di dipinti (circa 3000, secondo le fonti). A seguito di proteste, l'Imperatore organizzò un'esposizione parallela a quella ufficiale, consentendo ad artisti come Edouard Manet con il suo Le déjeuner sur l'herbe (la principale causa dello scandalo), Claude Monet, Camille Pissarro, James Whistler  [e lo conosci questo? Very Happy ] e altri di esporre le loro opere. [ in pratica gli impressionisti realisti ]


Pitture del nostro esercito - Pagina 19 300px-10



 La frequentatissima esposizione divenne però anche oggetto di critiche e persino di derisione.

Le opere esposte venivano infatti denigrate non solo dalla critica ufficiale, ma anche dal pubblico parigino stesso. [e qui Latour e il suo Gruppo dei Batignolles s'indignano]
 
Un'incisione satirica eseguita nel 1864 da Honoré Daumier sui borghesi scandalizzati dalle pitture raffiguranti Venere nuda.
 
 
 Pitture del nostro esercito - Pagina 19 220px-10


 
 
Il Salon des Refusés ebbe il merito di consentire una prima apertura verso l'arte "non ufficiale" e tradizionalista, ma anche lo svantaggio di esporre i giovani artisti al pubblico ludibrio.
Al nuovo Salon parteciparono anche artisti del calibro di Degas (anche se si definiva realista) e di Renoir. Il 1864 è la data convenzionale dalla quale si fa iniziare l'impressionismo, dato che proprio in quest'anno si tenne a Parigi il primo Salon des Refusés.
 
L'inizio ufficiale dell'impressionismo viene tuttavia fatto risalire al 1874. In quell'anno si tenne infatti, nello studio del fotografo Nadar, la prima mostra degli "artisti indipendenti", organizzata dagli stessi artisti che vi presero parte, conseguenza della loro ripetuta esclusione dalle mostre ufficiali, in primis il Salon.
 
E ora rubo, dal tuo post su Latour [perché proprio con il quadro di Latour come abbiamo anticipato, scopriamo una vera querelle culturale dell’epoca]
 
Un atelier aux Batignolles [Studio a Batignolles]

Pitture del nostro esercito - Pagina 19 Whis10

Batignolles era la zona in cui vivevano Manet e gran parte dei futuri impressionisti. Fantin-Latour, testimone discreto di questa epoca, raduna intorno a Manet, che assurge così al ruolo di caposcuola, giovani artisti dalle idee innovatrici: da sinistra a destra, sono riconoscibili Otto Schölderer, pittore tedesco trasferitosi in Francia per conoscere i seguaci di Courbet; Manet, lo sguardo penetrante, seduto di fronte al suo cavalletto; Auguste Renoir che indossa un cappello; Zacharie Astruc, scultore e giornalista; Emile Zola, portavoce di questo rinnovamento pittorico; Edmond Maître, funzionario del Comune; Frédéric Bazille che sarà ucciso qualche mese dopo, ad appena ventisei anni, durante la guerra del 1870; ed infine Claude Monet.
 
Il messaggio di Latour:
 
I gesti sono misurati, gli abiti sobri, i visi quasi solenni:
Fantin-Latour auspica che questi giovani artisti, a quei tempi oggetto di denigrazione,
siano considerati come persone serie e rispettabili.
 
-------------------------------------------------------------------------
Émile Zola [presente ne quadro di Latour "Riunione di poeti attorno ad un tavolo"] parte in causa in quegli avvenimenti, scriverà romanzo: L'Opera,  in cui descrive il pensiero trattone dall’opinione pubblica in merito all’esposizione nel Salon des Refusés. Non si capisce (almeno io) il perché, ma da quel momento Zolà (che certo non era un conformista borghese), interromperà la sua bellissima collaborazione intellettuale con gl’impressionisti ed il movimento.
--------------------------------------------------------------------------
Quando il libro apparve nel 1886, provocò il plauso dei più radicali conservatori -che vedevano nell'arte moderna un serio pericolo per la stabilità dei costumi- e la dura reazione di molti amici dello scrittore, soprattutto i pittori impressionisti: di questi ultimi, Zola era stato agli inizi un fervente sostenitore, ed ora sembrava condannarli in blocco.
 
 Il più "offeso" di tutti fu Paul Cézanne, amico di Zola sin dall'infanzia: una diceria popolare [ma sicuramente vera]  vuole che il pittore si sia riconosciuto nel personaggio del fallito Lantier .
  per questo motivo Cezanne ruppe ogni rapporto con Zola, così come quasi tutti gli impressionisti.
 
            Émile Zola
L'Opera
In questo romanzo Zola introduce il lettore nel mondo dell'arte: il protagonista è infatti Claude Lantier, un pittore "maledetto".
Trama
 
Claude Lantier, figlio di Gervaise Macquart, assieme ad altri pittori e scultori, si batte per imporre una nuova forma d'arte, ben lontana dai canoni neoclassici che all'epoca riscuotono il favore dei galleristi e delle grandi esposizioni ufficiali. Sebbene alcuni dei suoi compagni riescano alla fine ad imporsi, Lantier passa di sconfitta in sconfitta, rimanendo incompreso dal pubblico e spesso anche dai suoi stessi amici.
Nel romanzo si intrecciano anche storie d'amore e di amicizia. Claude Lantier incontra infatti in una sera piovosa una giovane donna, Christine, destinata a diventare compagna della sua vita. La coppia si trasferisce in campagna ed ha un figlio che però, affetto da idrocefalo, muore all'età di dodici anni.
Nel frattempo, la coppia è tornata a vivere a Parigi, dove Claude ritrova i suoi amici ma anche la chiara sensazione della sua sconfitta. Finisce per staccarsi dalla sua compagna e per passare gran parte del suo tempo in un grande capannone dove ha iniziato a dipingere un'opera gigantesca, Plen Air, che lascerà incompiuta impiccandosi di fronte ad essa.
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francesco1017
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MessaggioTitolo: Re: Pitture del nostro esercito   Pitture del nostro esercito - Pagina 19 Icon_minitimeVen 7 Nov 2014 - 15:31

Manerbio ha scritto:
Il Salon o il germe dell’Esposizione Universale

 
Il Salon fu un'esposizione periodica di pittura e scultura, che si svolse al Louvre di Parigi, con cadenza biennale fino al 1863 ed annuale in seguito (decreto imperiale del 13 novembre 1863), dal XVII al XIX secolo.
 
Il Salon nasce nel 1667 con la prima esposizione organizzata dall’Accademia reale, riservata solamente ai membri dell'Accademia stessa. Dopo questa data, le seguenti esposizioni ebbero cadenza biennale sino al 1675, quando, a causa dell'elevato costo, si svolsero solo nel 1699, nel 1704 e nel 1706, quest'ultima della durata di un solo giorno. Fino al 1791 tutte le esposizioni furono inaugurate il giorno di san Luigi, onomastico del re. Allestite prima nella galleria del Palais-Royal e nel cortile dell’hôtel Richelieu, quelle del 1699 e del 1704 si svolsero nella Grande Galerie del Louvre e dal 1725 presero definitivamente posto nel Salon Carré, da cui il nome Salon, occupando talvolta anche la galleria detta dell'Apollo.
 
Dal 1737 al 1748, ad eccezione del 1744, la mostra ebbe cadenza annuale, poi nuovamente biennale dal 1748 al 1791.
 
 Nel 1748 venne istituita una commissione incaricata di salvaguardare la tradizione della “grande pittura” ed esercitare un controllo sulla moralità delle opere proposte.
 
 
Sin dall’origine l'allestimento venne affidato a un artista detto le Tapissier o le Décorateur; tale incarico, dal 1761 al 1773, assunto da Jean-Baptiste-Siméon Chardin a cui subentrò Joseph-Marie Vien, Louis-Jean-François Lagrenée il Vecchio, Louis-Michel van Loo nel 1783 e 1785, e Louis Durameau.
 
Con la Rivoluzione vennero apportate una serie di modifiche radicali al regolamento del Salon:
nel 1791 l’esposizione divenne libera e accessibile a tutti
e dal 1798 venne istituita una giuria di ammissione eletta a suffragio universale.
La giuria assunse presto però una veste di conformistica ufficialità e sotto l’Impero fu composta da tre artisti e due amatori presieduti dal Denon.
Soppressa nel 1848, ma reintrodotta l’anno seguente, la giuria mostrò un indirizzo sempre più rigido rifiutando molti candidati e qualsiasi opera non conforme ai gusti accademici.
 
Nel 1863 la giuria diede dei verdetti particolarmente rigidi escludendo di fatto qualcosa come 3000 quadri.
 
[ di qui i movimenti di protesta di cui abbiamo visto tra i protagonisti proprio Latour e le sue opere]
 
 Il clamore suscitato da tale scelta fece decidere allo stesso Imperatore Napoleone III di organizzare una libera esposizione dei dipinti esclusi, chiamato poi Salon des Refusés.
Successivamente la struttura organizzativa del Salon viene riformata, consentendo l'ingresso in giuria anche da parte di alcuni artisti già premiati con medaglia. In questo modo avviene una progressiva apertura dell'esposizione alle nuove tendenze dell'arte impressionista.


La Secessione
Nel Dicembre 1890 il leader della Société des Artistes Français che gestiva il Salon, William-Adolphe Bouguereau espose l'idea che il Salon potesse diventare un'esposizione senza premi, che sponsorizzasse i giovani.
Ernest Meissonier, Puvis de Chavannes, Auguste Rodin e altri artisti rigettarono la proposta facendo sorgere una secessione.
 Essi crearono la Société Nationale des Beaux-Arts nel 1891, esponendo in un altro Salon chiamato Salon de la Société Nationale des Beaux–Arts, in breve Salon du Champs de Mars.
 
Nel 1903, in risposta a ciò, da molti artisti tra cui Pierre-Auguste Renoir e Auguste Rodin, venne ideato il Salon d'Automne.
 
   ----------------------------------------
 
Salon des Refusés
 
Sede del Salon des Refusés, organizzato nel 1863, è il Palais de l'Industrie di Parigi.
 
È chiamata Salon des Refusés (Salone dei Rifiutati) l'esposizione, organizzata nel 1863 da Napoleone III, per accogliere le opere degli artisti rifiutate dal Salon "ufficiale", ovvero quello dell'Académie des beaux-arts di Parigi.
Nel 1863 la giuria di ammissione dell'Accademia parigina rifiutò di esporre una notevole quantità di dipinti (circa 3000, secondo le fonti). A seguito di proteste, l'Imperatore organizzò un'esposizione parallela a quella ufficiale, consentendo ad artisti come Edouard Manet con il suo Le déjeuner sur l'herbe (la principale causa dello scandalo), Claude Monet, Camille Pissarro, James Whistler  [e lo conosci questo? Very Happy ] e altri di esporre le loro opere. [ in pratica gli impressionisti realisti ]


Pitture del nostro esercito - Pagina 19 300px-10



 La frequentatissima esposizione divenne però anche oggetto di critiche e persino di derisione.

Le opere esposte venivano infatti denigrate non solo dalla critica ufficiale, ma anche dal pubblico parigino stesso. [e qui Latour e il suo Gruppo dei Batignolles s'indignano]
 
Un'incisione satirica eseguita nel 1864 da Honoré Daumier sui borghesi scandalizzati dalle pitture raffiguranti Venere nuda.
 
 
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Il Salon des Refusés ebbe il merito di consentire una prima apertura verso l'arte "non ufficiale" e tradizionalista, ma anche lo svantaggio di esporre i giovani artisti al pubblico ludibrio.
Al nuovo Salon parteciparono anche artisti del calibro di Degas (anche se si definiva realista) e di Renoir. Il 1864 è la data convenzionale dalla quale si fa iniziare l'impressionismo, dato che proprio in quest'anno si tenne a Parigi il primo Salon des Refusés.
 
L'inizio ufficiale dell'impressionismo viene tuttavia fatto risalire al 1874. In quell'anno si tenne infatti, nello studio del fotografo Nadar, la prima mostra degli "artisti indipendenti", organizzata dagli stessi artisti che vi presero parte, conseguenza della loro ripetuta esclusione dalle mostre ufficiali, in primis il Salon.
 
E ora rubo, dal tuo post su Latour [perché proprio con il quadro di Latour come abbiamo anticipato, scopriamo una vera querelle culturale dell’epoca]
 
Un atelier aux Batignolles [Studio a Batignolles]

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Batignolles era la zona in cui vivevano Manet e gran parte dei futuri impressionisti. Fantin-Latour, testimone discreto di questa epoca, raduna intorno a Manet, che assurge così al ruolo di caposcuola, giovani artisti dalle idee innovatrici: da sinistra a destra, sono riconoscibili Otto Schölderer, pittore tedesco trasferitosi in Francia per conoscere i seguaci di Courbet; Manet, lo sguardo penetrante, seduto di fronte al suo cavalletto; Auguste Renoir che indossa un cappello; Zacharie Astruc, scultore e giornalista; Emile Zola, portavoce di questo rinnovamento pittorico; Edmond Maître, funzionario del Comune; Frédéric Bazille che sarà ucciso qualche mese dopo, ad appena ventisei anni, durante la guerra del 1870; ed infine Claude Monet.
 
Il messaggio di Latour:
 
I gesti sono misurati, gli abiti sobri, i visi quasi solenni:
Fantin-Latour auspica che questi giovani artisti, a quei tempi oggetto di denigrazione,
siano considerati come persone serie e rispettabili.
 
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Émile Zola [presente ne quadro di Latour "Riunione di poeti attorno ad un tavolo"] parte in causa in quegli avvenimenti, scriverà romanzo: L'Opera,  in cui descrive il pensiero trattone dall’opinione pubblica in merito all’esposizione nel Salon des Refusés. Non si capisce (almeno io) il perché, ma da quel momento Zolà (che certo non era un conformista borghese), interromperà la sua bellissima collaborazione intellettuale con gl’impressionisti ed il movimento.
--------------------------------------------------------------------------
Quando il libro apparve nel 1886, provocò il plauso dei più radicali conservatori -che vedevano nell'arte moderna un serio pericolo per la stabilità dei costumi- e la dura reazione di molti amici dello scrittore, soprattutto i pittori impressionisti: di questi ultimi, Zola era stato agli inizi un fervente sostenitore, ed ora sembrava condannarli in blocco.
 
 Il più "offeso" di tutti fu Paul Cézanne, amico di Zola sin dall'infanzia: una diceria popolare [ma sicuramente vera]  vuole che il pittore si sia riconosciuto nel personaggio del fallito Lantier .
  per questo motivo Cezanne ruppe ogni rapporto con Zola, così come quasi tutti gli impressionisti.
 
            Émile Zola
L'Opera
In questo romanzo Zola introduce il lettore nel mondo dell'arte: il protagonista è infatti Claude Lantier, un pittore "maledetto".
Trama
 
Claude Lantier, figlio di Gervaise Macquart, assieme ad altri pittori e scultori, si batte per imporre una nuova forma d'arte, ben lontana dai canoni neoclassici che all'epoca riscuotono il favore dei galleristi e delle grandi esposizioni ufficiali. Sebbene alcuni dei suoi compagni riescano alla fine ad imporsi, Lantier passa di sconfitta in sconfitta, rimanendo incompreso dal pubblico e spesso anche dai suoi stessi amici.
Nel romanzo si intrecciano anche storie d'amore e di amicizia. Claude Lantier incontra infatti in una sera piovosa una giovane donna, Christine, destinata a diventare compagna della sua vita. La coppia si trasferisce in campagna ed ha un figlio che però, affetto da idrocefalo, muore all'età di dodici anni.
Nel frattempo, la coppia è tornata a vivere a Parigi, dove Claude ritrova i suoi amici ma anche la chiara sensazione della sua sconfitta. Finisce per staccarsi dalla sua compagna e per passare gran parte del suo tempo in un grande capannone dove ha iniziato a dipingere un'opera gigantesca, Plen Air, che lascerà incompiuta impiccandosi di fronte ad essa.

Bell'excursus storico inchino inchino inchino . Ho letto tutto, nulla mi è sfuggito, nemmeno "e lo conosci questo?" .....

Jean-Baptiste-Siméon Chardin: pensavo che intanto potresti prepararti ad approfondire euforico euforico euforico euforico euforico euforico euforico euforico euforico euforico euforico euforico euforico euforico euforico euforico euforico euforico euforico euforico , ma solo se ti piace, sennò mi butto io......
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MessaggioTitolo: Re: Pitture del nostro esercito   Pitture del nostro esercito - Pagina 19 Icon_minitimeVen 7 Nov 2014 - 15:49

ZOLA E L'iMPRESSIONISMO

Caro amico, ho colto il tuo "grido di dolore" e mi sono incuriosito. Ho trovato questo dall'archivio storico del Corriere

Dicci se qualcosa "quadra" meglio, ora.

Zola: impressionismo un amore difficile
Lo scrittore e Edouard Manet

Scrive nel 1867, su la Revue du XX Sie'cle, Emile Zola a proposito di Edouard Manet: "Sentendo che copiare i maestri e dipingere la natura vista attraverso individualita' diverse dalla sua non lo faceva approdare a nulla, un bel mattino avra' compreso, col suo schietto candore, che doveva tentare di vedere la natura cosi' come e' , senza guardarla nelle opere e nelle opinioni altrui... prese un oggetto qualunque, persona o cosa, lo colloco' in un angolo del suo atelier, e si mise a riprodurlo sulla tela, secondo le proprie facolta' di visione e percezione... l' artista ottenne cosi' un' opera che era la sua carne e il suo sangue".

(già scritto da te)
Emile Zola e la pittura? La storia e' nota: L' oeuvre (1886) racconta di Claude Lantier, pittore che per tutta la vita insegue il sogno di un quadro definitivo, sintesi di generi diversi, figure e paesaggio, natura morta e racconto. Fallira' e morira' suicida davanti al dipinto incompiuto. Dopo la pubblicazione del romanzo Paul Ce' zanne, amico dall' infanzia di Zola, rompe con lui ogni rapporto: si riconosce nel pittore fallito, nell' artista respinto ai Salon.

Ma adesso, a rileggere i testi di Zola si comprendono meglio le ragioni del romanziere e come mai egli non poteva accettare non solo l' arte di Cezanne, ma quella della gran parte degli impressionisti.

Ripartiamo dunque dal saggio del 1867, quando tutta la critica ufficiale rifiuta l' Olimpia dipinta da Manet nel 1863 ma esposta nel 1865.

"Ho detto capolavoro . scrive Zola del quadro ., e non ritiro la parola... il pittore ha operato come la natura stessa, per masse chiare, per larghi fasci di luce, la sua opera ha l' aspetto un po' rude e austero della natura".

E poco oltre: "L' eterna vicenda dei talenti prima sbeffeggiati poi ammirati fino al fanatismo si riprodurra' per Edouard Manet. Egli avra' il destino dei maestri, di Delacroix e di Courbet, per esempio".

Ancora nel 1868 Zola ribadisce che Manet "e' anzitutto un naturalista".

Ma nel 1884, quando lo stesso Zola presenta, alla Academie des Beaux Arts, la mostra postuma di 150 opere di Manet, la situazione e' ben diversa dagli anni ' 60 e il parallelismo fra romanzo naturalista e pittura non gli appare piu' possibile: in mezzo ci sono stati gli impressionisti e il rapporto a volte difficile fra Zola e il gruppo.

Agli inizi la chiave realista era servita anche per loro: in un pezzo del 1866 intitolato I realisti al Salon, parlando della Camille di Claude Monet Zola scrive: "Il... quadro mi racconta tutta una storia di energia e verita' ".

Nel 1868 in un saggio intitolato I naturalisti Zola si entusiasma per Pissarro (Eccolo un altro per Manerbio  euforico  euforico  euforico  euforico  euforico .

"All' artista stanno a cuore solo verita' e coscienza; si pone davanti a un pezzo di natura... non e' ne' poeta ne' filosofo, ma semplicemente naturalista, fabbro di cieli e di terre".

Quando pero' , nel 1880, Zola torna a scrivere del Naturalismo al Salon la situazione e' molto diversa.

Il romanzo realista trionfa ma, in pittura, la vecchia lettura degli anni ' 60 si scontra con la nuova ricerca degli impressionisti, che Zola non comprende[/b].

Non e' certo un caso che Edouard Manet non abbia voluto esporre col gruppo e non e' un caso che Nadar, il massimo esponente della fotografia realista, il piu' neo rembrandtiano dei fotografi di quegli anni, abbia ospitato nel suo atelier, nel 1874, la prima mostra degli impressionisti.

Insomma per Zola, per Manet, per Nadar la pittura degli impressionisti non poteva che essere realista, anzi naturalista.


Ma, fin dalla prima mostra, anzi fin dalle prove degli inizi degli anni ' 70, le strade dei giovani pittori devono essere apparse lontane da queste attese e la disillusione, nello scritto di Zola del 1880, e' evidente:


"Renoir e' stato il primo a capire che le commesse non sarebbero mai arrivate... E avendo bisogno di vivere, ha ricominciato a mandare quadri al Salon ufficiale, il che lo ha fatto considerare un rinnegato"
;
"Claude Monet... pittore dalla fortissima originalita' che, da dieci anni, si agita nel vuoto", un vuoto che dunque comincia attorno al 1870!

Ma il colpo finale e' per Ce zanne: "Un temperamento di grande pittore che ancora si dibatte nelle ricerche compositive".

Conclude Zola: "Il guaio grosso e' che nessuno degli artisti di questo gruppo (gli impressionisti) ha realizzato in modo potente e definitivo la formula nuova", quella cioe' della pittura en plen air.

Dalla disillusione Zola passa al rifiuto: la pittura deve essere realista, come quella di Courbet, ma soprattutto di Manet e in parte di Pissarro.

Pittura insomma come il moderno romanzo, e la fotografia, per antonomasia en plein air, e' dunque indagine sul reale che sta fuori dell' atelier.

Uscire dallo studio: lo fa anche Zola, e lo teorizza, per preparare i suoi nuovi romanzi. Gli impressionisti hanno scelto strade diverse, da qui la decisione del romanziere di scrivere L' oeuvre che contrappone due modi di pensare e fare l' arte, il realista e l' altro destinato a fallire; ecco dunque un durissimo, diretto giudizio su un gruppo ormai diviso e lontano, su Ce' zanne e Monet, su Degas e Renoir.

E Zola, che muore nel 1902, vedra' il tramonto del realismo persino in fotografia: il "Pictorialism" appare l' ultimo trionfo di quella ricerca impressionista che lo scrittore aveva rifiutato nei primi anni ' 70.

Quintavalle Arturo Carlo

Pagina 25
(30 dicembre 1993) - Corriere della Sera
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MessaggioTitolo: Re: Pitture del nostro esercito   Pitture del nostro esercito - Pagina 19 Icon_minitimeVen 7 Nov 2014 - 16:08

Accidenti Francè, me lo devo leggere con attenzione e studiare!
Non capisco bene perchè Zola abbia voluto sostenere con tanta rigidià la sua tesi che la pittura "plen air" sia "la novità" mancata. Oltretutto non ho ben identificato la definizione "plen air".

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MessaggioTitolo: Re: Pitture del nostro esercito   Pitture del nostro esercito - Pagina 19 Icon_minitimeVen 7 Nov 2014 - 16:47

Manerbio ha scritto:
Accidenti Francè, me lo devo leggere con attenzione e studiare!
Non capisco bene perchè Zola abbia voluto sostenere con tanta rigidià la sua tesi che la pittura "plen air" sia "la novità" mancata. Oltretutto non ho ben identificato la definizione "plen air".

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Con questo scritto inizia la mia collaborazione  come " Assistente" al maestro di storia dell'arte, Manerbio

....e non ti prendo per i fondelli.... Nel blog sei la persona con minori lacune euforico euforico euforico euforico euforico euforico euforico euforico euforico euforico euforico euforico euforico euforico


............ e quindi "Storico dell'arte"................  


Mi sembra, dico mi sembra (vedo l'ombra del mio amico e aggiungo un altro mi sembra, per umiltà) che Zola interpretasse   l'en plain air come una pittura  che doveva  essere ssenzialmente realista a la Courbet  e quindi giudicasse il pitturare all'aria aperta degl impressionisti una occasione mancata perchè si è allontanata dal realismo.

Ho letto questa definizione di plein air.... guarda se ti può essere utile

En plein air (all'aria aperta) è un termine in lingua francese che indica un metodo pittorico consistente nel dipingere all'aperto per cogliere le sottili sfumature che la luce genera su ogni particolare. Altro obbiettivo di questa tecnica è quello di cogliere la vera essenza delle cose.

In voga soprattutto nell'Ottocento europeo, la pittura en plein air fu grandemente utilizzata dalla corrente pittorica degli impressionisti.

I primi ad applicare questa tecnica furono i pittori romantici inglesi,[1] mentre, In Italia, furono invece i cosiddetti macchiaioli (forse).

Venne perfezionata dagli impressionisti, anche se la vera paternità è da attribuirsi secondo vari studiosi alla scuola di Barbizon e a Gustave Courbet, (che per primo ne delineò i principi)



Fra i più celebri pittori di dipinti realizzati "all'aperto" vi sono Manet, Monet, Cézanne, Renoir,[1] Pissarro,[3] Van Gogh Camille Corot, Thèodore Rousseau, Constant Troyon, Charles-François Daubigny, Berthe Morisot,[1] William Turner, John Constable e William Holman Hunt.[1]


ECCO DUE ALTRI CONTRIBUTI

(guarda se ti convincono)


l realismo (in senso generale) si configurò come un drastico spostamento di attenzione dalla storia antica alla presente
. L’intento infatti era proprio rappresentare il proprio tempo con assoluta oggettività e, talvolta, di intervenire su di esso con un’arte dai chiari contenuti ideologici e politici, in grado di influenzare pensieri e comportamenti del pubblico.

Con Courbet invece si va nel realismo integrale poiché portò avanti un tipo di realismo “applicabile” su qualsiasi oggetto o tema, e non solo sul sociale come invece sosteneva il principio cardine del realismo
.

Gli impressionisti invece, benché vivessero in ambito francese e di conseguenza a stretto contatto con una mentalità (dal punto di vista artistico) fortemente realista, non approvavano per niente quel tipo di pittura così mirata verso una rappresentazione massima della realtà.

Per gli impressionisti infatti l’oggettività assoluta non esisteva,per loro bisognava cominciare a dipingere in base alle proprie impressioni,in base a ciò che impressionava la loro retina,quindi tutto qualcosa di abbastanza soggettivo; che in parte veniva espresso anche attraverso l’immediatezza della pennellata o anche attraverso la libertà esecutiva e compositiva.

............. la differenza sostanziale tra realisti e impressionisti sta nel modo di rappresentare il vero.

I primi più legati alle convenzioni accademiche,diciamo più “rigidi” e i secondi più liberi e spontanei e soprattutto più intenti a spostare l’attenzione dal soggetto della pittura al linguaggio usato per rappresentarlo,ovvero il modo
.


   Realismo

   Tra la metà dell’800 e l’inizio del 900 i tempi sono maturi per passare dal Romanticismo al Realismo. Esso dà una rappresentazione imparziale della realtà: è un nuovo modo di prendere coscienza di tutti gli sconvolgimenti dell’800.

È uno step intermedio effettivo che permette di prendere coscienza della realtà che si vede e di rielaborarla, fino a portarla all’Impressionismo.

   - Romanticismo = Idealizzazione
   - Realismo = Obiettività
   - Impressionismo = Interpretazione della realtà visiva

 
In questo periodo il nipote di Napoleone si rivolta contro il popolo che lo aveva eletto. Si creano spaccature fra borghesia e popolo e la situazione industriale aggravava le distanze tra essi. A metà dell’800 scatta negli artisti quella molla che fa capire loro di avere dei doveri nei confronti delle classi più disagiate. Con la stampa, si potevano dare forti messaggi al popolo, per fargli prendere coscienza e per farlo rivoltare.

  L'impressionismo

   La prerogativa che dà il via all’Impressionismo è principalmente la seconda industrializzazione: le tecnologia, le nuove costruzioni, una nuova ricchezza (impressionisti figli della nuova borghesia). Gli impressionisti, nonostante fossero figli della borghesia, vanno contro di essa perché dipingono in un modo che sarà rifiutato dai Salon ufficiali, perché i contenuti e le forme erano troppi diversi e innovativi. L’Impressionismo avrebbe potuto svilupparsi solo in Francia, a causa del processo storico subito da quest’ultima: la storia dell’arte rispecchia tutti i ritmi evolutivi dello sviluppo della società.

   In Francia c’era una forte influenza delle culture orientali. Le stampe orientali portano un nuovo modo di intendere l’arte: la cultura giapponese antepone la forma ed il colore alla linea, non ci sono sfumature od ombreggiature, ma campiture piatte che non danno una resa reale. Non avevano il bisogno di rappresentare qualcosa di realistico.

Dall’invenzione della fotografia l’arte perde la sua funzione ufficiale e perde valore. I colori compositi sono il risultato di colori primari mescolati tra loro. L’arte ufficiale è diventata obsoleta, non serve più.

Gli impressionisti sono coscienti di ciò e cercano un nuovo modo di dare senso all’arte.

La pittura en plain-air è possibile perché ora il colore si poteva portare dietro in tubetti colorati (grazie all’industrializzazione e alle moderne tecnologie): i pittori avevano quindi una gamma di colori da usare molto più velocemente. Le macchine fotografiche avevano un limitato punto di vista, mentre il campo visivo dell’uomo è più ampio anche della visione prospettica del Romanticismo (un solo punto ottico). Per gli impressionisti tutto questo apre un nuovo campo di esplorazione: la visione ottica è ben diversa dalla prospettiva.

Il nuovo modo di vedere degli impressionisti è molto più vicino alla realtà effettiva percepita dall’occhio umano che i quadri prospettici del Romanticismo o della fotografia.

Nei quadri impressionisti ci sono raramente punti di fuga ben definiti.

L’arte romantica cominciava ad essere obsoleta.

Gli impressionisti fanno anche studi sulla visione ottica: il nostro occhio fisiologicamente legge i colori in modo separato.

Per avvicinarsi il più possibile a quella che è la visione effettiva dell’occhio, ci si allontana da quella che è la visione effettiva della realtà. Gli impressionisti si pongono come mezzo per interpretare la realtà, mentre fin’ora i pittori erano mezzi per riprodurre la realtà.

La rottura con le poetiche del Classicismo e del Romanticismo si ha a partire dalla seconda metà dell’800. L’Impressionismo si è formato a Parigi tra il 1860 e il 1870 e ha aperto la via alla ricerca artistica moderna; si è presentato per la prima volta al pubblico nel 1874 con una mostra dal titolo anonimo di artisti indipendenti nello studio del fotografo Nadar.

La definizione di Impressionismo si fa risalire a un quadro di Monet intitolato “Impression, soleil levant”
. Il critico che ha definito gli impressionisti tali, affermava che il dipinto di Monet sembrava una carta da parati venuta male. L’Impressionismo non è un movimento a tutti gli effetti perché non c’è un vero e proprio manifesto che illustra gli intenti di questi pittori. L’Impressionismo quindi, è più che altro una corrente artistica.

Le figure emergenti del gruppo sono: Monet, Renoir, Degas, Cézanne, Pissarro, Sisley. Manet non faceva parte del gruppo ma ne era considerato un precursore. I capisaldi dei pittori impressionisti si riunivano spesso al cafè Guerbois: nessun comune interesse ideologico o politico collegava fra loro gli artisti, che però si erano trovati d’accordo su alcuni punti:
   - l’avversione per l’arte accademica dei Salon ufficiali;
   - il campo visivo va al di là della visione prospettica ed della geometria euclidea;
   - l’orientamento realista;
   - il disinteresse totale per il soggetto, la preferenza per il paesaggio e la natura morta;
   - il rifiuto delle pratiche di illuminazione dei modelli
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MessaggioTitolo: Re: Pitture del nostro esercito   Pitture del nostro esercito - Pagina 19 Icon_minitimeVen 7 Nov 2014 - 17:07

Ciao Francesco, non ho ancora approfondito nulla, potrei dire stupidaggini.
Non entro quindi nel merito di tutto ciò che mi hai sottoposto e su cui dovrei riflettere sicuramente meglio.
Ma ora, nell'immediato, esprimo solo la mia perplessità a questa affermazione di Zola contenuta nel tuo post:
------------
Ripartiamo dunque dal saggio del 1867, quando tutta la critica ufficiale rifiuta l' Olimpia dipinta da Manet nel 1863 ma esposta nel 1865.



"Ho detto capolavoro . scrive Zola del quadro ., e non ritiro la parola... il pittore ha operato come la natura stessa, per masse chiare, per larghi fasci di luce, la sua opera ha l' aspetto un po' rude e austero della natura".
------------------
Questo il dipinto di Manet che evoca  Zola

Pitture del nostro esercito - Pagina 19 Edouar10

E dove ci vede tutto sto naturalismo? Io davvero non so come dipanare la faccenda?
 "aspetto un po' rude e austero della natura" ?
Io lo trovo simile a molti altri.
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MessaggioTitolo: Re: Pitture del nostro esercito   Pitture del nostro esercito - Pagina 19 Icon_minitimeVen 7 Nov 2014 - 18:02

Tre interpretazioni..............possono aiutare la tua riflessione?

Mi piacerebbe...................


Cosa ha voluto rappresentare Manet con questo dipinto? Nè più né meno che una prostituta sul “luogo di lavoro”, che riceve un mazzo di fiori da qualche cliente evidentemente soddisfatto dei suoi servizi.

E’ un dipinto di un realismo crudo, in cui viene mostrata questa donna minuta, dall’espressione un po’ volgare, che non ha problemi, né alcun imbarazzo a mostrarsi così com’è anche con le sue imperfezioni. Olympia non rappresenta infatti l’incarnazione della bellezza: ha un accenno di doppio mento, un collo tozzo, le gambe piuttosto corte, anche se nell’insieme ha qualcosa di intrigante.

::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::

"nella giustapposizione dei bianchi c'è la vittoria su una difficoltà immensa, lo stesso corpo della ragazza ha pallori incantevoli... quel corpo nudo che è parso indecente; così doveva essere, perchè è carne, una ragazza che l'artista ha gettato sulla tela nella sua nudità giovane e già sfiorita" Emile Zola:  Manet e altri scritti sul naturalismo.

Questa tela, esposta al Salon nel 1863, suscitò moltissimo scandalo per la distanza abissale che la separava dalla visione edulcorata e zuccherosa dei tardo romantici. Olympia infatti rappresenta ma una donna reale della sua contemporaneità, non il nudo idealizzato di epoche lontane a cui era abituato il pubblico del tempo. Manet tra l'atro non era nuovo a polemiche di questo genere, basti pensare a "colazione sull'erba" del 1862.

.::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::

Moderna e distaccata Olympia, prostituta in attesa su molli lenzuola, guarda, in posa direttamente l’osservatore.

Il biancore del volto non particolarmente attraente e il corpo dai seni piccoli e fianchi stretti, le dita tozze accoglie nel contrasto il nero della larga figura della domestica che regge un mazzo di fiori, quello più intenso del gatto ingobbito, per allargare modulato nello sfondo.

Zolà scrive dopo quattro anni: "Per voi un quadro è un semplice pretesto per l’analisi. Vi serviva un nudo e avete scelto Olympia, la prima donna che vi è capitata; vi servivano delle macchie chiare e luminose e avete inserito un mazzo di fiori; vi servivano delle macchie nere e avete messo in un angolo una negra ed un gatto. Cosa vuol dire tutto questo? Voi non lo sapete e nemmeno io. Ma io so che siete riuscito mirabilmente a fare un’opera di pittura, di grande pittura; intendo di tradurre energicamente e in un linguaggio particolare le verità della luce e dell’ombra, le realtà dell’oggetto e delle creature”.
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MessaggioTitolo: Re: Pitture del nostro esercito   Pitture del nostro esercito - Pagina 19 Icon_minitimeVen 7 Nov 2014 - 22:44

francesco1017 ha scritto:
ecco il seguito....

Francesco Casorati


Donna tra i pini
Pitture del nostro esercito - Pagina 19 <a href=Pitture del nostro esercito - Pagina 19 Casora10" />


Accidenti Francesco mi devi proprio scusare, io sono un cane e mi son accorto solo ora che tu mi avevi risposto sul figlio di Casorati.
Scusami tanto, spesso rispondo dal telefonino o dal tablet e non m'accorgo di tutto.
Sono come Argo, vecchio e cieco...
e non so disegnare nemmeno una mela.
Per questo forse m'appassiona, mi pare cosa che solo uomini straordinari possono dimesticare.
-------------------------------

Che questo dipinto è un amore, si può dire? Frase di una banalità che mi vien voglia di mandarmi a quel paese da solo; ma è quello che dice, c'è tanto amore, e no ti stanchi di guardare...
Grazie Signori, deliziosa immagine.



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MessaggioTitolo: Re: Pitture del nostro esercito   Pitture del nostro esercito - Pagina 19 Icon_minitimeVen 7 Nov 2014 - 23:03

Manerbio ha scritto:
francesco1017 ha scritto:
ecco il seguito....

Francesco Casorati


Donna tra i pini
Pitture del nostro esercito - Pagina 19 <a href=Pitture del nostro esercito - Pagina 19 Casora10" />


Accidenti Francesco mi devi proprio scusare, io sono un cane e mi son accorto solo ora che tu mi avevi risposto sul figlio di Casorati.
Scusami tanto, spesso rispondo dal telefonino o dal tablet e non m'accorgo di tutto.
Sono come Argo, vecchio e cieco...
e non so disegnare nemmeno una mela.
Per questo forse m'appassiona, mi pare cosa che solo uomini straordinari possono dimesticare.
-------------------------------

Che questo dipinto è un amore, si può dire? Frase di una banalità che mi vien voglia di mandarmi a quel paese da solo; ma è quello che dice, c'è tanto amore, e no ti stanchi di guardare...
Grazie Signori, deliziosa immagine.



Accorgersi dopo? sapessi io.


Ma ho capito, perchè e non mi fa piacere  Sad  Sad  Sad  Sad

E' l'età    euforico  euforico  euforico  euforico  euforico  euforico  euforico  euforico  euforico  euforico  euforico  euforico  euforico  euforico  euforico  euforico  euforico

Ci sono volti di donna che arrivano al cuore; pensa a alla signora di Corcos e a questa che hai messo tu.

Mi dai modo di riprenderla perchè l'ho guardata molte volte e cosi la "rinfresco".

Adesso arriva.

Estate (1878, signora di 140 anni fa shocked shocked shocked)
Pitture del nostro esercito - Pagina 19 Estate10
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