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"Il generale veramente eccellente è colui che cerca la vittoria prima della battaglia: non è bravo colui che cerca il combattimento prima della vittoria. Così un esercito vittorioso è tale prima ancora di combattere, mentre un esercito destinato alla sconfitta si batte senza speranza di vittoria."

 

 Antichi Pellettieri

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MessaggioTitolo: Re: Antichi Pellettieri   Antichi Pellettieri - Pagina 14 Icon_minitimeMar 5 Gen 2010 - 18:14

Niente soldi dai Burani Fallimento più vicino
di Flavio Maiocco

Situazione più che disperata per Mariella Burani dopo l'annuncio di Mediobanca che ha ufficializzato nel pomeriggio del 31 dicembre scorso l’interruzione del mandato di advisory con il gruppo di Cavriago: unendo tutte le tessere del complicato puzzle Mbfg, infatti, emerge una crisi societaria molto vicina al fallimento.

Primo punto: i debiti di Mariella Burani Fashion Group, che al 31 novembre ammontano a 492,6 milioni di euro (patrimonio negativo di 70 milioni) con un incremento di 3 milioni e mezzo rispetto al dato di fine ottobre a causa dell'aumento dei finanziamenti a lungo termine. La sola capogruppo registra un passivo da 317,6 milioni.

Una situazione che ai sensi del codice civile configura la possibilità di un fallimento, a meno che non vengano ripianate le perdite con una (ado ggi improbabile) ricapitalizzazione dell'azienda: i magistrati milanesi potrebbero quindi richiedere la procedura di fallimento per il gruppo di moda.

Secondo punto: l'aumento di capitale, che avrebbe dovuto essere condotto in porto proprio con l'aiuto dell'istituto di piazzetta Cuccia, è sfumato dopo la mancata costituzione di un deposito da 50 milioni di euro, da parte della famiglia Burani, presso un primario istituto di credito per mantenere la fiducia delle banche creditrici e rispettare la condizione necessaria (ma non sufficiente) per tenere in piedi le trattative.

Un'operazione che non è avvenuta nei modi e nei tempi previsti - il fondo libanese dove sarebbe depositata la quota non è ritenuto abbastanza affidabile - e che ora affossa le speranze di salvataggio in extremis della società di Cavriago. Nel frattempo sono arrivati i decreti ingiuntivi da parte di Ing, Barclay, Cariprato, Banca Ifis e Cassa di Risparmio di Cento, che data la criticità della posizione di Mariella Burani non intendono attendere oltre per rientrare dalla loro esposizione.

Terzo punto: i guai giudiziari. La procura di Milano ha iscritto nel registro degli indagati Walter Burani, il figlio Giovanni e una terza persona dei piani alti dell’azienda con le gravi accuse di aggiottaggio, falso in bilancio, frode fiscale e ostacolo alla vigilanza, confiscando in un'ispezione alle sedi di Milano e Cavriago documenti e materiale informatico alla ricerca di prove di questi reati.

Quarto punto: la sospensione a Piazza Affari. Il titolo Mbfg è sospeso dalle contrattazioni dallo scorso 28 agosto ed è finito nel mirino della Consob, l'organismo di controllo della Borsa italiana, che ha inserito le azioni Burani in un'apposita black list costringendo la società a scontare misure di vigilanza decisamente più stringenti.

Il gruppo, dunque, naviga a vista nella speranza di poter sopravvivere con le sue stesse risorse finanziarie residue almeno fino a quando non ci sarà l'accordo con gli istituti creditori. Nei prossimi giorni si terrà una riunione del consiglio di amministrazione per decidere quali saranno le prossime mosse: in lista anche l’eventuale conferimento di un mandato ad un altro advisor finanziario che dovà assistere la società nella mediazione con le banche. Non è esclusa però la possibilità di ricorrere, come estremo passaggio, all’ammissione a procedure concorsuali.

"Le notizie apparse sulla stampa - commenta la Cgil reggiana - destano ancora una volta maggiore preoccupazione sulla vertenza Mariella Burani Fashion Group, così come rimane problematica la decisione non ancora espressa dalla proprietà in merito alla promessa di versamento dei 50 milioni di euro per la ricapitalizzazione. Ribadiamo sia urgente concretizzare quanto non è stato fatto ad oggi, e che sia visibile anche l’impegno delle banche per concludere un accordo con il consiglio di amministrazione sul piano di ristrutturazione del debito".

"Se non sussistono queste condizioni - conclude il sindacato - riteniamo inaccettabile qualsiasi ipotesi di messa in liquidazione o fallimento dell’azienda. Così come sosteniamo che, per la prosecuzione dell’attività produttiva, il ricorso all’amministrazione straordinaria sia l’ipotesi più utile. Come sindacato ci attiveremo già dai prossimi giorni presso il Ministero dell’Industria per valutare la percorribilità di tale soluzione".
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MessaggioTitolo: Re: Antichi Pellettieri   Antichi Pellettieri - Pagina 14 Icon_minitimeMar 5 Gen 2010 - 18:24

Acra che dici della situazione?
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MessaggioTitolo: Re: Antichi Pellettieri   Antichi Pellettieri - Pagina 14 Icon_minitimeMar 5 Gen 2010 - 20:10

Business88 ha scritto:
Acra che dici della situazione?

E' una situazione d'immobilità a 360 gradi paradossale.

Se ci fosse stata un'altra azienda al posto di MB, avrebbe già chiuso da un pezzo.

Nessuno sembra voler far nulla, nemmeno i giudici che hanno indagato i Burani a partire dall'agosto scorso...........o non hanno trovato nulla da allora o temono di mandare a spasso i 2500 dipendenti
I Burani non fanno nulla forse perchè si sentono attaccati e non sganciano i 50 milioni per l'adc (e nemmeno gli azionisti aderirebbero) perchè magari pensano di buttarli su qualche altra loro controllata per sopravvivere con quelle.
Le Banche nemmeno loro fanno pressione per far dichiarare fallita la società
L'ATTESA è la parola d'ordine : riuscirà il nostro AAA=ORKA ad attendere ancora ??
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MessaggioTitolo: Re: Antichi Pellettieri   Antichi Pellettieri - Pagina 14 Icon_minitimeMar 5 Gen 2010 - 23:20

Ma il destino di ap quale potrebbe essere alla luce di queste novità?
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MessaggioTitolo: Re: Antichi Pellettieri   Antichi Pellettieri - Pagina 14 Icon_minitimeMer 6 Gen 2010 - 11:40




News n. 415324 del 06/01/10 9.29.42 Agenzia: MF DJ News
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A.Pellettieri: una settimana per salvare controllata di M.Burani (MF)
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MILANO (MF-DJ)--Per M.Burani si studia una soluzione in extremis per
tentare di salvare almeno la controllata A.Pellettieri, la sub-holding
quotata che contiene le partecipazioni e i marchi piu' importanti e
redditizi del gruppo della moda in grave crisi finanziaria, come
Coccinelle, Mandarina Duck, Braccialini e le scarpe Baldinini.

E' quanto si legge in un articolo di MF dove si precisa che l'obiettivo
sarebbe quello di separare i destini di questa societa' dalla capogruppo
M.Burani Fashion Group, schiacciata da oltre 492 mln di debiti.

A.Pellettieri si trova anch'essa in una situazione difficile sotto il
profilo finanziario: 140 mln di debiti. Ma essendo una societa' con
partecipazioniimportanti e redditizie, fra le quali spicca Mosaicon, le
banche creditrici (prima UniCredit con 22 mln, poi WestLb con 20 mln e con
covenant gia' scaduti) hanno accettato l'idea di una ristrutturazione del
debito, che di fatto comportera' lo smembramento della societa'.

Se andasse in porto, i destini di A.Pellettieri sarebbero separati da
Mbfg che, a meno di svolte dell'ultima ora, vede sempre piu' vicino lo
spettro del fallimento e sente il fiato sul collo dei pm milanesi Luigi
Orsi e Maurizio Clerici, che da tempo indagano per falso in bilancio,
aggiotaggio, frode fiscale e ostacolo alla vigilanza.
Red/sm
(fine)


MF-DJ NEWS
0609:29 gen 2010
Entrato oggi con un cippettino di presenza

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MessaggioTitolo: Re: Antichi Pellettieri   Antichi Pellettieri - Pagina 14 Icon_minitimeMer 6 Gen 2010 - 20:45

Antichi Pellettieri - Pagina 14 Antich10

Il supporto a 0,75 sembra reggere bene anzi ha determinato un rimbalzino a 0,76
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MessaggioTitolo: Re: Antichi Pellettieri   Antichi Pellettieri - Pagina 14 Icon_minitimeGio 7 Gen 2010 - 0:33

Lo spero, se riesce a staccarsi dalla situazione Burani cambierebbe tutto.
Anche se mi auguro che i Burani evitino il fallimento, cosa che in questi giorni sembra inverosimile.
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MessaggioTitolo: Re: Antichi Pellettieri   Antichi Pellettieri - Pagina 14 Icon_minitimeGio 7 Gen 2010 - 8:18

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MessaggioTitolo: Re: Antichi Pellettieri   Antichi Pellettieri - Pagina 14 Icon_minitimeGio 7 Gen 2010 - 10:56

Quando Franco Tatò salvò la Fininvest.

Sull’orlo del fallimento

Debiti per 4 mila miliardi. Così la Fininvest ha rischiato il naufragio. Poi, la quotazione in Borsa. Ovvero: come diventare ricchi con i «comunisti» al governo.

di Bancomat




Era una domenica buia e tempestosa, la prima dell’ottobre 1993, quando ad Arcore Silvio Berlusconi convocò per cena i suoi colonnelli. Da Adriano Galliani a Fedele Confalonieri, da Giancarlo Foscalea Marcello Dell’Utri. La notizia era ferale «Franco Tatò è da domani il nuovo amministratore delegato della Fininvest». Gelo. Ma così parlò Berlusconi quella sera, quando la sua discesa nel campo della politica era ormai decisa e non poteva prescindere da una svolta nella guida dellaFininvest. La scelta di Tatò, che dal 1991 guidava la Mondadori, ma che era visto come il fumo negliocchi sia da Dell’Utri, sia da Foscale, aveva un ben precisosignificato: era il commissariamento della Fininvest, imposto dalle banche creditrici del gruppo. Perché? Semplice: perché il Biscione era letteralmente sull’orlo del fallimento.

Il bilancio consolidato di quell’anno stava per chiudersi con unfatturato di 11.550 miliardi, ma i debiti avevano raggiunto il livellomonstre di 4 mila miliardi. Per dare un’idea di cosa significava quel numero, in un momento in cui i tassi d’interesse applicati dalle banche erano tre volte quelli odierni, si può fare un parallelo con quanto oggi Berlusconi ripete sempre cavalcando ilsuo principale spot elettorale, quello della riduzione delle tasse. Con i governi dell’Ulivo, dice Silvio, voi italiani lavorate per più di6 mesi l’anno solo per pagare le tasse, mentre solo da luglio in avanti cominciate aguadagnare davvero. Ebbene, nel 1992 Berlusconi aveva lavorato per lebanche per tutti i 12 mesi dell’anno, visto che gli oneri del suodebito (556 miliardi) superavano addirittura l’utile operativo del gruppo, che era di 500 miliardi. Il bilancio si erachiuso con un risicato utile netto di 20 miliardi (0,17 per cento deiricavi) solo grazie a qualche (peraltro legittimo) artificio contabile. Inquegli anni la situazione era talmente drammatica che il gruppo andava avanti grazie al lavoro della Istifi, una sorta di banca interna alla Fininvest, che utilizzava la cassa generata day by day dalla Standa per pagare le spese (compresi gli stipendi dei 30 mila dipendenti) di tutto l’impero. Un giro che era possibile anche perché la Standa non pagava i fornitori. O meglio, li pagava con 9-12mesi di mora. Solo così riusciva a generare il cash necessario per attivare il circolo virtuoso.Ed era questo il principale motivo per cui Berlusconi aveva strapagato la casa degli italiani acquistandola dalla Montedison qualche anno prima e se la teneva nonostantei bilanci in profondo rosso che andavano ad appesantire l’indebitamento di gruppo.

In quel momento una bella parte della Fininvest era di fatto ipotecata a favore delle banche, a cui erano stati dati in pegno i pacchetti di controllodella Standa (54 per cento) e della Sbe (Silvio Berlusconi editore), che controllava la quasi totalità della Mondadori. I nomi dei gruppi bancari più esposti con Berlusconi sono quelli di Cariplo, Comit, Banca di Roma, Bnl, Montepaschi. Sono loro a chiedere a Tatò di fare qualcosa e di farlo subito. E Kaiser Franz esegue: nel giro di unanno, il 1994, colloca in Borsa la Mondadori, incassa 800 miliardi, e avvia il processo di quotazione della Mediolanum, il gruppo finanziario guidato da Ennio Doris, ma controllato, allora come oggi, da un patto di sindacato paritetico con Fininvest, che frutterà altri 700 miliardi. In entrambi i casi Tatò riesce ad andare fino infondo perché coinvolge nelle due operazioni Mediobanca. Senza Cuccia, che non ha maiamato Berlusconi, non sarebbe stato facile fare quei due collocamenti chesi sarebbero poi rivelati decisivi per dare ossigeno al Biscione. E senza il trait d’union di Tatò Mediobanca non sarebbe mai arrivata ad aiutare Fininvest.

Il lavoro di Tatò si svolge in parallelo su tutto il fronte dei costi del gruppo, che vengono tagliati, ridotti, eliminati, non senza suscitare clamore e malumore in tutta una fascia di dirigenti che fino ad allora erano stati abituati aspendere e spandere perché l’importante era una cosa sola :crescere. In questo contesto Tatò si prepara a vendere anche la Standa, alla Rinascente.
L’operazione era già praticamente conclusa, quando per bloccarla si muove Berlusconi in persona, che non vuole rinunciare alla cassa e a 3mila miliardi di fatturato. E' il segno della rottura, che avviene nel1995, quando Tatò lascia la Fininvest per tornare in Mondadori (da cui se ne andrà unpaio d’anni dopo), e al timone del gruppo sale Ubaldo Livolsi, l’uomo chiave nell’operazione finale del salvataggio di Berlusconi: la nascita e la quotazionein Borsa di Mediaset.

Livolsi lavorava nel gruppo già dal 1991, nella direzione finanziaria di cui era diventato il numero uno. Per 3-4 anni il suo compito, nell’ombra, è stato quello di risistemare i bilanci del gruppo per preparare l’«operazione wave», come era stato battezzato lo sbarco in Borsa. Aveva acquisito la stima del sistema bancario e la fiducia totale di Berlusconi, anche perché, avendo a che fare con i bilanci del gruppo, si era trovato a trattare inprima persona anche lo scottante caso All Iberian (la finanziaria«riservata», all’estero, del gruppo), per il quale ricevette un rinvio a giudizio proprio alla vigilia della quotazione in Borsa di Mediaset.
Il lavoro di Livolsi era semplice: mettere in una nuova società, con un nome diverso da Fininvest, sia le televisioni (Rti) sia la pubblicità (Publitalia). Poi, per questa sorta di Fininvest 2, ribattezzata Mediaset e dotata di biscione d’ordinanza, bisognava trovare un gruppo di investitori disponibile ad acquistare il 10-20 per cento. Un’altra quota analoga sarebbe poistata collocata in Borsa. Risultato finale: raccogliere quei 3 mila miliardi che sarebbero serviti per azzerare sia il debito ereditato daMediaset, sia il residuo rimasto in Fininvest. Il tutto, mentre Berlusconi, dopo il ribaltone della fine del 1994, era in lizza per tornare a Palazzo Chigi.

L’operazione riesce e va detto che, in effetti, il materiale non mancava perché tre concessioni tivù e la loro concessionaria di pubblicità avevano un preciso valore di mercato: almeno 5 mila miliardi. Livolsi comincia con il mettere insieme alcuni investitori stranieri, e nel luglio del 1995, vara un aumento di capitale di Mediaset di 1.200 miliardi che viene sottoscritto da un vecchio amico di Berlusconi come Leo Kirch, da un magnate australiano dei media relativamente sconosciuto come Joahnn Rupert, e in piccola parte dal principe Al Waleed. Successivamente, sottoscrivono quote minori anche variinvestitori istituzionali esteri, tra cui la Morgan Stanley guidata da Claudio Sposito, attuale numero uno di Fininvest. In dicembre entrano finalmente le banche italiane. Le vecchie creditrici del Biscione rilevano il 5,2 per cento di Mediaset direttamente dalla Fininvest. Sono Imi, Montepaschi, Sanpaolo, Comit, Cariplo e Banca Roma. E' un passaggio fondamentale perché rappresenta il nocciolo duro del consorzio che, di lì a sei mesi, garantirà a Mediaset il collocamento in Borsa. Inparticolare, risulta decisivo il ruolo dell’Imi di Luigi Arcuti,che guiderà la quotazione in Borsa, e che nell’operazione si assume, in qualche modo, la posizione di garante diBerlusconi nei confronti del mercato. Anche la Bnl di Mario Sarcinelli svolge un ruolo importante perché entra in Mediaset in un secondo momento, in tandem con British Telecom che era destinata a diventare il partner strategico di telecomunicazioni del gruppo (una scelta che poi si rivelerà errata).

A tutti questi soci della prima ora Livolsi offre un’opportunità decisiva per capire il senso dell’operazione: comprate oggi, per rivendere domani, se volete. Infatti ai soci viene proposto di offrire al mercato parte delle azioni sottoscritte nel momento del collocamento in Borsa. Ma anche di acquistarle sul mercato a prezzi prefissati: ai grandi soci vengono infatti riservate alcune opzioni per ilfuturo. In tutto, tra Mediaset e Fininvest, vengono raccolti 2 mila miliardi. Poi, a luglio 1996, scatta l’operazione Borsa, con un collocamento da altri 2 mila miliardi, inparte attraverso un aumento di capitale di Mediaset, in parte con la vendita di azioni realizzata da Fininvest e dai nuovi soci. Il risultato è un successo: l’offerta (a 7 mila lire per azione) va esaurita il primo giorno. Per Berlusconi è un bel risultato, visto che è riuscito a salvare il gruppo, a incassare 4 mila miliardi e, nello stesso tempo, a mantenere il controllo di Mediaset, che dopo l’«operazione wave» rimane comunque controllata dalla Fininvest al 49 per cento. Gli altri soci, nel tempo,riduranno tutti la loro partecipazione. Al punto che oggi, dietro a Fininvest (che ha il 48, 3 per cento di Mediaset), dei grandi soci della prima ora sono rimasti solo Bt, con il 2,1per cento, e Al Waleed, con il 2,3 per cento.
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MessaggioTitolo: Re: Antichi Pellettieri   Antichi Pellettieri - Pagina 14 Icon_minitimeGio 7 Gen 2010 - 14:44

Mariella Burani, dopo l'addio di Mediobanca spunta l'ipotesi Tatò
L'annuncio di Mediobanca di lasciare l'incarico di advisory di Mariella Burani nel tentativo di mediazione nei confronti del pool di istituti creditori ha portato ancora più incertezza nella vicenda che vede coinvolto il gruppo di Cavriago, ora all'affannosa ricerca di un nuovo advisor per provare a sbloccare la situazione di stand by in cui è precipitata la trattativa: dopo la mancata costituzione di un conto da 50 milioni di euro presso "un primario istituto di credito", come da richiesta delle banche coinvolte, che ha scatenato il domino di reazioni fino all'abbandono del suo ruolo da parte di piazzetta Cuccia, le indiscrezioni parlano ora di Franco Tatò (ex amministratore delegato di Ipi e già coinvolto nell'affaire-Ventaglio, titolo anche'sso sospeso in borsa) come possibile nuovo successore di Mediobanca.

Il nuovo advisor, se accetterà l'incarico, si troverà davanti l'enorme montagna di debiti del gruppo che rallenta il piano di ristrutturazione del debito necessario a Mariella Burani per evitare il fallimento finanziario e, di conseguenza, produttivo: 492,6 milioni di euro, registrati a fine novembre, e una posizione finanziaria netta negativa che - ai sensi del codice civile - potrebbe far scattare appunto il procedimento di crack definitivo.
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