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"Il trucco è mettere in chiaro la differenza tra ciò che voi volete che accada e quello che sapete che accadrà."
"Il generale veramente eccellente è colui che cerca la vittoria prima della battaglia: non è bravo colui che cerca il combattimento prima della vittoria. Così un esercito vittorioso è tale prima ancora di combattere, mentre un esercito destinato alla sconfitta si batte senza speranza di vittoria."

 

 Pitture del nostro esercito

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MessaggioTitolo: Re: Pitture del nostro esercito   Pitture del nostro esercito - Pagina 47 Icon_minitimeLun 8 Dic 2014 - 10:32

....contano gli occhi


Paolina Clelia Silvia Bondi


Paolina, bellissima e mesta, aristocratica ancora bambina. Di profilo, punta i suoi occhi neri e intensi su chi guarda.

Ha undici anni Paolina, quando Vittorio Corcos la ritrae con i capelli neri e lucidi intrecciati a ghirlanda e con pennellate precise disegna il merletto verde appuntato sulla manica della sua camicetta, appoggiandole sulla spalla un nastro di velluto. È il 1909 e il pittore livornese si è stabilito a Firenze da più di dieci anni, di ritorno da un lungo soggiorno a Parigi (quasi 6 anni), metropoli che accoglieva i maggiori artisti e intellettuali del momento. [/b]

Per immergersi nella vita moderna; per imparare, conoscere, e incontrare.

Un’esperienza imprescindibile che gli aveva permesso di entrare in contatto anche con i grandi mercanti d’arte (firmò lì un contratto di quindici anni con Adolphe Goupil), di crescere artisticamente e, soprattutto, di codificare uno stile personale e poetico, e allo stesso tempo aderente al gusto del pubblico. “Vittorio Matteo partecipò al radicale mutamento del panorama artistico, nel momento in cui moriva l’accademia e fioriva invece il mercato” spiega Ilaria Taddei, una dei curatori della mostra che si è aperta pochi giorni fa a Padova, Corcos. I sogni della Belle Epoque.

Di questo passaggio Corcos fece pienamente parte, lui che si era formato all’Accademia di Belle Arti di Napoli, ma che ventunenne aveva poi bussato alla porta della casa parigina di Giuseppe De Nittis, artista affermato ma anche barlettano gioviale, a proprio agio nel bel mondo parigino.

Così Vittorio Corcos diventò uno degli ospiti abituali del salotto di De Nittis, che accoglieva anche Manet, Degas, de Goncourt, Claretie, Hérédia, e Dumas figlio.

Iniziò in questo modo il percorso che lo portò a diventare uno dei protagonisti del racconto della Belle époque, interprete dei sentimenti, delle abitudini, del pensiero, e dei costumi della modernità. Negli anni parigini, dal 1880 alla primavera dell’86, Corcos diventò uno dei pittori più conosciuti, inimitabile “peintre des jolies femmes”, ai cui ritratti dedicava una cura quasi fotografica, indugiando nei particolari dei tessuti, nell’accostamento delle cromie, nel ricamo dei decori, nel disegno di cappellini gonfi ed elaborati, di nastri fra i capelli, fasce drappeggiate a cingere i corpi esili, ombrellini sottili in cotone.

La sua era “una pittura chiara, dolce, liscia, ben finita: la seta, seta, la paglia, paglia, il legno, legno, e le scarpine lucide di copale, lucide come le so fare soltanto io, diceva Corcos” (Cipriano Efisio Oppo, 1948). Ma è anche specchio per sguardi profondi, talvolta sfrontati, sognanti, severi o lascivi.

“In un ritratto quel che conta sono gli occhi; se quelli riescono come voglio, con l’espressione giusta, il resto viene da sé”, soleva dire Corcos.


Sogni

Sono allora gli occhi di Elena, la protagonista di Sogni, dipinto icona fin-de-siècle. Uno sguardo intenso, triste, voluttuoso; occhi che sono quasi una sfida all’osservatore da parte della giovane donna, le cui gambe sono accavallate in una posa disinvolta, al limite della decenza. Secondo il curatore della mostra Fernando Mazzocca, Corcos crea qui, e in numerosi altri ritratti, “un immaginario moderno di femminilità spregiudicata, quasi aggressiva, anticipando le icone dello star system hollywoodiano”.

Con enorme fortuna di pubblico, il pittore si specializzò dunque nel ritratto mondano. Vi raffigurava signore dell’alta borghesia, come la bellissima contessa veneziana Anna Rombo Morosini e la sofisticata Yole Biaggini Moschini, ma anche dive dello spettacolo, come il celebre soprano Lina Cavalieri o la divina Isadora Duncan, e vere teste coronate, come Margherita di Savoia e Maria Josè. E poi dipinse le figlie e gli amici, dalla piccola Memmi alla nipotina Coccolì, da Giosuè Carducci a Jack La Bolina, da Francesco Gioli al critico Yorick, cui dedicò una tela sorprendentemente sincera e allo stesso tempo ironica..........................
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MessaggioTitolo: Re: Pitture del nostro esercito   Pitture del nostro esercito - Pagina 47 Icon_minitimeLun 8 Dic 2014 - 11:00

.... e infine la perla inaspettata (oltre a a "Clelia")

Non mi è mai capitato di vedere tanta diversità fra un quadro visto dal vero e i vari jpeg, ping...che ce lo ripropongono in rete.

Questa differenza diviene abisso "In lettura al mare" (mare di Castigliocello). Un dipinto di grandi dimensioni con i tre giovani vestiti di bianco, il mare azzurro, Lei protagonista indiscussa, colta, con uno sguardo che, vi assicuro, vi penetra come (forse) mai mi è accaduto.

Tutti a vederlo allora? Forse si perchè fa parte di una collezione privata e si può sperare di vederlo in altre mostre in futuro.  

Pitture del nostro esercito - Pagina 47 <a href=Pitture del nostro esercito - Pagina 47 Corcos17" />


Pitture del nostro esercito - Pagina 47 <a href=Pitture del nostro esercito - Pagina 47 Corcos18" />


Commento

In uno spazio senza tempo i tre giovani di In lettura sul mare, dipinto da Vittorio Corcos intorno al 1910, intessano un colloquio negato e silenzioso di immagini, pensieri, idee e ideali che forse si è avviato in loro dalla lettura di alcuni volumi dalla copertina gialla, sgualcita, perché letti e riletti, per i tipi Flammarion, della medesima edizione che Elena Vecchi, protagonista del quadro Sogni (Roma, Galleria Nazionale di Arte Moderna) teneva appoggiati sulla panchina.

La lettura interrotta è l’incipit di entrambi i quadri, così come l’arte e la letteratura viaggiano affiancate nella poetica dell’artista, autore di poesie, racconti e saggi sul periodico il Marzocco, nel quale la penna onirica e decadente di Gabriele d’Annunzio, oltre scegliere il titolo del giornale, lasciò scritti indimenticabili.

Ed è proprio il clima del Marzocco, delle frequentazioni del vate a Castiglioncello, dove Corcos soggiornava con la moglie Emma Ciabatti, che si respira in questa istantanea pittorica dagli avvolgenti toni madreperlacei.

Il pittore decentra il fuoco prospettico spostando la figura femminile, Ada, figlia di prime nozze della moglie, verso destra, concentrando maggiormente lo sguardo dell’osservatore proprio su di lei, che unica rispetto agli altri ritrattati, si rivolge con piglio sicuro e risoluto agli astanti, prendendosi e pretendendo il ruolo indiscussa di protagonista.

Gli altri due giovani appaiono lontani, quasi estranei alla scena: quello posto sulla sinistra, in impeccabile abito bianco – colore che accomuna l’abbigliamento dei tre protagonisti e che caratterizza la moda della Belle Époque – appare elegantemente sdraiato su una ampio parapetto, intessuto di lapidei decori liberty, e sembra non si sia accorto di nulla, tanto è assorto nella lettura di un libro.

L’altro, seduto con il busto reclinato in avanti e le mani incrociate, appare in uno stato di sospensione – attesa, forse ha appena terminato di ascoltare le interessanti riflessioni della bella Ada o forse sta guardando la costa toscana, immerso in pensieri che non ci è dato sapere e che non ci permetteremmo mai neppure di indagare.

Intanto mentre i tre giovani rimangono e rimarranno per l’eternità accarezzati da quella brezza estiva che si alza quando si avvicina il tramonto e accarezza dolcemente i visi, a noi non rimane che contemplarli aspettando con loro il sopraggiungere della sera, accompagnati dalle parole del sonetto foscoliano: ”e mentre io guardo la tua pace, dorme quello spirto guerrier ch’entro mi rugge”.

http://www.stilearte.it/primi-novecento-la-donna-intellettuale-domina-la-scena/
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MessaggioTitolo: Re: Pitture del nostro esercito   Pitture del nostro esercito - Pagina 47 Icon_minitimeLun 8 Dic 2014 - 12:30

La grande mostra di Hokusai a Parigi

Al Grand Palais, fino al 18 gennaio 2015: saranno esposte oltre 500 opere dell’artista giapponese più conosciuto al mondo


Su segnalazione di due "giovani" membri del team  "francesco1017"  euforico  euforico  euforico , con propaggini giapponesi  shocked  shocked  shocked  shocked  


Dallo scorso primo ottobre fino al 18 gennaio 2015 il Grand Palais di Parigi dedica una grande retrospettiva a Katsushika Hokusai (1760-1849), uno dei più noti e influenti artisti giapponesi del XIX secolo e probabilmente l’artista giapponese più conosciuto al mondo. La mostra raccoglie oltre 500 opere — tra cui stampe, libri, numerosi dipinti inediti e preziosi bozzetti, molti dei quali mai esposti —  che ritraggono paesaggi e scene di vita quotidiana del Giappone tra il XVIII e il XIX secolo, organizzati seguendo cronologicamente i cambiamenti nello stile di Hokusai nel corso di sei diversi periodi della sua vita

Un’intera sezione della mostra è dedicata ai suoi manga (Hokusai manga, “schizzi sparsi di Hokusai”), una raccolta di 15 libricini con circa 4mila xilografie, considerati gli antenati degli attuali fumetti, che raffigurano scene quotidiane: questi disegni, tra ritratti, paesaggi, disegni da manuale, scene corali e caricature, rappresentano un catalogo visivo di costumi, della storia e della vita nel Giappone dell’epoca e furono uno dei primi prodotti artistici non elitari, accessibili anche alle classi più povere della società giapponese.

Hokusai (che in giapponese vuol dire “studio della stella polare”) divenne molto famoso in Europa dopo la sua morte, nel 1849, quando alcune delle sue stampe vennero scoperte poiché usate come carta d’imballaggio per oggetti preziosi spediti dal Giappone. Molti artisti francesi cominciarono ad appassionarsi al suo stile, a collezionare le sue stampe e addirittura a riprodurle o imitarle: tra questi Monet, Van Gogh e Gauguin.

Per capire l’importanza di Hokusai basti pensare alla sua opera più famosa, “La grande onda di Kanagawa”, una xilografia in stile ukiyo-e (un genere di stampa artistica sviluppatasi nel periodo Edo, tra il XVII e il XX secolo), pubblicata la prima volta nel 1832: ukiyo-e vuol dire “immagini del mondo fluttuante”, ed è un termine di derivazione buddista descritto così dallo scrittore giapponese Asai Ryōi: “Contemplare gli spettacoli naturali della luna, della neve, della fioritura dei ciliegi e delle foglie di acero, il gusto di cantare canzoni, bere sakè e provare piacere soltanto nel fluttuare, lungo la corrente del fiume come un secco guscio di zucca”.

La grande onda ispirò anche il compositore francese Claude Debussy, che nel 1905 realizzò tre schizzi sinfonici intitolati La mer: sulla copertina della prima edizione dello spartito c’era proprio una riproduzione della famosa opera di Hokusai.


Onda


Pitture del nostro esercito - Pagina 47 <a href=Pitture del nostro esercito - Pagina 47 Hokusa10" />


Chōshi dans la province de Sōshū


Pitture del nostro esercito - Pagina 47 <a href=Pitture del nostro esercito - Pagina 47 Hokusa11" />


Tableau des moeurs féminines du temps

Pitture del nostro esercito - Pagina 47 <a href=Pitture del nostro esercito - Pagina 47 Hokusa12" />


Longue vue

Pitture del nostro esercito - Pagina 47 <a href=Pitture del nostro esercito - Pagina 47 Hokusa13" />

Vent du sud, ciel clair [le Fuji rouge]

Pitture del nostro esercito - Pagina 47 Hokusa14

http://www.ilpost.it/2014/11/29/hokusai-parigi/
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MessaggioTitolo: Re: Pitture del nostro esercito   Pitture del nostro esercito - Pagina 47 Icon_minitimeLun 8 Dic 2014 - 16:28

Camille Claudel (1864 - 1943) e le sue sculture


La storia della scultrice francese, conosciuta soprattutto per la sua complicata relazione con Rodin e gli anni passati in manicomio: nacque l'8 dicembre di 150 anni fa

Camille Claudel fu una scultrice francese conosciuta per molto tempo non tanto per la sua opera, ma per alcuni episodi della sua vita privata: la complicata relazione con Auguste Rodin, suo maestro, e gli ultimi anni della sua vita trascorsi in un manicomio. Nacque a Villeneuve-sur-Fère l’8 dicembre di 150 anni fa e mentre, ancora oggi, si discute molto dell’i
nfluenza che Rodin ebbe su di lei, troppo poco si riconosce il contributo che ebbe lei sull’arte di lui.

.............................

Camille Rosalie Claudel nacque a Villeneuve-sur-Fère, in Piccardia, da una famiglia borghese e benestante: era la prima di tre figli, ebbe un rapporto molto difficile con la madre (segnata dalla perdita del suo primogenito morto a soli quindici giorni dalla nascita), e iniziò a modellare la terracotta fin da bambina non seguendo un percorso di formazione artistica regolare e dedicandosi da subito ai soggetti viventi (nelle Accademie si iniziava invece dai lunghi esercizi di copia di nature morte).

Le sue sculture venivano cotte dalla cuoca nel forno di casa.

Nel 1881 la famiglia si trasferì a Parigi e per lei fu una grande fortuna: frequentò il Louvre, affittò uno studio con altre tre artiste e iniziò a seguire all’Academié Colarossi le lezioni di Alfred Boucher che fu il suo primo maestro e sostenitore: quando, nel 1883, Boucher decise di partire per l’Italia si fece sostituire nell’insegnamento da Auguste Rodin raccomandandogli in particolar modo proprio Camille.

Nel 1884 Camille Claudel si trasferì nell’atelier di Rodin (che all’epoca aveva ventitrè anni più di lei) posando per lui e aiutandolo nel modellare i piedi e le mani delle sue grandi opere (a quel tempo lo scultore stava lavorando alle Portes de l’Enfer).

Nel 1988 Camille si trasferì dalla casa dei genitori in Boulevard d’Italie dove Rodin aveva aperto un nuovo studio: con lui lavorava e con lui, nel frattempo, aveva iniziato una relazione amorosa. Per Camille furono anni molto importanti: lavorò l’argilla, il gesso, scolpì il marmo, cominciò ad esporre e, soprattutto, grazie all’amante, ebbe la possibilità di frequentare i più grandi artisti che all’epoca si trovavano a Parigi.

Rodin e Camille Claudel viaggiarono molto tra il 1887 e il 1894, ma il loro rapporto iniziò ad entrare in crisi nel 1892: Rodin non dimostrò alcuna intenzione di lasciare la sua compagna, Rose Beuret, dalla quale aveva avuto anche un figlio. Sembra anche che Camille dovette affrontare un aborto. I due rimasero comunque insieme fino al 1898

. In questi anni si inserì il rapporto (che non ebbe però seguito) tra Camille e Claude Debussy (i due si incontrarono nel salotto del poeta Mallarmé). Debussy, nel febbraio del 1891, scrisse a un amico:


«Ah! L’amavo veramente, e in più con un ardore triste poiché sentivo, da segni evidenti, che mai lei avrebbe fatto certi passi che impegnano tutta un’anima e che sempre si manteneva inviolabile a ogni sondaggio sulla solidità del suo cuore! Ora resta da sapere se lei contenesse tutto ciò che io cercavo! E se ciò non fosse il nulla. Malgrado tutto, piango sulla scomparsa del Sogno di questo Sogno».

Gli anni Novanta furono per la scultrice molto fecondi: realizzò infatti alcune delle sue opere più importanti: La Valse, La Petite Châtelaine, Les Causeses, La Vague e L’Âge mûr dove compare la stessa Camille nelle vesti di una delle figure della composizione, l’implorante, una giovane donna in ginocchio che protende le braccia verso un uomo più anziano che, voltato di spalle, si lascia portare via da un’altra donna.

Paul Claudel, fratello di Camille, scrisse:

«Mia sorella Camille, implorante, umiliata, in ginocchio, lei così superba, così orgogliosa mentre ciò che si allontana dalla sua persona, in questo preciso momento, proprio sotto i vostri occhi, è la sua anima».
La predilezione di Camille Claudel furono i soggetti femminili e una scultura di piccole dimensioni. Da qui in poi, però iniziò il suo declino. Rimasta sola dopo la fine della relazione con Rodin, visse in miseria, le sue lettere erano piene di richieste d’aiuto e di anticipi di denaro, venne aiutata economicamente dal padre e molto probabilmente guadagnava dei soldi anche fornendo bozzetti che non essendo firmati non sono mai stati identificati.

Continuò comunque ad esporre e i critici d’arte continuarono a parlare di lei.

Lo stato della sua salute mentale iniziò ad aggravarsi nel 1905: era ossessionata dal furto e dal plagio, immaginava che Rodin la facesse spiare dai suoi assistenti per rubarle le idee e che volesse farle del male, distrusse alcune sue opere e queste idee fisse si trasformarono ben presto in psicosi.      

Sempre più isolata, venne allontanata anche dalla famiglia e il 10 marzo del 1913 venne ricoverata in un istituto vicino a Parigi: vi trascorse trent’anni. Morì il 19 ottobre del 1943. Auguste Rodin era morto 26 anni prima. Da qui, Camille Claudel scrisse lettere, elenchi di oggetti e richieste di aiuto (voleva essere riportata nel paese dove era nata). Ma non scolpì più nulla.

Nel 1938 scrisse al fratello:«… vorrebbero sforzarmi a fare delle sculture, qui all’istituto, e vedendo che non ci riesco, mi si impone un sacco di seccature. Ciò non mi convincerà di certo, al contrario».

Nella stessa lettera scrisse della madre che, pare, fu la principale responsabile del suo lungo internamento, anche quando i medici non lo ritenevano necessario:

«In questo momento, vicino alle feste, penso alla nostra cara mamma. Non l’ho mai più rivista dopo il giorno in cui avete preso la decisione di mandarmi in un manicomio! Penso a quel bel ritratto che le avevo fatto all’ombra del nostro bel giardino. I grandi occhi in cui si leggeva un dolore segreto, lo spirito di rassegnazione che regnava sul suo volto, le mani incrociate sulle ginocchia in totale abbandono: tutto indicava la modestia, il sentimento del dovere portato all’eccesso, tutto questo era proprio la nostra povera mamma. Non ho più rivisto il ritratto (e nemmeno lei). Se per caso ne senti parlare, me lo dirai. Non penso che l’odioso personaggio di cui ti parlo spesso abbia l’audacia di attribuirselo, come altri miei lavori; sarebbe troppo, il ritratto di mia madre…».

Molte opere di Camille Claudel sono esposte al Museo Rodin di Parigi, in una sala a lei dedicata accanto ad alcune sculture di Rodin che lei ispirò
. Su di lei vennero girati due film: il primo nel 1988 diretto da Bruno Nuytten, il secondo nel 2013 del regista francese Bruno Dumont.


http://www.ilpost.it/2014/12/08/camille-claudel-scultura-rodin/


Ultima modifica di francesco1017 il Lun 8 Dic 2014 - 18:36 - modificato 1 volta.
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MessaggioTitolo: Re: Pitture del nostro esercito   Pitture del nostro esercito - Pagina 47 Icon_minitimeLun 8 Dic 2014 - 18:30

Camille Claudel (1864 - 1943)

Pitture del nostro esercito - Pagina 47 <a href=Pitture del nostro esercito - Pagina 47 Claude10" />

Pitture del nostro esercito - Pagina 47 <a href=Pitture del nostro esercito - Pagina 47 Claude11" />


L'età matura


Pitture del nostro esercito - Pagina 47 <a href=Pitture del nostro esercito - Pagina 47 Claude10" />

Dopo la rottura tra Camille Claudel e Rodin, quest'ultimo cercò di aiutare la donna un tempo amata per interposta persona ed ottenne una commissione statale dal direttore delle Belle-Arti. L'Età matura fu commissionata nel 1895 ed esposta nel 1899 ma il bronzo non fu mai commissionato ed il gesso non fu mai consegnato da Camille Claudel. Finalmente, nel 1902, il capitano Tissier commissionò il primo bronzo.

L'insieme evoca l'esitazione di Rodin combattuto tra la sua vecchia amante, che doveva avere la meglio e Camille che, nel tentativo di trattenere l'amato, si protende in avanti.

Al di là della sua storia personale, la scultrice realizza un'opera simbolica che spinge a riflettere sui rapporti umani. Anche la Claudel vi prende parte assumendo le fattezze di un personaggio che l'artista stessa ribattezza L'implorante, sottolineando così il tragico attaccamento al suo destino.

L'uomo alla fine della sua maturità è vertiginosamente trascinato dall'età mentre, senza speranza, tende una mano alla giovinezza. Le figure nude sono avvolte da drappi svolazzanti che mettono ancora più in risalto la rapidità del cammino. Le grandi rette oblique si allontanano rapidamente.

Paul Claudel così diceva:
"Mia sorella Camille, implorante, umiliata, in ginocchio, lei così superba, così orgogliosa mentre ciò che si allontana dalla sua persona, in questo preciso momento, proprio sotto i vostri occhi, è la sua anima".
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MessaggioTitolo: Re: Pitture del nostro esercito   Pitture del nostro esercito - Pagina 47 Icon_minitimeVen 12 Dic 2014 - 16:19

The Frick Collection exhibitions - New York

Masterpieces from the Scottish National Gallery

Sandro Botticelli The Virgin Adoring the Sleeping Christ Child, c.1485

Pitture del nostro esercito - Pagina 47 <a href=Pitture del nostro esercito - Pagina 47 Bottic10" />


John Singer Sargent: Lady Agnew of Lochnaw, 1892

Pitture del nostro esercito - Pagina 47 <a href=Pitture del nostro esercito - Pagina 47 Sargen15" />


Diego Velázquez: An Old Woman Cooking Eggs, 1618

Pitture del nostro esercito - Pagina 47 <a href=Pitture del nostro esercito - Pagina 47 Velyiz10" />

From the Scottish National Gallery come ten outstanding examples of Italian, Spanish, French, English, and Scottish painting.

Spanning five hundred years and representing a range of genres, this selection of some of the finest masterpieces in the world constitutes a mini-anthology of western art. These paintings can be seen in dialogue with each other, as well as with works by the same artists and their contemporaries in the Frick’s permanent collection.

The earliest painting in the show, Sandro Botticelli’s Virgin Adoring the Sleeping Christ Child, executed about 1485, is the first work by the Florentine artist ever to be exhibited at the Frick. Comparison with another, nearly contemporary, image of a figure in rapt meditation in a landscape setting — the Venetian painter Giovanni Bellini’s St. Francis in the Desert in the permanent collection — sets off the distinct manner, technique, and expression of these masters of two different schools.

An enigmatic allegory by El Greco and a virtuoso work by the young Velázquez reveal less familiar aspects of the art of these Spanish Golden Age masters, which is well represented at the Frick. Jean-Antoine Watteau’s extraordinary small-format work Fêtes Vénitiennes of 1718–19 launches a genre that would be developed later in the century by other French Rococo artists, namely Jean-Honoré Fragonard, whose Progress of Love series at the Frick presents on a large scale similarly elegant figures engaged in amorous pursuits. Portraits — both monumental and intimate — by English, Scottish, and American expatriate artists demonstrate the vitality of this genre in the eighteenth and nineteenth centuries. Here, they join works by many of the same artists acquired early in the twentieth century by Henry Clay Frick, one of the first American collectors to respond with enthusiasm to these inventive likenesses.

A comparison of country views by two natives of the same area of Suffolk County, England, born a generation apart — Gainsborough and Constable — shows their common preoccupation with capturing the subtleties of light in oil paint. Although Constable’s technique is distinctly different from his predecessor’s, he responded to his example on a profound level, remarking in a lecture at the Royal Academy: "The landscape of Gainsborough is soothing, tender, and affecting.

The stillness of noon, the depths of twilight, and the dews and pearls of the morning, are all to be found on the canvases of this most benevolent and kind-hearted man. On looking at them we find tears in our eyes, and know not what brings them."
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Manerbio
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MessaggioTitolo: Re: Pitture del nostro esercito   Pitture del nostro esercito - Pagina 47 Icon_minitimeDom 14 Dic 2014 - 17:44

Ciao Francè, macini giù come un treno, complimenti!. inchino
Ieri é mancato un pelo che riuscissi a portare gli amici alla mostra di Padova!
Peccato accidenti mi sarebbe piaciuto davvero, ma sono con degli Unni che capiscon solo di cavalli; infatti nitriscono! Very Happy
Cosa non ti convince nei dipinti di Corcos che hai messo a confronto?
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MessaggioTitolo: Re: Pitture del nostro esercito   Pitture del nostro esercito - Pagina 47 Icon_minitimeDom 14 Dic 2014 - 18:25

Manerbio ha scritto:
Ciao Francè, macini giù come un treno, complimenti!. inchino
Ieri é mancato un pelo che riuscissi a portare gli amici alla mostra di Padova!
Peccato accidenti mi sarebbe piaciuto davvero, ma sono con degli Unni che capiscon solo di cavalli; infatti nitriscono! Very Happy
Cosa non ti convince nei dipinti di Corcos che hai messo a confronto?

Ciaooooo... Non mi ha preso quello che avevo scritto prima. Replicò.

Non trovo punti deboli nei ritratti che ho messo nel blog.

Sono i tre dipinti/ "ritratti" che più ci piacciono, includendo fra i ritratti "leggendo in riva al mare".

Lo sguardo di lei in questo quadro vale la visita, nessuna riproduzione le fa giustizia . Me lo,sono chiesto tante volte . Perché'?

Sarà forse il bianco dei vestiti dei tre ragazzi che crea problemi di colore? Ma solo il mio ingrandimento rende una piccola idea di quel volto.

La sala dei ritratti di nobildonne e' piaciuta di meno, mentre grande e'  la prima sala con un de Nittis e due Fattori, il,ritratto,della moglie e di Garibaldi, magnifici. Li hai  già messi nel blog  inchino

Che bello riaverti nel thread, mi sei mancato !!!  yes
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MessaggioTitolo: Re: Pitture del nostro esercito   Pitture del nostro esercito - Pagina 47 Icon_minitimeGio 18 Dic 2014 - 22:50

Nella Pinacoteca di Brera rivive il Bramante "lombardo"

A cinquecento anni dalla morte, Milano celebra l’artista con una mostra che tratteggia la poliedrica personalità, ricostruisce la lunga permanenza meneghina dell'autore marchigiano e l’impatto che la sua opera ebbe sugli altri artisti.

L’importanza dell’opera di Donato Bramante era già nota ai suoi contemporanei, come testimoniano le parole del Vasari. Rinnovatore nelle arti, continua a stupire anche a cinquecento anni dalla morte avvenuta nel 1514, intorno ai 70.

E’ per questo speciale anniversario che la Pinacoteca di Brera ha deciso di celebrare l'artista con una mostra promossa dal Comune, che ricostruisce il suo lungo soggiorno in Lombardia e a Milano (almeno dal 1477 fino al 1499), e l'impatto che la sua opera ha avuto sugli artisti lombardi.

"La mostra dedicata a Bramante fa parte di un calendario di appuntamenti che caratterizzano un momento davvero speciale per l'offerta che riguarda il patrimonio artistico e cognitivo della nostra città – ha dichiarato Filippo Del Corno, assessore alla Cultura". “Spirito inquieto e ingegnoso”, fu architetto, pittore, poeta e teorico dell'architettura. Ebbe la sua educazione artistica a Urbino, dove poté ammirare Piero della Francesca, Paolo Uccello, Melozzo da Forlì, Francesco di Giorgio, ecc.  


Dalla sua terra natia, le Marche, nel 1477 si spostò a Bergamo, dove dipinse sulla facciata del palazzo dei Priori una serie di filosofi, oggi alla pinacoteca di Brera. Ma la sua attività principale si svolse a Milano, alla corte di Ludovico il Moro.

La mostra propone le tappe essenziali per ripercorrere la formazione dell'artista, e indagare il seguito che la sua attività ebbe, tra gli esponenti delle diverse arti figurative. Le varie sezioni dell'esposizione interagiscono con le opere della collezione permanente della Pinacoteca, e fanno capire quanto l’opera di Bramante segnò il territorio lombardo, in un momento di straordinaria vitalità culturale della corte sforzesca , anche per la presenza di Leonardo da Vinci e del poeta fiorentino Bernardo Bellincioni.

L’esposizione “Bramante a Milano. Le arti in Lombardia 1477-1499”, curata da Sandrina Bandera, Matteo Ceriana, Emanuela Daffra, Mauro Natale e Cristina Quattrini, con Maria Cristina Passoni e Francesca Rossi, ha ricevuto anche il sostegno di Giorgio Armani, che ha risposto al Bando per la ricerca di finanziamenti lanciato dalla Pinacoteca di Brera nel maggio scorso.

Furono molti i protagonisti indiscussi della pittura rinascimentale in Lombardia che furono influenzati dal linguaggio del Bramante,  Vincenzo Foppa, Ambrogio Bergognone, Bramantino e Bernardo Zenale.

L’opera manifesto dell’esibizione è “Il Cristo alla colonna”, dipinto ad olio attribuito al maestro e databile al 1480 -90, considerata il miglior saggio dell’artista in pittura, oltre all’unica tavola conosciuta di Bramante.

Di forte impatto emotivo, presenta una scena struggente di grande tensione psicologica, ricca di dettagli, come la corda che penzola dal collo del Cristo, e il paesaggio in secondo piano minuziosamente ricostruito:  l'estensione degli elementi principali oltre i confini del dipinto e il suggerimento della distanza tra primo piano e sfondo spingono il Cristo ad un contatto diretto con lo spettatore
. La mostra che rimarrà aperta fino al 22 marzo, è allestita secondo il progetto di Corrado Anselmi.

Bramante (1444- 1514)

Bramante, Donato. - Architetto, pittore e teorico dell'architettura (Monte Asdrualdo, ora Fermignano, presso Urbino, 1444. - Roma 1514).

Ebbe la sua educazione artistica con ogni probabilità a Urbino, dove poté ammirare soprattutto L. Laurana, Piero della Francesca, Paolo Uccello, Melozzo da Forlì, Francesco di Giorgio, ecc., e una schiera di mormorar lombardeschi. Nel 1477, a Bergamo, dipinse sulla facciata del palazzo dei Priori una serie di filosofi, oggi alla pinacoteca di Brera.

Ma la sua attività principale si svolse a Milano, alla corte di Ludovico il Moro: disegno di una Prospettiva fantastica (1481) 1), incisa da B. Prevedari; ricostruzione della chiesa di San Satiro (1480 circa-1486S; collaborazione ai lavori del duomo di Pavia (dal 1488), suo disegno per il chiostro della canonica di S. Ambrogio; lavori nel castello ducale di Vigevano (Palazzo forte e la Torre); costruzione della tribuna absidata di Santa Maria delle Grazie.

Nel 1497 viene innalzata la facciata del duomo di Abbiategrasso e, interrotto il chiostro della canonica a Sant'Ambrogio, s'iniziano col suo modello i quattro chiostri conventuali.

Nel 1499 il B. parte per Roma, dove costruisce il chiostro di Santa Maria della Pace (1500-0), sola parte realizzata di un più vasto complesso, l'abside (1509) di Santa Maria del Popolo; e forse collaborò ai lavori del palazzo della Cancelleria e dell'annesso San Lorenzo in Damaso.

Seguono il palazzo dei tribunali, con nell'interno la chiesa di San Biagio alla Pagnotta, ed il palazzo che sarà poi di Raffaello Sanzio. Tra i molti lavori affidati al B. da Giulio II (tracciati edilizî, costruzioni di pubblici edifici, bonifiche, fornitura d'acqua, ecc.), i più importanti sono i lavori della nuova fabbrica di S. Pietro e del Palazzo Vaticano.

Il progetto del B. per S. Pietro, noto da disegni del Sangallo e del Serlio e da una medaglia del Caradosso, rappresentava un edificio a pianta centrale, poliabsidato, con alta cupola retta da un tamburo e fiancheggiato da quattro torri. I lavori per la cupola, iniziati nel 1506, erano giunti nel 1510 fino all'imposta, mentre nel 1512 era terminato il coro provvisorio poligonale. Ma la morte di Giulio II (1513) e del B. li interruppe bruscamente, come pure i lavori del Palazzo Vaticano dove il B. aveva iniziato i due grandi cortili del Belvedere e di S. Damaso.

Il B. è una delle più potenti ed originali personalità del Rinascimento. Innestandosi, a Milano, nella tradizione lombarda permeata di elementi tardo-gotici e toscani, egli la supera ben presto per il suo spiccato senso della monumentalità realizzata attraverso la ritmica ed unitaria articolazione delle masse architettoniche modellate con una raffinata sensibilità per i valori coloristici ed atmosferici.

Questa sua tendenza all'ampio e sereno respiro spaziale, di cui si possono trovare anticipazioni significative nelle costruzioni mantovane di L. B. Alberti, si approfondisce, a Roma, a contatto dell'artista con gli edificî classici da lui intensamente studiati e culmina nel tempietto di San Pietro in Montorio, e soprattutto nel nuovo tempio di San Pietro in Vaticano.

Profonda è stata l'influenza esercitata dal B. sull'architettura del suo tempo; e a lui si collega soprattutto l'arte del Sansovino, del Sanmicheli e del Palladin. Le pitture del B. rivelano una forte disparità di livello tra gli affreschi bergamaschi e le pitture milanesi (gli affreschi con gli Uomini d'arme di casa Panigarola, ora a Brera, e la tavola con il Cristo alla colonna dell'abbazia di Chiaravalle, oggi pure a Brera). Di largo e robusto impianto compositivo, queste pitture rivelano prevalentemente suggestioni di Melozzo da Forlì e del Mantegna.
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MessaggioTitolo: Re: Pitture del nostro esercito   Pitture del nostro esercito - Pagina 47 Icon_minitimeVen 19 Dic 2014 - 9:33

....... continua, Bramante

Tempietto di San Pietro in Montorio, Roma  

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Chiostro del Bramante, Roma

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Cristo alla colonna, Milano

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