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 Pitture del nostro esercito

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Manerbio
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MessaggioTitolo: Re: Pitture del nostro esercito   Pitture del nostro esercito - Pagina 46 Icon_minitimeGio 4 Dic 2014 - 8:21

Pitture del nostro esercito - Pagina 46 Bazill10
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Ma sarà stato un caso?
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MessaggioTitolo: Re: Pitture del nostro esercito   Pitture del nostro esercito - Pagina 46 Icon_minitimeGio 4 Dic 2014 - 10:44

applauso applauso applauso applauso applauso

bella intuizione Smile Smile Smile
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MessaggioTitolo: Re: Pitture del nostro esercito   Pitture del nostro esercito - Pagina 46 Icon_minitimeGio 4 Dic 2014 - 18:43

Hans Memling (1435/40 - 1494)

A Roma arriva Memling, maestro del Rinascimento fiammingo

Nell'agosto del 1494, quando Hans Memling morì, era molto conosciuto in Europa e celebrato nel mondo dell'arte: tutti volevano una sua opera o uno dei suoi celebri ritratti, dall'Inghilterra alla Germania, dall'Italia alla Spagna fino alle Fiandre.

A Bruges, addirittura, dove arrivò per la prima volta nel 1465, era diventato uno dei pittori di punta, ma nonostante all'epoca fosse uno dei più richiesti, a partire dalla metà del XX secolo fu in larga misura declassato al rango di mediocre discepolo del suo presunto maestro, Rogier van der Weyden, il più importante pittore di Bruxelles.

Si pensi che nel 1953, c'era chi lo definiva ancora un 'grande maestro minore', relegandolo così ai margini della prima pittura fiamminga.

Solo cinquecento anni dopo la sua morte, grazie ad una grande mostra in suo onore a Bruges (nel 1994) e alla Frick Collection di New York (nel 2004), venne finalmente riconosciuto come uno dei maggiori pittori fiamminghi del XV secolo.

In questi giorni Roma gli rende omaggio con "Memling, Rinascimento fiammingo", una grande retrospettiva ospitata alle Scuderie del Quirinale fino al 18 gennaio prossimo. Una mostra che è un ritorno ai grandi maestri della Rinascenza, dopo quelle dedicate ad Antonello da Messina e a Giovanni Bellini. Si tratta della prima retrospettiva che l'Italia dedica al grande pittore fiammingo, nonostante nel nostro Paese Memling abbia influenzato artisti come Leonardo, Raffaello, Lotto, Ghirlandaio e tanti altri.

"A Firenze e in altri centri, la pittura italiana era influenzata in misura considerevole dai dipinti fiamminghi importati, e in tale processo le opere di Memling ebbero un ruolo particolarmente importante. È stato un maestro del colore", ha spiegato Till-Horger Borchert, curatore della mostra e del Memling Museum di Bruges, studioso di livello internazionale dell'arte fiamminga del XV secolo.

La mostra si concentra particolarmente sul concetto del rapporto tra Nord e Sud dell'Europa, ma soprattutto su Memling e sui suoi committenti italiani. Cinquanta opere che raccontano storie in grado di dare un contributo significativo alla ricerca sull'artista a livello globale.

(Trittico Pagagnotti, 1480 circa, Madonna in trono col Bambino e due angeli, pannello centrale, Firenze, Galleria degli Uffizi)

Pitture del nostro esercito - Pagina 46 <a href=Pitture del nostro esercito - Pagina 46 Memlin20" />



Nella maggioranza dei casi Memling lavorava su commissione: pale funerarie, dittici e trittici devozionali, dipinti per ispirare i pellegrinaggi spirituali, altari per gli ospedali, ritratti. Come quelli di Jan Van Eyck, i suoi committenti erano abbastanza ricchi da permettersi il meglio che il denaro potesse comprare.

Tutti si affidavano a lui per la creazione di opere che avrebbero tramandato ai posteri la loro devozione e posizione sociale e l disponibilità di Memling a soddisfare i loro desideri, contribuì senz'altro al suo enorme successo. Le primissime opere di Memling vanno collocate fra il 1465, quando acquistò la cittadinanza a Bruges, e il 1473.

A Roma, oltre a capolavori di arte religiosa provenienti dai più importanti musei del mondo, tra cui dittici e trittici ricomposti per la prima volta in occasione della mostra come il Trittico Pagagnotti, il Trittico di Jan Crabbe e il monumentale Trittico della famiglia Moreel.

(Trittico Moreel, I santi Cristoforo, Egidio e Mauro (recto) San Giovanni Battista e San Giorgio (verso), 1484, Bruges, Stedelijke Musea, Groeningemuseum)

Pitture del nostro esercito - Pagina 46 <a href=Pitture del nostro esercito - Pagina 46 Memlin23" />

C'è una magnifica serie di ritratti tra cui Ritratto di giovane proveniente dalle Gallerie dell'Accademia di Venezia e il Ritratto di uomo dalla Royal Collection di Londra (prestito eccezionale della Regina Elisabetta II), uno dei pochi in cui ritroviamo uno sfondo neutro e non un paesaggio.

(Ritratto di giovane, 1475-1480 circa, Royal Collection Trust / HM Queen Elizabeth II)

Pitture del nostro esercito - Pagina 46 <a href=Pitture del nostro esercito - Pagina 46 Memlin24" />

Troverete anche il celeberrimo Ritratto di uomo della Frick Collection di New York, una delle opere più suggestive della sua produzione artistica. La figura maschile rappresentata, di cui si ignora l'identità, si staglia sullo sfondo di un paesaggio pianeggiante e a differenza degli altri suoi dipinti, non lo colloca direttamente nel paesaggio rischiarato dal sole, ma lo pone dinanzi ad una fitta cornice in pietra che separa il soggetto dallo sfondo. Ricorrendo al trompe-l'oeil tanto caro a Jan Van Eyck e a Petrus Christus, conduce il personaggio raffigurato direttamente allo spazio reale dello spettatore.

(Ritratto d'uomo, 1470-1475 circa, New York, The Frick Collection)

Pitture del nostro esercito - Pagina 46 Memlin25

Proprio nella prima sala, c'è il magnifico Ritratto di uomo con moneta romanaproveniente da Anversa, scelto come immagine-simbolo della mostra. Precedentemente attribuito ad Antonello da Messina, è l'unica tra le sue opere in cui il modello - che ritrae l'umanista veneziano Bernando Bembo - rivolge lo sguardo direttamente allo spettatore.

(Ritratto d'uomo con una moneta romana, 1473-1474, Anversa, Koninklijk Museum voor Schone Kunsten)

Pitture del nostro esercito - Pagina 46 <a href=Pitture del nostro esercito - Pagina 46 Memlin19" />

All'epoca erano molto rari i ritratti a donne, ma alla mostra romana troverete Ritratto di donna  che Memling fece ad una certa Sibylla Sambetha che per alcuni rappresenta un dipinto commemorativo, per altri un epitaffio.

(Ritratto di donna, 1480-1485 circa, Collezione Ambasciatore J. William Middendorf II)

Pitture del nostro esercito - Pagina 46 Memlin18

Un'opera da non perdere e da ammirare in tutto il suo splendore, è La passione di Cristo in cui l'artista, attraverso un trattamento coerente della luce e dello spazio, ha creato una narrativa unitaria capace di riconciliare in un'unica immagine gli episodi della Passione. Un dipinto maestoso e particolare anche perchè l'immagine sembra transitare dalla notte al giorno e mantenere uniforme la luminosità del suo paesaggio.

(Passione di Cristo, 1470, Torino, Galleria Sabauda - in mostra fino al 15 novembre)


Pitture del nostro esercito - Pagina 46 <a href=Pitture del nostro esercito - Pagina 46 Memlin22" />[color=#0000cc]

Tra le curiosità da sapere, una sul Ritratto di Benedetto Portinari, conservato a Firenze alla Galleria degli Uffizi, che costituiva il pannello destro di un piccolo trittico devozionale e che raffigura un giovane rampollo di una famiglia di banchieri fiorentini. Le architetture ed i paesaggi del dipinto influenzarono la Monna Lisa di Leonardo e la Dama col liocorno di Raffaello.

In prestito dal Louvre c'è il Trittico della Resurrezione, primo esempio dell'arte italiana nei Paesi Bassi che per raffinatezza decorativa è sempre stato annoverato fra le opere della maturità dell'artista.

(Trittico della Resurrezione, Martirio di san Sebastiano, scomp
arto sinistro, Ascensione, scomparto destro, Parigi, Musée du Louvre, Département des Peintures)
Pitture del nostro esercito - Pagina 46 <a href=Pitture del nostro esercito - Pagina 46 Memlin21" />


Splendida, poi, la Madonna col Bambino in cui la Vergine è rappresentata a mezza figura, con un abito blu e una stola rossa, dietro una balaustra ricoperta da un prezioso tappeto anatolico su cui siede il Bambino nudo che tocca la mela, chiaro rimando al peccato originale che sottolinea la promessa cristiana della redenzione

(Madonna col bambino, 1485, Lisbona, Muse Nacional de Arte Antiga).

Pitture del nostro esercito - Pagina 46 <a href=Pitture del nostro esercito - Pagina 46 Memlin27" />

(Cristo benedicente, 1485, Genova, Musei di Strada Nuova, Palazzo Bianco)

Pitture del nostro esercito - Pagina 46 <a href=Pitture del nostro esercito - Pagina 46 Memlin26" />

.................................................................

http://www.huffingtonpost.it/giuseppe-fantasia/roma-memling-rinascimento-fiammingo_b_5972956.html


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Italy’s Love Affair With Memling

http://www.nytimes.com/2014/12/04/arts/international/italys-love-affair-with-memling.html

When a 16th-century writer declared Hans Memling “the most gifted and excellent painter of the whole Christian world,” he was testifying not only to Memling’s eminence as an artist, but also to the fact that his works were widely known outside his native Flanders. A well-developed international art market enabled Memling, from his base in Bruges, to export his works throughout Christendom.

The Italians became among Memling’s most ardent admirers, with the result that more of his works found their way to Italy than those of any other Flemish painter. As a consequence, Memling had a greater influence on Italian art than any of his Renaissance Flemish contemporaries.

Surprisingly, then, “Memling,” an exhibition through Jan. 18 at the Scuderie del Quirinale in Rome, is the first ever in Italy devoted to the artist. It is also the first to draw on a wealth of recent research into Memling’s Italian patrons and the significant role Italy played in the trajectory of his career. The show, organized by Till-Holger Borchert, chief curator of the Groeningemuseum in Bruges, brings together pieces from 43 collections on both sides of the Atlantic.

A star exhibit was to have been the artist’s “Last Judgment Triptych” from the Muzeum Narodowe in Gdansk, Poland, but political disputes in the country caused the loan of the work to be rescinded just three weeks before the opening of the exhibition.

The triptych was one of the most important commissions of Memling’s early career. It was ordered by Angelo di Jacopo Tani, a Florentine and director of the Medici Bank branch in Bruges from 1450 to 1464, for his family chapel in Fiesole, near Florence. But the ship transporting it to Pisa was intercepted in April 1473 by pirates of the Hanseatic League and the altarpiece was carried away to Gdansk, where it has been ever since. Tani’s attempts to recover the work ended in failure — as has this latest effort to bring the triptych to Italy, even temporarily.

Happily, the other riches on display save this splendid exhibition from being a case of “Hamlet” without the Prince. Among them, in the opening sections of the show on the ground floor, is another large-scale work, the “Moreel Triptych” from the Groeningemuseum.
   

The Moreel family had Italian roots — their original name was Morelli — but by the mid-1400s they were established local magnates. Willem Moreel, who commissioned the altarpiece, had made a fortune through banking and the spice trade and held senior administrative posts in Bruges, including that of burgomaster.

The work is the only surviving private Memling altarpiece commissioned by a local family, and includes images of Willem, his wife Barbara van Vlaedenerbergh, and their five sons and thirteen daughters kneeling in prayer. It is the first group portrait of its kind in Flemish art. The beautiful landscape backdrops of the three panels also feature grand buildings that belonged to the family.

Memling is first documented in Bruges in 1465, when he was granted citizenship there. He was born in Selingenstadt, near Frankfurt, in or around 1440. Tradition has it that he was in the studio of the great Rogier van der Wyden in Brussels, but Memling’s early work, as the scholar Barbara G. Lane points out in the catalog, seems to be even more influenced by Jan van Eyck and Petrus Christus. The latter was still working in Bruges until his death there in 1475 or 1476.


The young Memling’s success owed much to his skill in capturing the likenesses of his subjects, both in small portraits and in his altarpiece depictions of patrons and their families. The exhibition opens with portraits of a man and a woman; the male portrait is generally agreed to be of the Venetian diplomat Bernardo Bembo, father of the famous humanist Pietro Bembo.

The landscape backdrop of the Bembo portrait was of a kind that proved very popular with Italian patrons, among both those visiting Bruges on business and long-established residents in the banking and merchant trades. As this and other examples on the ground floor of the show illustrate, the arrival of these Flemish landscape views had an immense influence on Italian artists, not least of them Leonardo da Vinci (in the background, for example, of the “Mona Lisa”), Perugino, Raphael, Fra Bartolomeo, Fillipinno Lippi and the Venetian Giovanni Bellini.

No less influential were Memling’s three-quarter-angle view of the sitter’s face and his placing of the hands in the foreground, giving the illusion that the subject partly projected beyond the surface of the picture.

Flemish painters were considerably less constrained in the depiction of the female nude at this period, as is demonstrated on the second floor’s opening section devoted to Memling’s smaller “Devotional Images.” A set of these panels from the Musée des Beaux-Arts in Strasbourg, France, probably originally commissioned by a Bolognese merchant, include a full-frontal view of a comely nude from around 1485 — possibly representing the sins of vanity, voluptuousness or luxury — of a type that stimulated the likes of Giovanni Bellini to produce images of unclothed females with only perfunctory mythological or moralistic references.

By the 1480s, Memling was established as the leading artist in Bruges and the most favored by Italian patrons. His success encouraged the emergence of a number of highly accomplished painters in the same style, as yet not identified by name, such as the Master of the Legend of St. Ursula, the Master of the Legend of St. Lucy and the Master of the Legend of St. Catherine, whose works were also exported and bought by Italian clients. Some fine examples of these that remain in Italian collections are on display here.

Although, after establishing himself in Bruges, Memling seems to have traveled little, the constant exchanges between the city — the most important trading center in Northern Europe — and all of Italy’s major cities must have given the painter ample opportunity to see Italian prints, drawings and even paintings. Memling was the first Flemish artist to include Italian Renaissance motifs in his works, such as putti, or cupids, atop pillars and arches, supporting swags of greenery and fruit; gilded statues; and decorative palmettes, which he artfully integrated into his typically gothic architectural schemes.

A classic example of these stylistic innovations is the “Pagagnotti Triptych” from the Uffizi Gallery in Florence, which belonged to the Florentine scholar and bishop Benedetto Paganotti. It was probably commissioned by his businessman nephew Paolo, who also ordered a (presumably cheaper) triptych for himself from the Master of the Legend of St. Ursula, the now-divided elements of which have been brought together for this exhibition from Cherbourg-Octeville, France; New York; and Fiesole.

In the final room of the show there is a remarkable juxtaposition of Memling’s powerful “Christ Crowned with Thorns” of 1485, from a private collection in Britain, and a meticulous copy by Domenico Ghirlandaio, from a collection in Philadelphia. So exact was the Florentine artist’s tribute copy that it was long thought to have been painted by Memling himself.
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MessaggioTitolo: Re: Pitture del nostro esercito   Pitture del nostro esercito - Pagina 46 Icon_minitimeGio 4 Dic 2014 - 21:22

..........Memling

Memling e i banchieri devoti


​Warburg, che all’arte fiamminga del XV secolo dedicò più di uno studio, aveva visto negli arazzi “alla franzese” e nei “panni dipinti”, che con lenticolare realismo impreziosivano le iconografie di questa pittura, un fattore per così dire d’inquinamento di quella idea di purezza eroica, di potente verità, che aveva reso grande l’arte greca più antica, quella arcaica, con le sue forme in tutto corrispondenti alla forza vitale e all’impulso dionisiaco (che lo storico riconduce alle  pathosformeln ovvero alle formule del pathos).

Era, per Warburg, un riflusso di medioevo “oscurantista”, ovvero la dissimulazione, sotto vesti false, dei timori che la Chiesa nutriva verso i sentimenti vitali dell’uomo che Warburg vedeva espressi nel paganesimo.

Il Rinascimento era stata la possibilità di scrollarsi di dosso queste incrostazioni che, secondo lo storico tedesco, costituivano una forma di repressione religiosa dell’impulso vitale, ma la pittura che spopolava nelle Fiandre e arrivava sulla Penisola grazie all’opera dei mercanti fiorentini, condizionò artisti italiani come Botticelli, annacquando quella riscoperta dell’antico  che avrebbe messo a nudo nell’arte l’arcaica mistica vitale o un presunto vitalismo originario.

I mercanti fiorentini non erano parvenu: avevano una cultura solida, spesso erano banchieri e recandosi nelle Fiandre,  venivano sedotti dalla virtuosistica e raffinata pittura dei van Eyck, van der Weyden, Memling & Co. Si sviluppò così un florido mercato di commissioni e di scambi culturali che favorì anche il soggiorno di questi artisti nella Penisola. Warburg colse le influenze dello stile “alla franzese” in Botticelli, in Ghirlandaio e altri artisti fiorentini, e, sulla scorta del pensiero di Nietzsche, tentò uno “smascheramento”.

Oggi questa lezione di Warburg è letta più come un modo di pensare del suo tempo, e infatti nella mostra che le Scuderie del Quirinale dedicano ad Hans Memling, il suo nome compare piuttosto avanti nel catalogo (Skira). Non vi accenna, nel suo inquadramento biografico e artistico, Barbara Lane, e nemmeno Paula Nuttall che pure parla di Memling e la pittura italiana; va meglio nel saggio di Federica Veratelli (sui clienti italiani di Memling), ma bisogna attendere il saggio di Till-Holger Borchert (curatore della mostra), perché si dica che Warburg aveva messo in luce come l’arrivo in Italia della pittura fiamminga fosse una contestazione del primato fiorentino nel progresso delle arti postulato da Vasari.

Memling è il campione di questa “apoteosi” fiamminga in Italia. Fu il più richiesto dai nostri facoltosi mercanti e banchieri. E realizzò numerose opere, fra cui il Trittico del Giudizio Universale per Angelo Tani (che però non arrivò mai a Firenze, perché la nave che lo trasportava venne dirottata a Danzica dal corsaro Paul Benecke).

Questa mostra è la prima retrospettiva di peso che sia stata realizzata in Italia (il che è curioso, se si pensa alla fortuna che ebbe il pittore da noi). È dunque una occasione importante per capire.

Una buona parte della ritrattistica di Memling è pienamente inserita nella mentalità indotta dalla devotio moderna, che affonda le radici nel XIV secolo a partire dall’opera del predicatore olandese Geert Groote, nato e morto a Deventer, da cui anche la celebre definizione di Fratelli della vita comune di Deventer.

In uno dei Dialoghi romani di Francisco de Holanda, Vittoria Colonna fa notare a Michelangelo che «il dipingere di Fiandra... mi sembra più devoto che il modo italiano».

La ritrattistica influenzata dalla devotio moderna ha caratteri precisi: il personaggio è visto di tre quarti, lo sguardo fisso come in meditazione o contemplazione, talvolta è inginocchiato, le mani congiunte nella preghiera (come le due ante del Trittico con le figure di Tani e della moglie Caterina in preghiera, o i ritratti di Willem Moreel e Barbara van Vlaenderbergh e quello di Benedetto Portinari che le congiunge sopra il libro di preghiere aperto).

Le mani nella ritrattistica di Memling hanno sempre una valenza duplice: esprimono un sentimento preciso, anche simbolico, ma sono nondimeno il dispositivo che deve stabilire un ponte con lo spettatore, vedi i vari ritratti d’uomo dove la mano gioca sempre il ruolo di “arpione” visivo che aggancia lo spazio dello spettatore avvicinandolo al quadro (cosa assai poco frequente all’epoca nella ritrattistica fiorentina che presenta spesso i personaggi di profilo).

La mostra offre molti spunti che qui non si possono neppure accennare, per esempio l’elaborazione paesaggistica di Memling (che ha influenza sul Perugino, sul Bellini e altri), la costruzione prospettica che varia d’ambientazione ma mantiene quella simmetria e centralità che esprime una valenza mistica, in particolare nei dipinti della Madonna col Bambino, pur conservando un tono narrativo che si dipana quasi come un caleidoscopio scenico.

In Memling, le figure della devozione – notevole il confronto tra il suo Cristo benedicente e quello del Ghirlandaio (che lo riproduce tale e quale), dove il primo vive dell’intensa poesia della luce che ammorbidisce le forme assorbendole in un realismo mistico che porta lo spettatore a condividere il mistero della Passione e del sacrificio di Cristo, mentre l’altro si risolve,  con l’indurimento delle forme, in una mera immagine sacra –, hanno dentro uno spirito di pulizia formale che sembra richiamarsi proprio al valore dell’“umiltà” che risuona come comandamento principe del credente che segue i dettami della devotio moderna.

E questo è interessante per rileggere anche le analisi di Warburg, il quale, guidato dal suo sogno “greco” e probabilmente poco interessato alla devozione scaturita da Deventer, che pure aveva permeato l’Europa rinascimentale, forse non seppe vedere in alcune scelte formali dei pittori fiamminghi l’adesione al gusto di quell’“aristocrazia mercantile” (come la definisce Federica Veratelli) incarnata dai banchieri italiani, ma, nello stesso tempo – certamente in Memling, ma anche in van der Weyden (da cui, come ricorda la Lane, non è certo che sia stato a bottega, come sosteneva Vasari) e Peter Christus –, l’affermazione subliminale di quella umiltà che è anche una critica alla mondana vanità e alle diverse forme di orgoglio che tentano gli uomini, tanto più se sono ricchi.

Qualche anno prima di morire, Rosario Assunto pubblicò un breve saggio dove sosteneva che l’unica “civiltà dell’immagine“ che potesse dirsi tale non era la nostra, dove si manifesta piuttosto un odio o una ossessione dell’immagine, bensì quella dei mercanti olandesi del Seicento, che nella pittura si specchiarono e vollero diffondere in Europa l’immagine della loro ricchezza e potenza economica. Sulla scorta di Assunto potremmo dire che quella “civiltà dell’immagine” fu tentata, quasi due secoli prima, dai mercanti fiorentini che si recavano nelle Fiandre per commerciare le loro stoffe.

E Memling, come gli altri fiamminghi del suo tempo, pur non realizzando quell’immagine certo ci hanno lasciato con la loro pittura il sentimento e l’aspirazione di quella “aristocrazia mercantile” (che, proiettata oggi, sembra un mondo di marziani).

Fonte: http://www.avvenire.it/Cultura/Pagine/memling-e-i-banchieri-devoti.aspx
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MessaggioTitolo: Re: Pitture del nostro esercito   Pitture del nostro esercito - Pagina 46 Icon_minitimeVen 5 Dic 2014 - 16:15


Claude Monet - Ponte a Dolceacqua (Imperia)  


Dolceacqua (Imperia) - Fra  Borghi più belli d'Italia

Pitture del nostro esercito - Pagina 46 <a href=Pitture del nostro esercito - Pagina 46 Dolcea11" />


Claude Monet - Dolceacqua Bridge
(conservato al Louvre, ma non esposto)

Pitture del nostro esercito - Pagina 46 <a href=Pitture del nostro esercito - Pagina 46 Dolcea12" />

A partire dalla seconda metà dell’Ottocento Bordighera e i suoi dintorni divennero meta privilegiata di numerosi artisti, letterati e studiosi di tutta Europa, che vi soggiornarono volentieri e talvolta vi stabilirono la loro residenza. L’ambiente naturale era molto attraente ed apprezzato per la vegetazione spontanea particolarmente rigogliosa, grazie alle numerose sorgenti d’acqua. Dall’Arziglia alle colline intorno alla Via Romana l’ambiente tipicamente rurale si stava trasformando, con il sorgere di lussuose ville ed imponenti alberghi signorili circondati da splendidi giardini e frequentati dalla nobiltà di tutta Europa.

Claude Monet, in compagnia dell’amico Auguste Renoir, nel dicembre 1883 fece un breve viaggio esplorativo lungo la costa ligure e il Sud della Francia.

«Tutto è mirabile, e ogni giorno la campagna è più bella, ed io sono stregato dal paese. Qui tutto è bellezza e il tempo è superbo»
, così scriveva Claude Monet nel 1884 all’amico e gallerista parigino Durand-Ruel.

Monet era a Bordighera, dove arrivò il 18 gennaio e da cui ripartì il 3 aprile. Soggiornò alla “Pension Anglaise” e rimase 79 giorni: meno di tre mesi che hanno rappresentato per Monet una fonte inesauribile di ispirazione e per la riviera dei Fiori la memoria di un passaggio incancellabile.....

..... reso eterno dalle tele in cui l’artista dipinse Bordighera e poi Dolceacqua, il borgo medievale che visitò in una giornata per lui memorabile: «Abbiamo compiuto una escursione meravigliosa. Partiti in carrozza di buonora abbiamo raggiunto un villaggio della Val Nervia straordinariamente pittoresco. Intenzionati a ritornare a Bordighera a piedi lungo un percorso collinare…sfortunatamente non potrò mai raccontare le meraviglie che ho visto durante il ritorno attraverso dei quadri a causa delle difficoltà che dovrei affrontare per ritornarvi a dipingere»; in questo caso Monet si sbagliò, perché la sua memoria lo convinse a lasciare un'impronta: il quadro “Il ponte e il castello”

Il viaggiatore di oggi, seguendo le orme di Monet, rimane colpito da una circostanza: quel mondo, che aveva colpito l’immaginazione e il cuore di Claude Monet, non è cambiato. Un secolo e un quarto non hanno stravolto Bordighera e neppure Dolceacqua. Il Giardino Moreno di Bordighera, che Monet definiva “fantasmagorico” dove «tutte le piante delluniverso sembrano crescervi spontaneamente». E’ ancora parzialmente visibile tra via Romana e via Tumiati, lungo il sentiero del Beodo, negli attuali Giardini Monet, nei giardini di Villa Palmizi e Villa Schiva, dove svetta fino a più di trenta metri un superbo “pinus canariensis”, ritenuto il più alto dEuropa. Moreno, commerciante dolio, agente consolare di Francia era diventato amico dell’artista: «decisamente un uomo delizioso…sono rientrato carico di fiori, darance, di mandarini, di limoni dolci che sono deliziosi a mangiarli».

A Bordighera, Monet era estasiato dal “mare blu”, dalle palme esotiche e lesuberante vegetazione. Forse troppo: «vorrei fare degli aranci e dei limoni che si stagliano contro il mare azzurro, non riesco a trovarli come voglio. Quanto allazzurro del mare e del cielo è impossibile».

In quei 79 giorni Monet ritrae la via Romana e la città vecchia vista da lontano, dallalto della Torre dei Mostaccini e il Vallone del Sasso.

Durante quel soggiorno realizzò 38 dipinti, la maggior parte a Bordighera, altri a Sasso, e Vallebona e quattro a Dolceacqua che raggiunse la prima volta in una fredda mattina del 17 di febbraio 1884 in carrozza in compagnia di alcuni signori inglesi conosciuti nella pensione dove soggiornava
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MessaggioTitolo: Re: Pitture del nostro esercito   Pitture del nostro esercito - Pagina 46 Icon_minitimeVen 5 Dic 2014 - 20:35

Claude Monet, da Dolceacqua a Bordighera

"Tutto è mirabile, e ogni giorno la campagna è più bella, ed io sono stregato dal paese" scrive Claude Monet nel 1884 al suo mercante parigino Durand-Ruel.

Gli scrive da Bordighera, dove è arrivato il 18 gennaio. Monet abita alla Pension Anglaise; qui pensa di realizzare cose interessanti giacché "qui tutto è bellezza e il tempo è superbo". Lavora "en plein air", cercando di catturare su tela la magia dei colori.

Lo colpiscono il "mare blu", le palme esotiche e l'esuberante vegetazione del Giardino Moreno (*)  del quale dice "un giardino come quello non rassomiglia a niente, è semplicemente fantasmagorico, tutte le piante dell'universo sembrano crescervi spontaneamente".

E' spesso inquieto e insoddisfatto: " Vorrei fare degli aranci e dei limoni che si stagliano contro il mare azzurro, non riesco a trovarli come voglio. Quanto all'azzurro del mare e del cielo è impossibile".

Ritrae la Via Romana e la Città Vecchia vista da lontano, dall'alto della Torre dei Mostaccini e il Vallone del Sasso.

(*) Parte del Giardino Moreno sopravvive, oggi,  nei giardini di Villa Palmizi, di Villa Schiva – sull’antica Via Romana – e in quello dell’attuale Villa Mariani, alle spalle del centro storico.

Monet lascia Bordighera il 3 aprile.

In settantanove giorni il maestro dell'impressionismo ha dipinto oltre cinquanta tele. Straordinaria memoria di un magico incontro.

Recentemente la città di Bordighera ha intitolato a Claude Monet dei giardini, parte dei Giardini Moreno ora scomparsi.

Le ville a Bordighera

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Questa pittura è la più evidente testimonianza della scoperta della regione mediterranea da parte di Monet durante il suo soggiorno in Italia nel 1884. La tela, tuttavia, fu realizzata nella bottega di Giverny da un quadro, di dimensioni più ridotte, dipinto sul posto (Ville a Bordighera, The Santa Barbara Museum of Art).

Con questa tela, Monet desidera realizzare un grande pannello decorativo destinato al salotto di Berthe Morisot.

All'inizio dell'anno 1884, la pittrice annuncia alla sorella Edma : "Comincio ad entrare in intimità con i miei colleghi impressionisti. Monet vuole ad ogni costo regalarmi un pannello per il mio salotto. Puoi immaginare quanto tutto questo mi faccia piacere".

Quest'opera esprime la luminosità mediterranea e il fascino che la natura di questa regione esercita sul pittore.

Monet raffigura in questa tela il giardino del Sig. Moreno un luogo che, l'artista stesso, definisce come un "paradiso terrestre" "una tenuta senza uguali [...] un giardino come questo non si è mai visto prima, è pura magia, qui cresce a piena terra e senza nemmeno essere curata ogni tipo di pianta esistente al mondo: il giardino è un insieme eterogeneo di tutte le varietà di palme...". ( lettera ad Alice Hoschedé, 5 febbraio 1884).

Il quadro Le Ville a Bordighera è emblematico dei vari aspetti dell'arte di Monet. In esso è presente, in primo luogo, questo grande formato quasi quadrato, sovente utilizzato dal pittore quando si esprime nell'ambito decorativo. La riproduzione, nel chiuso della sua bottega, di un motivo studiato sul posto a Bordighera, preannuncia la pratica che l'artista adotterà di lì a poco per le"serie".

Bordighera Alta vista dal giardino di Villa Mariani

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......la vista, oggi

Pitture del nostro esercito - Pagina 46 Monet_14

.....e l'ulivo Monet

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((mia nota: se siete nei paraggi, fate un salto a Villa Mariani, si respira una atmosfera particolare. Ci fu detto: "venite qui, è il medesimo punto dove Monet dipinse l'ulivo....."

Capite che non capita spesso .E poi Bordighera e Bordighera Alta sono davvero belle)).


Il parco che circonda Villa Mariani è una propaggine  del noto giardino Moreno, dove nel 1884 dipinse Claude Monet.

Recenti ricerche hanno individuato esattamente tre punti del parco dai quali Claude Monet eseguì tre dipinti:

Vedute di Ventimiglia (1884),
Studio di piante di ulivo (1884),
Giardino a Bordighera, Impressioni del mattino (1884).[/b]
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MessaggioTitolo: Re: Pitture del nostro esercito   Pitture del nostro esercito - Pagina 46 Icon_minitimeDom 7 Dic 2014 - 18:23

Amico mio, complimenti vivissimi stai facendo un lavoro superlativo.inchino
Bellissimo report su Monet a Bordighera. Rolling Eyes
Io mai stato. Sad  
Un saluto a tutti gli amici
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MessaggioTitolo: Re: Pitture del nostro esercito   Pitture del nostro esercito - Pagina 46 Icon_minitimeDom 7 Dic 2014 - 22:01

Manerbio ha scritto:
Amico mio, complimenti vivissimi stai facendo un lavoro superlativo.inchino
Bellissimo report su Monet a Bordighera. Rolling Eyes
Io mai stato. Sad  
Un saluto a tutti gli amici


Ciao e grazie sincere.

E' uno dei più bei ricordi dei viaggi con il mio sfortunato amico, che conosceva il direttore/presidente della Fondazione Pompeo Mariani. Nei giardini della villa del pittore italiano, il nostro ospite  scambiava dotte info con l'amico pittore e intanto ci accompagnava per il giardino: questo è lo scorcio del quadro X.............

Che  bel ricordo, molto personale.

Ti/vi dico un particolare che avevo omesso:  sai che il Ponte a Dolceacqua di Monet non è esposto e quindi è  pressochè "invisibile" ai più. Come se non esistesse.

Una signora che incontrammo al castello di Dolceacqua (curava una iniziativa culturale locale che non ricordo)  ci raccontò che andò al Louvre e raccontò ad un funzionario che  lei veniva in visita a Parigi da Dolceacqua, dove Monet, ecc ecc. e chiese se poteva vedere il dipinto.

Bene, la portarono a vedere l'opera, grandissima emozione ...... si riteneva fortunatissima per il raro evento.

Quando passi sopra quel bel ponte come fai a non pensare a Monet, e cosi quando passeggi nel giardino  sopra la bella Bordighera.  
..............

Siamo andati per 3 anni in primavera a Bordighera: è  una posizione strategica perchè, oltre alle cose che hai letto, ad un tiro di schioppo c'è la provenza/costa azzurra....Matisse, Picasso, Monet, Bonnard, Van Gogh.....

Dimentica la Costa Azzurra modaiola e mettila nei tuoi piani di vacanza yes yes yes  

Rimanendo alla  sola Liguria, quella parte costiera, con l'aggiunta di Dolceacqua ed Apricale, è davvero bella e la contaminazione con la pittura la rende ancor  più affascinante.  Merita.

PS:

Ho un  piccola news  per te Smile e i fan shocked di questo thread; meno piccola per me,  ma forse la metto domani mattina..... sono un pò stanco


Ultima modifica di francesco1017 il Dom 7 Dic 2014 - 22:13 - modificato 2 volte.
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MessaggioTitolo: Re: Pitture del nostro esercito   Pitture del nostro esercito - Pagina 46 Icon_minitimeDom 7 Dic 2014 - 22:02

Manerbio ha scritto:
Amico mio, complimenti vivissimi stai facendo un lavoro superlativo.inchino
Bellissimo report su Monet a Bordighera. Rolling Eyes
Io mai stato. Sad  
Un saluto a tutti gli amici

............................
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MessaggioTitolo: Re: Pitture del nostro esercito   Pitture del nostro esercito - Pagina 46 Icon_minitimeLun 8 Dic 2014 - 10:21

......................Contano gli occhi

(il nome dell'artista?

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Paolina Clelia Silvia Bondi
Pitture del nostro esercito - Pagina 46 <a href=Pitture del nostro esercito - Pagina 46 Corcos12" />


Un confronto (tecnicamente impeccabile?  No  No   Sad  )

Pitture del nostro esercito - Pagina 46 <a href=Pitture del nostro esercito - Pagina 46 Corcos13" />


......proviamo a rimediare


Pitture del nostro esercito - Pagina 46 <a href=Pitture del nostro esercito - Pagina 46 Corcos14" />


............e per una conferma che "c'eravamo"   euforico  euforico  euforico

Palazzo Zabarella, Padova

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MessaggioTitolo: Re: Pitture del nostro esercito   Pitture del nostro esercito - Pagina 46 Icon_minitime

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