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MessaggioTitolo: Re: Fotografie del nostro esercito.   Fotografie del nostro esercito. - Pagina 26 Icon_minitimeSab 8 Nov 2014 - 7:26

mauroe ha scritto:
Non so se siete già stati a S. Fruttuoso ma merita veramente.

Unica via di accesso dal mare. (Esiste anche la possibilità di accesso per via terra con sentieri poco agevoli)

http://www.visitfai.it/dimore/sanfruttuoso/dimora

http://www.sanfruttuoso.eu/toc.htm
http://www.fondoambiente.it/Cosa-facciamo/Index.aspx?q=abbazia-di-san-fruttuoso-bene-fai

Ciao, mauro Smile

Mi manca Sad

Sono originario di Massa e le gite alla costa ligure di Levante erano una costante , comprese Portovenere e le Cinque Terre....ma non ho mai visto la bellissima san fruttuoso.
Scenari diversi, ma Triora, Bussana, Aaricale, Dolceacqua, Perinaldo...... mi hanno trasmesso qualcosa di speciale...e non ricordo tutto. Ero stato consigliato sulla bellezza dello entroterra, sennò chi ci sarebbe andato?
In quale città della Liguria vivi? In vacanza, negli ultimi anni, facevo base a Bordighera, molto bella.
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MessaggioTitolo: Re: Fotografie del nostro esercito.   Fotografie del nostro esercito. - Pagina 26 Icon_minitimeDom 9 Nov 2014 - 7:59

I grandi della fotografia : ALFRED STIEGLITZ

L'amico Roberto mi ha parlato del padre della moderna fotografia americana.

Avevo visto, su la 7d, un film sulla storia della pittrice americana Georgia O’Keeffe che gli fu compagna e che gli sopravvisse, contribuendo a raccogliere e donare ai musei americani le opere del maestro .

Di passaggio, dicevo a Roberto che la storia mi ricordava la vicenda tormentata della pittrice Frida Kalo e del suo compagno Diego Rivera, pittore e moralista messicano
.


..................................................................................
MAESTRI DELLO SGUARDO: ALFRED STIEGLITZ

....Ha rivoluzionato il modo di concepire la fotografia, con scatti che sono «equivalenti» di quel che si muove in lui. Come davanti a quell'uomo che abbevera i cavalli nella notte di New York. «Era la solitudine ad avermelo fatto vedere…»

«Che volto, e che mani... Quando aprì la bocca, le mie guance si riempirono di lacrime. Non so perché. Quella donna mi afferrò completamente: anche quando stava in silenzio sembrava corrispondermi in ogni cosa». Nell’inverno del 1893, Alfred Stieglitz è tornato da poco a New York dopo esser stato nove anni in Europa. Una sera entra in un teatro dove rappresentano La signora delle camelie di Alexandre Dumas. Protagonista: Eleonora Duse, la Divina. «Sentii, per la prima volta da quando ero tornato, che c’era di nuovo un contatto tra me e il mio Paese. Se negli Stati Uniti ci fossero state più cose come quella donna e quella pièce, il Paese sarebbe stato più sopportabile».

Pochi giorni dopo Stieglitz scatta una delle sue immagini più celebri, The Terminal.

«Per terra c’era la neve. Un cocchiere in impermeabile dava da bere ai suoi cavalli fumanti. Sembrava ci fosse qualcosa di strettamente legato al sentimento profondo per ciò che avevo visto qualche sera prima a teatro. Decisi allora di fotografare ciò che c’era dentro di me. I cavalli che fumavano e la solitudine che provavo nel mio Paese, tra la mia stessa gente, sembravano, in qualche modo, legati a quel che avevo provato vedendo la Duse ne La signora delle camelie. Ho pensato a che fortuna avevano quei cavalli ad avere almeno un uomo che gli dava da bere. Ed era la solitudine ad avermi fatto vedere quell’uomo».

Alfred Stieglitz è una delle personalità chiave della storia della fotografia.

Qui ne parleremo soprattutto come artista, ma la sua figura è quella di un intellettuale a tutto tondo: editore, gallerista, teorico e critico. Al suo nome è legata la rivista di fotografia d’arte Camera Work e la galleria 291. La prima fece conoscere agli americani un modo nuovo di intendere la fotografia, sia a livello tecnico sia a livello tematico.

La seconda mostrò, in alcuni casi per la prima volta negli Stati Uniti, artisti europei come Auguste Rodin, Paul Cézanne, Henri Rousseau, Pablo Picasso, Henri Matisse, Costantin Brâncusi e George Braque.

Alfred Stieglitz nasce nel 1864 a Hoboken, nel New Jersey, da una famiglia tedesca. Studia Ingegneria meccanica al Politecnico di Berlino dove, per la prima volta, prende in mano una macchina fotografica. Quando torna negli Stati Uniti è già un fotografo stimato e premiato nell’ambito dei cosiddetti “pittorialisti”. La fotografia, da subito, inizia a entrare in competizione con quella che fino ad allora era stata l’arte per eccellenza: la pittura. I pittori sono sotto scacco e il loro astro è offuscato dalla fedeltà con cui la nuova tecnologia riproduce la realtà. I fotografi, dal canto loro, sono visti - e si sentono - meno “artisti”, perché si affidano a un mezzo meccanico che sembra non prevedere alcun tipo di abilità manuale. Prima ancora che un dibattito tra critici, si tratta di un dramma che scuote le vite di pittori e fotografi. I primi si domanderanno qual è il vero scopo del loro impegno e i secondi cercheranno di dimostrare in che senso la loro può essere considerata arte.

La carriera di Stieglitz inizia in un momento in cui la tentazione di chi, da fotografo, aveva ambizioni artistiche era quella di imitare i temi e i risultati della pittura (da qui, “pittorialisti”). Erano dilettanti disinteressati alla funzione documentaria della fotografia sulla quale sempre più persone costruivano la propria professione. Dunque: paesaggi, scene di vita quotidiana, ritratti e nature morte. Dal punto di vista tecnico, invece, facevano largo uso dello sfocato e privilegiavano procedimenti di stampa in cui l’intervento della mano del fotografo era riconoscibile. Insomma: prima che fotografi, volevano essere artisti.

Fondando Camera Work, Stieglitz vuole portare il livello di fotografia alla pari con i risultati europei. Tra il 1903 e il 1917 la rivista pubblica immagini di una nuova generazione di fotografi americani di grande talento. Stieglitz battezza il gruppo Photo-Secession, con riferimento alla frattura prodotta in Europa dalla Secessione austriaca e tedesca. Ma a produrre la vera rottura è lui stesso e le sue fotografie.

«Quando riguardo a quei primi giorni, quando il Flatiron era una delle mie passioni, ripenso a mio padre che mi diceva: “Alfred, ma perché fotografi quel palazzo orrendo?”. “Perché, papà? Non è orrendo, quella è la nuova America. Quell’edificio è per il nostro Paese quello che il Partenone è stato per la Grecia”. Mio padre era disgustato. Non aveva visto il lavoro con l’acciaio per tirarlo su, né gli uomini all’immenso cantiere. Non capiva quella struttura magnifica: la leggerezza combinata alla solidità. Ma alla fine, quando gli feci vedere le foto che avevo fatto, disse: “Non riesco a capire come tu sia riuscito a tirar fuori cose così belle da un edificio così brutto”».

I grattacieli di New York resteranno un tema costante durante la carriera di Stieglitz, anche quando il suo ottimismo per il progresso verrà meno. Sono immagini quasi sempre notturne. Senza persone. Riprese frontali dalle finestre dei propri appartamenti. Ombre, finestre illuminate. Riflessi. Pensieri di un nottambulo. Insonnia. «The Flatiron è un’immagine che mostra come Stieglitz intenda la macchina fotografica come un passaporto per una realtà più alta, una forma ideale che produce un senso di rivelazione», spiega lo storico della fotografia Graham Clarke: «L’immagine è offerta come pura presenza. Vi è, per così dire, una qualità poetica della scena, una chiarezza sulla quale si fonda il suo potere come immagine a sé stante. Rimane la fotografia di un solo momento, una condizione unica, ma che il fotografo ha catturato e trasformato attraverso la gamma e la sottigliezza di una stampa in bianco e nero».

La sua immagine più famosa la scatta nel 1907. Con la moglie Emmeline e la figlia Ketty si imbarca sulla prima classe di un transatlantico per un viaggio in Europa. Un giorno si trova sul ponte e vede una scena che lo lascia spellbound, incantato. Un cappello rotondo di paglia, la ciminiera orientata a sinistra, la scaletta a destra, la passerella bianca racchiusa fra due file di catene, un paio di bretelle bianche che s’incrociano sulla schiena di un uomo sul ponte di terza classe. Forme rotonde di congegni di ferro e un albero che taglia il cielo disegnando un triangolo. È la scena di The Steerage, il ponte di terza classe. «Vedevo le forme legate l’una all’altra - un'immagine di forme, e ad essa sottesa, una nuova prospettiva che mi prendeva: le persone semplici, la sensazione delle nave, l’oceano, il cielo. Un senso di liberazione dalla folla dei ricchi. Mi venne alla mente Rembrandt e mi domandavo se si sarebbe sentito come mi sentivo io».

Georgia O’Keeffe è una pittrice, una dei migliori artisti della sua generazione. Incontra Stieglitz nel 1916. Lui inizia a farle dei ritratti. Lei diventerà la sua seconda moglie.

Alla fine saranno oltre 500 le immagini che scatterà di lei. «O’Keeffe resiste al tentativo di Stieglitz di provare a definirla, allo stesso modo in cui resiste ai tentativi di lui di influenzare la sua arte», spiega Clarke: «Eppure rimangono immagini incredibilmente radicali, sia in relazione alla natura del ritratto fotografico sia a come un individuo deve essere rappresentato».

Il corpo della pittrice è ritratto sempre parzialmente: le mani, i piedi, il petto. Nuda o come personaggio (la moglie, l’artista, la compagna, l’amante). Come figura enigmatica, distante o interrogativa. È la personalità intima di Georgia che Stieglitz vuole ritrarre. Conosce quello che avevano fatto i cubisti con la figura umana, ma lo vuole rifare in fotografia.

Non sono gli unici ritratti che realizza. Nel suo studio si susseguono molte personalità del mondo culturale di New York. Chi lo conosce sa quanto sia forte la sua personalità e molti attribuiscono la qualità dei suoi ritratti a una sorta di potere ipnotico. Per dimostrare che non è vero, Stieglitz sceglie soggetti sui quali non poteva esercitare alcuna influenza: il cielo e le nuvole. «Se la mia serie di nubi dipende dalle mie facoltà ipnotiche, mi dichiaro colpevole. Solo alcuni “fotografi pittorialisti”, quando visitano la mostra, sembrano del tutto ciechi a queste opere.

Le mie fotografie sembrano fotografie, e pertanto ai loro occhi non possono essere arte. Come se non avessero la più pallida idea di arte o di fotografia, o una qualsiasi idea sulla vita. Il mio intento è di realizzare fotografie che sembrino sempre più fotografie e che non saranno viste a meno che non si abbiano occhi e si guardi, e che chi le ha viste una volta non le dimentichi mai più».

Dal 1922, per descrivere queste immagini, comincia a usare la parola equivalents. Erano gli equivalenti delle sue «più profonde esperienze di vita». Col tempo iniziò a concepire tutte le proprie immagini come equivalenti. L’arte era questo: l’equivalente di ciò che c’è di più profondo dentro l’animo dell’uomo. Qualcosa di simile aveva pensato T.S. Eliot quando parlava di “correlativo oggettivo”.

Un’immagine che esprime uno stato d’animo in modo molto più efficace e profondo che le parole che di solito si usano per definirlo. «Voglio solamente fare un’immagine di quello che ho visto, non di ciò che significa per me», spiega Stieglitz: «È solo dopo che ho creato l’equivalente di ciò che si muoveva in me che possono iniziare a pensare al suo significato». Di queste immagini la fotografa e critica Doroty Norman dirà: «Ha visto, e sentito, i momenti più fugaci della più fragile e angelica delicatezza, fusi perfettamente con i vertici più profondi, eterni e senza tempo del rapporto che l'uomo ha con tutte le cose dell'universo».

La rottura con il pittorialismo è completa. Si aprono le porte a un nuovo modo di concepire la fotografia d’arte. L’inquadratura, la composizione, l’esposizione, il gioco di luci e di toni di nero. La qualità materiale della stampa, poi, è fondamentale, tanto che Stieglitz non concepisce che le proprie immagini possano essere riprodotte. Tutti questi elementi, che appartengono esclusivamente alla fotografia, diventano l’ambito della ricerca artistica. Lo scopo, poi, è la comunicazione di ciò che le cose suscitano nel profondo dell’animo degli uomini. Come quella solitudine. Davanti al fumo che saliva dai corpi dei cavalli stremati nella notte di New York.

Fonte: tracce.it

Ps: seguiranno foto
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MessaggioTitolo: Re: Fotografie del nostro esercito.   Fotografie del nostro esercito. - Pagina 26 Icon_minitimeDom 9 Nov 2014 - 9:32

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MAESTRI DELLO SGUARDO: ALFRED STIEGLITZ


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Le mani più fotografate al mondo  Georgia O’Keeffe

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La rammendatrice di reti

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Raggi di sole

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Gossip

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Parigi

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Quinta strada, d'inverno

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The steerage (La terza classe)
E  ritenuta  una delle più grandi fotografie di tutti i tempi perché cattura in una singola immagine, sia un documento del tempo sia il primo esempio di "modernismo artistico"

Modernism is a philosophical movement that, along with cultural trends and changes, arose from wide-scale and far-reaching transformations in Western society in the late 19th and early 20th centuries. Among the factors that shaped Modernism were the development of modern industrial societies and the rapid growth of cities, followed then by the horror of World War I. Modernism also rejected the certainty of Enlightenment thinking, and many modernists rejected religious belief

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MessaggioTitolo: Re: Fotografie del nostro esercito.   Fotografie del nostro esercito. - Pagina 26 Icon_minitimeDom 9 Nov 2014 - 10:19

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Ritratto di Georgia O'Keeffe

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Ritratto di Georgia Engelhard (per lei lasciò la O' Keefee che si vendicò. Alla morte dl Stieglitz, escluse Georgia da ogni interesse nella eredità del maestro).


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,,,,,Foto del 1894

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Riflessi di notte - New York

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MessaggioTitolo: Re: Fotografie del nostro esercito.   Fotografie del nostro esercito. - Pagina 26 Icon_minitimeDom 9 Nov 2014 - 20:54

In questi giorni ci può stare anche questa, scattata oggi pomeriggio.

Fotografie del nostro esercito. - Pagina 26 Vantin10

Il cimitero monumentale di Brescia, detto anche "Vantiniano" è il cimitero principale della città. Realizzato attorno al 1813, fu l'opera prima di Rodolfo Vantini. Le leggi napoleoniche vietarono di seppellire i defunti all’interno delle città e a Brescia si decise di portare i morti in un campo fuori dalle mura di San Giovanni (verso porta Milano). Qui le tombe vennero allestite sommariamente cosicché si decise di costruire prima una chiesa e poi nel 1813 viene dato incarico all’architetto Rodolfo Vantini di procedere con un progetto. È un'opera di grandissima importanza poiché fu il primo cimitero monumentale italiano, prototipo di tutti i cimiteri neoclassici dell'800. L'opera impegnò il suo ideatore per tutta la vita.

La cappella centrale è dedicata a san Michele e in linea si trova la grande torre faro con in cima una lanterna di 60 metri di altezza; terminata nel 1864, ospitante la statua di Rodolfo Vantini, realizzata dallo scultore Giovanni Seleroni. L'architetto tedesco Heinrich Strack, dopo averla vista, ne volle realizzare una copia a Berlino, di identiche proporzioni, con una vittoria alata in sommità, inaugurata nel 1873. Confessò infatti di essere rimasto colpito dal capolavoro del Vantini e di non aver saputo creare nulla di più bello.
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mauroe
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MessaggioTitolo: Re: Fotografie del nostro esercito.   Fotografie del nostro esercito. - Pagina 26 Icon_minitimeLun 10 Nov 2014 - 6:01

francesco1017 ha scritto:
mauroe ha scritto:
Non so se siete già stati a S. Fruttuoso ma merita veramente.

Unica via di accesso dal mare. (Esiste anche la possibilità di accesso per via terra con sentieri poco agevoli)

http://www.visitfai.it/dimore/sanfruttuoso/dimora

http://www.sanfruttuoso.eu/toc.htm
http://www.fondoambiente.it/Cosa-facciamo/Index.aspx?q=abbazia-di-san-fruttuoso-bene-fai

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Sono originario di Massa e le gite alla costa ligure di Levante erano una costante , comprese Portovenere e le Cinque Terre....ma non ho mai visto la bellissima san fruttuoso.
Scenari diversi, ma Triora, Bussana, Aaricale, Dolceacqua, Perinaldo...... mi hanno trasmesso qualcosa di speciale...e non ricordo tutto. Ero stato consigliato sulla bellezza dello entroterra, sennò chi ci sarebbe andato?
In quale città della Liguria vivi?
Savona.
ma la Liguria non è soltanto da visitare: è da vivere (per poco o tanto tempo non ha importanza)

Si passa, con meno di mezz'ora di macchina, dal livello del mare a oltre i mille metri: pensa al caldo del livello del mare d'estate ed al fresco dei faggi sul Beigua e sul Melogno oppure al freddo/nebbia dell'entroterra d'inverno ed al sole di una bella giornata d'inverno sulla spiaggia.

Di S. Fruttuoso ho un ricordo bellissimo di gita fuori porta con una persona importante per me.
Ritornerò.

Scusate il campanilismo. Smile Smile   E' la mia Terra.

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MessaggioTitolo: Re: Fotografie del nostro esercito.   Fotografie del nostro esercito. - Pagina 26 Icon_minitimeLun 10 Nov 2014 - 9:17

mauroe ha scritto:
francesco1017 ha scritto:
mauroe ha scritto:
Non so se siete già stati a S. Fruttuoso ma merita veramente.

Unica via di accesso dal mare. (Esiste anche la possibilità di accesso per via terra con sentieri poco agevoli)

http://www.visitfai.it/dimore/sanfruttuoso/dimora

http://www.sanfruttuoso.eu/toc.htm
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Si passa, con meno di mezz'ora di macchina, dal livello del mare a oltre i mille metri: pensa al caldo del livello del mare d'estate ed al fresco dei faggi sul Beigua e sul Melogno oppure al freddo/nebbia dell'entroterra d'inverno ed al sole di una bella giornata d'inverno sulla spiaggia.

Di S. Fruttuoso ho un ricordo bellissimo di gita fuori porta con una persona importante per me.
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Ma che campalinismo; la costa è bellissima, anche se l'uomo ne ha abustato come in altre parti d'Italia; vado sul facile, ma le 5 Terre, ad esempio, erano fra le prime 3/4 mete shocked da visitare in Italia, per alcuni turisti americani che incontrai a Vernazza: "Venezia, Firenze, Roma, 5 Terre". shocked shocked shocked

E il semi-sconosciuto Finalborgo a pochi chilometri dalla nota Finale Ligure e l'accoppiata Dolceacqua e Apricale, o la bellisisima Bordighera e i giardini stupendi disseminati dappertutto fino ai famosi giardini Hanbury a ridosso di Mentone?

Rimane poi la parte interna, molto affascinante e ignota ai più. E tutto in un fazzoletto di terra.

E' la nostra Italia, ragazzi.
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MessaggioTitolo: Re: Fotografie del nostro esercito.   Fotografie del nostro esercito. - Pagina 26 Icon_minitimeLun 10 Nov 2014 - 9:19

mauroe ha scritto:
francesco1017 ha scritto:
mauroe ha scritto:
Non so se siete già stati a S. Fruttuoso ma merita veramente.

Unica via di accesso dal mare. (Esiste anche la possibilità di accesso per via terra con sentieri poco agevoli)

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ma la Liguria non è soltanto da visitare: è da vivere (per poco o tanto tempo non ha importanza)

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MessaggioTitolo: Re: Fotografie del nostro esercito.   Fotografie del nostro esercito. - Pagina 26 Icon_minitimeLun 10 Nov 2014 - 9:20

mauroe ha scritto:
francesco1017 ha scritto:
mauroe ha scritto:
Non so se siete già stati a S. Fruttuoso ma merita veramente.

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MessaggioTitolo: Re: Fotografie del nostro esercito.   Fotografie del nostro esercito. - Pagina 26 Icon_minitimeLun 10 Nov 2014 - 11:05

L'abbraccio all'ulivo da salvare

Gli abitanti del villaggio di Yirca, nella Turchia occidentale, hanno difeso strenuamente gli ulivi secolari, ma le guardie di sicurezza della compagnia elettrica Kolin Group li hanno allontanati con la forza. Un tribunale aveva negato il permesso di distruggere il bosco, ma la sentenza è arrivata troppo tardi

..............alcune anziane hanno abbracciato gli alberi prima che fossero  abbattuti. "Erano i miei figli", ha raccontato una donna di 80 anni.

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