Messina continuadi Riccardo Bocca
Colline
sbancate. Edifici in zone a rischio. Persino una chiesa sulla fiumara.
L'edilizia selvaggia non si è fermata. Anche dopo le 31 vittime di
ottobre Cantiere in zona Panoramica a Messina. Foto di Enrico di Giacomo
VIDEOINCHIESTA L'edilizia
shock
LA
MAPPA Le
zone del dissesto
L'uomo in giaccone piomba all'improvviso nel cantiere con un gruppo
di manovali e urla: "Via di qui! Basta fotografie! È violazione di
domicilio! Adesso chiamo la polizia!". Cammina avanti e indietro
furente, il cinquantenne che chiamano "titolare". Poi afferra il
cellulare e confabula in siciliano stretto; poi ancora ordina ai
suoi uomini di cacciare gli intrusi: "Cortesemente sbattiamoli
fuori!", strilla un paio di volte. E gli operai stanno per
obbedire, perché i curiosi non sono graditi in questo spicchio dei
monti Peloritani che sovrasta Messina. Nessuno, a quanto pare, ha
il diritto di verificare come su queste colline di sabbia e terra
stia spuntando un'infilata di palazzine che il cartello chiama "Il
grande Olimpo".
Nessuno dovrebbe soffermarsi a osservare la scarpata e il suo
terreno instabile, tanto debole da richiedere sostegni artificiali.
Tantomeno è apprezzato, da queste parti, che si aggiunga un altro
dettaglio: quello del torrente Trapani, che qui accanto smette di
scorrere in superficie e s'infila sotto l'asfalto stradale in un
varco di cemento armato circondato dal pattume. Una bomba d'acqua
che già in passato ha causato esondazioni e un morto, e che fa
ancora più paura guardando le colline sbeccate dalle frane.
"L'alluvione del primo ottobre 2009 non ha insegnato niente",
denuncia il capo del Genio civile messinese Gaetano Sciacca. "Non
contano i 31 morti e sei dispersi di Giampilieri e villaggi
vicini". Non conta neppure che pochi giorni fa, il 14 febbraio,
abbiano dovuto evacuare dal borgo di San Fratello duemila persone
per l'ennesima frana. "Là è successo quello che è successo senza
bisogno di abusi edilizi, mentre qui massacrano la città con
cantieri spericolati.
Poi tutti piangono quando arrivano le disgrazie; tutti giurano di
avere tutelato la nostra provincia, i suoi 257 corsi d'acqua e i
108 comuni a rischio sismico. La verità è che pochissimi stanno
cercando di fermare il disastro. A quattro mesi dall'alluvione le
ruspe continuano a sventrare le colline, la coscienza civile latita
ed è il trionfo assoluto dell'abusivismo ambientale: quello di chi
edifica seguendo le regole umane, ma non quelle imposte dalla
natura". Il risultato è un collasso territoriale. L'agonia di una
Messina dove ogni giorno spuntano nuove gru: "Anche nelle aree più
impensabili, anche dove il buon senso suggerirebbe di evitare",
dice Anna Giordano del Wwf. Per esempio nella zona dell'Annunziata,
un quartiere residenziale della fascia nord cittadina. "Sopra
incombe il Monte Ciccia, 609 metri di una montagna geologicamente
giovane e a rischio dissesti. Sotto c'è una grande fiumara, e come
non bastasse ci costruiscono dentro una chiesa". Un edificio già
enorme anche se è ancora da completare. Un operaio sta riposando
all'ora di pranzo nell'abitacolo della ruspa, ma quando vede il
fotografo spalanca lo sportello: "Qui è tutto a posto, tutto in
regola ", assicura. E avrà anche ragione. Però è impossibile
confermarlo, visto che all'ingresso del cantiere non c'è il
cartello con la descrizione dei lavori e della società chi li sta
svolgendo. "Noi cittadini", spiega un militare che abita in zona,
"partiamo da concetti semplici: ci chiediamo perché collochino una
struttura imponente in corrispondenza di una fiumara, peraltro già
affiancata da una palazzina. Non capiamo perché si arrivi a un
simile azzardo, insomma. E soprattutto, ci domandiamo chi abbia
reso edificabili posti simili".
Certo è singolare che dopo il disastro di Giampilieri, e dopo la
recente morte di due bambine per il cedimento di una palazzina a
Favara, nell'agrigentino, si costruisca un luogo di culto in
un'area tanto delicata. Anche perché, una cinquantina di metri più
a sud della chiesa, tra massi sgretolati e misera vegetazione
spunta un tubo nero che, a detta dei residenti, dovrebbe contenere
il torrente Annunziata quando s'ingrossa. In teoria: perché in
pratica il tubo ha due sezioni scollegate, e potrebbe non bastare
in caso di emergenza. Il che riporta alla questione centrale: ha
senso tutto questo?, chiediamo al presidente dell'Associazione
costruttori messinesi Carlo Borella. È una situazione accettabile,
nel 2010, per una città con 247 mila abitanti? "La nostra
edilizia", risponde Borella, anche titolare dell'impresa di
costruzioni De.mo.ter, "è conseguenza di un Piano regolatore
approvato tanti anni fa. Inutile discolparsi o negare gli eccessi
di qualche imprenditore.L'aggressione alle colline messinesi c'è e fa paura, anche perché
non si è trovata un'alternativa valida". Detto questo, assicura
Borella, è arrivata l'ora di cambiare atteggiamento: "Da una parte
controllando con più scrupolo la qualità dei progetti, dall'altra
confrontandosi attorno a un tavolo con gli ambientalisti". Quanto
alla chiesa della fiumara, il presidente sostiene di non saperne
niente ("Ma mi informerò", assicura). E nemmeno accenna ai pensieri
che gli sta provocando Maurizio Marchetta, ex vicepresidente del
Consiglio comunale di Barcellona, secondo cui Borella avrebbe
"costituito un gruppo di imprenditori che fanno parte del Consiglio
direttivo e stabiliscono preventivamente, a tavolino, a chi fare
aggiudicare gli appalti in provincia e fuori". Frasi che altrove
farebbero scalpore, mentre a Messina scivolano tra le infinite
contraddizioni. Per dire: quando l'8 gennaio il capo del Genio
civile Sciacca ha invocato la sospensione immediata del Piano
regolatore (spiegando che "durante queste ultime settimane, in
barba a qualunque motivazione etica dopo il disastro del primo
ottobre, ci sono pervenute nuove richieste di pareri e
autorizzazioni relativamente a imponenti complessi edilizi"), il
presidente dell'Ordine degli architetti Gaetano Montalto (che è
anche presidente della Commissione edilizia) ha risposto invitando
a risparmiarsi "crisi di panico e patetici buonismi
ambientalistici".
Eppure è facile vedere quanto stia soffrendo Messina. Basta leggere
cosa scrive il capo del Genio civile in un documento inviato il 14
dicembre al sindaco Giuseppe Buzzanca. Un testo dove si parla del
quartiere San Lìcandro e dei lavori per un complesso residenziale
con quattro corpi di fabbrica da sette piani ciascuno. Palazzi che
potrebbero "modificare sensibilmente le attuali condizioni del
territorio e determinare di riflesso effetti negativi sull'intera
area oggetto d'intervento", dice Sciacca. Non solo: nella sua nota
specifica che "i drammatici eventi alluvionali di ottobre hanno
mostrato come una dissennata attività edificatoria a ridosso delle
zone collinari possa produrre effetti devastanti sul territorio
".
Appunto per questo, ammonisce, è fondamentale che al business si
anteponga "la pubblica incolumità". Parole che, per il momento,
bloccheranno il cantiere. Ma è una piccola vittoria in una guerra
infinita. "Fate un giro al quartiere Montepiselli", suggerisce un
operaio con trent'anni di esperienza, "guardate come le ruspe
aggrediscono la collina". Ed è un buon consiglio, perché il
tragitto stesso per Montepiselli è istruttivo. La strada che sale
dalla centrale via Principe Umberto è parzialmente franata. E così
pure il fianco del monte, dove un'imbragatura penzola fin quasi a
terra. Sull'altro versante del colle, poi, la strada porta a una
curva dove l'asfalto sta cedendo sul ciglio a strapiombo. "Colpa
della terra rimossa per costruire le case a valle", sostengono gli
ambientalisti. Gli stessi che fanno strada, in cima alla collina,
fino al complesso Aralia: un elegante blocco di palazzine in via di
rifinitura voluto dal costruttore Vincenzo Pergolizzi, il titolare
della società E.P. srl arrestato nel 1999 con l'accusa di concorso
in associazione mafiosa, assolto nel 2008 e uscito con la
prescrizione dall'ipotesi di favoreggiamento della latitanza di due
boss. Colpisce, in questo insieme di cemento e palerie di rinforzo,
come il fianco della collina sia prossimo agli appartamenti. E
ancor più impressiona, al di là delle autorizzazioni chieste e
concesse, la scarpata di fronte, dove il terreno è puntellato ma
l'acqua piovana continua a scivolare fino a un muretto
crepato.
Quanto basta, spiegano gli ambientalisti, per mostrare la fragilità
del luogo e l'inopportunità di costruirci massicciamente sopra. Ma
il discorso Aralia non termina qui, perché c'è ancora da ascoltare
il resoconto fatto da più giornalisti del loro dialogo con Enrico
Ricevuto, legale del costruttore Pergolizzi. "Stavamo parlando di
questi sbancamenti e della loro sicurezza", racconta uno dei
presenti. "Al che l'avvocato, per sottolineare la bontà dei lavori,
ha detto che la relazione sul terreno è stata sottoscritta anche
dal geologo Sergio Dolfin, e che i palazzi sono talmente sicuri che
Dolfin stesso ha acquistato un appartamento per il figlio".
Riassumendo: il geologo Dolfin, già membro della Commissione per la
verifica delle valutazione d'incidenza, avrebbe firmato il via
libera allo sbancamento della collina, comprando poi un
appartamento nel complesso di Montepiselli. Non solo: in
un'intercettazione della Procura Sergio Dolfin, parlando con l'ex
assessore all'Urbanistica Antonio Catalioto, ha definito
l'ambientalista Giordano "una testa di cazzo", mentre il suo
interlocutore prevede che la signora "continuerà a rompere le
palle...". E il perché è evidente: "Nel 2009 il Wwf si è battuto
per fermare il Piano regolatore, ma ha anche presentato quattro
denunce specifiche per anomalie edilizie", spiega il legale Aurora
Notarianni. "Un lavoro finito prima nel registro degli atti che non
costituiscono notizie di reato, e poi all'attenzione del
procuratore capo Guido Lo Forte". Cosa significhi, in concreto, non
si può sapere. Lo Forte non rilascia dichiarazioni ufficiali, nel
suo ufficio. Ragiona però sul dopo alluvione ponendo una domanda
fondamentale: "Come mai, da più parti, dicono che la popolazione
messinese diminuisce mentre gli appartamenti aumentano?".Un'ipotesi, in corso di verifica, è che la malavita organizzata
finanzi indirettamente le costruzioni, acquistandole poi con
prestanome per riciclare il denaro sporco. Un sistema mai
contrastato con troppa determinazione, secondo la Procura, e quindi
impermeabile a qualsiasi alluvione. "Chi ha investito deve comunque
guadagnare ", ironizza l'avvocato Notarjanni. E l'assessore in
carica all'Urbanistica, Giuseppe Corvaja, conferma quanto sia
complicato opporsi: "Non si tratta semplicemente di legalità o
illegalità: se il piano regolatore permette di costruire in zone
pericolose, gli imprenditori lo fanno e basta. Provassimo a
bloccare i cantieri, verrebbero chiesti al Comune risarcimenti
sontuosi".
Dopodiché tutto è possibile, a Messina. Anche che sopra la strada
Panoramica, a due passi dal mare, si salga per una viuzza qualsiasi
e si spalanchi un groviglio di ruspe e cemento, mattoni e palazzi
che crescono dietro al cartello "Victoria Park, costruendi
appartamenti signorili con ampie verande e cantine". Il tutto a
cura della ditta Co.Gest.Ir srl, che offre metrature da 50 a 200
metri quadri con tanto di box auto. Un complesso che sicuramente ha
tutte le carte in regola, tutte le autorizzazioni a posto e tutte
le cautele prese. Ma nasce in un ambiente che si commenta da solo,
con una centrale elettrica della Terna vicina, la solita fiumara
sotto l'asfalto e il terreno intorno che Giordano classifica come
"la nota sabbia e ghiaia di Messina, adatta alle fondamenta di un
edificio ma meno per i pendii, spesso instabili e propensi alle
frane". Un discorso valido, a grandi linee, anche per altre zone
della Messina post alluvione. A partire da quella di Conca d'Oro,
vicino al quartiere Annunziata, dove sono in corso i lavori per
completare le 29 aule delle scuole superiori. Una struttura,
spiegano gli operai, che per un decennio è andata avanti a
singhiozzo e adesso vedrà la luce. Finalmente, dicono i residenti;
che sono soddisfatti ma non nascondono qualche preoccupazione.
Dietro gli edifici gialli e amaranto della scuola, infatti, c'è una
collina che verrà messa in sicurezza con un muro e adeguate
palificazioni (garantiscono sempre gli operai). Ma ancora più in
alto c'è un condominio, la cui cinta di protezione ha una crepa che
non piace. "Sarà abbastanza sicura la scuola?", si chiedono i
residenti. "O dovremo vivere con l'ansia per i nostri figli?".
Perché la risposta sia rassicurante, e inauguri nel messinese una
stagione di edilizia più ragionevole e ragionata, il vicesindaco
Giovanni Ardizzone (Udc) sta battendosi per applicare il cosiddetto
Piano territoriale paesaggistico, che la Soprintendenza ai beni
culturali ha trasmesso il 23 dicembre. Da parte sua, il sindaco
Giuseppe Buzzanca ha annunciato l'avvio dell'iter per il nuovo
piano regolatore, che dovrebbe scattare dopo un anno di
consultazioni. "Comunque vada a finire", riconosce Ardizzone, "i
politici consegneranno alle prossime generazioni una città
devastata".
Un pensiero che torna quando, in una giornata di pioggia gelida, i
vigili del fuoco danno il via libera per visitare il centro di
Giampilieri. Qui a ottobre sono morte 19 persone, e qui oggi tra
cumuli di macerie e stoviglie, giocattoli abbandonati e camere da
letto sepolte dalla frana, un soccorritore racconta come
recuperarono le salme una dopo l'altra, coprendole con i teli su
barelle improvvisate: "Ricordo il panico dei sopravvissuti, il
terrore di riconoscere sotto ai lenzuoli familiari o amici", dice.
"Un dolore che i messinesi non vorrebbero vivere nella loro città,
ma che lo scempio edilizio potrebbe imporci al prossimo temporale".