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 Le notizie di jara

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MessaggioTitolo: Re: Le notizie di jara   Le notizie di jara - Pagina 32 Icon_minitimeSab 9 Ott 2010 - 10:44

http://www.ilmessaggero.it/home_blog.php?blg=P&idb=740&idaut=11
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MessaggioTitolo: Re: Le notizie di jara   Le notizie di jara - Pagina 32 Icon_minitimeDom 10 Ott 2010 - 13:05

http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=122186&sez=HOME_ECONOMIA
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MessaggioTitolo: Re: Le notizie di jara   Le notizie di jara - Pagina 32 Icon_minitimeLun 11 Ott 2010 - 18:09

Ma la Rai acquista la fiction Mediaset?

Un bel tesoretto dal 190 milioni di euro. non male. Sicuramente. soprattutto se a fare la gara per aggiudicarselo ci sono poche aziende. Sono i soldi che la Rai ha speso nel 2010 per le fiction. Quello che però va all'occhio che perte di questi soldi vadano a controllate Mediaset (Milano: MS.MI - notizie) . Quindi alla concorrenza. E proprio su questo la Vigilanza Rai vuole vederci chiaro.
Secondo quanto ricostruisce La Repubblica, l'obiettivo della Vigilanza sarebbe quello di mettere in trasparenza quanto sembra opaco. A a finire sotto il mirino, ci sarebbe tre casi: quello di Ares Film, quello di Lux Vide e quello di Albatross entertainment. Stando a quanto riferisce La Repubblica: "la prima è una s. r. l., partecipata al 30% da Rti (RTIIQ.PK - notizie) , una s. p. a. del gruppo Mediaset. Finora ha lavorato solo con l'azienda fondata da Silvio Berlusconi ma in questi mesi ha firmato dei contratti di attivazione con la tv pubblica. Un'operazione necessaria per accreditarsi come "produttore indipendente" e conquistare più quote di mercato. Lo zampino della concorrenza c'è anche dentro la Lux Vide, vero e proprio colosso del mercato che nel 2010 ha firmato in Rai contratti per 21 milioni 580mila euro. La Lux è guidata da Matilde Bernabei, figlia di Ettore, presidente Rai dal 1961 al 1974. Ma tra i soci, col 18,53% figura anche il tunisino Tarak Ben Ammar, amico e socio in affari di Berlusconi".
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MessaggioTitolo: Re: Le notizie di jara   Le notizie di jara - Pagina 32 Icon_minitimeLun 18 Ott 2010 - 19:58

Ecco perché le tasse non caleranno

STEFANO LEPRI
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Cinque volte negli ultimi 15 anni l’Italia c’era riuscita. Non è quindi inattingibile una riduzione annua del debito pubblico nella misura che il presidente della Bce Trichet suggerisce all’area euro di adottare come rigida regola per il futuro. Però, a che condizioni c’eravamo arrivati? In quattro casi sotto governi di centrosinistra (1997, 1998, 2000, 2007), in uno sotto un governo di centrodestra (2002), ci aiutarono o manovre di bilancio molto pesanti o annate grasse di crescita dell’economia; e, marginalmente, anche incassi da privatizzazioni.

Dalla trattativa europea che riprende oggi a Lussemburgo la regola sul debito probabilmente non uscirà tanto severa quanto la Bce vorrebbe.

Giulio Tremonti si dice già sicuro che in ogni caso non entrerà in vigore prima del 2016, ossia in una data in cui ci saremo sicuramente lasciati dietro le tristi urgenze della crisi. Tuttavia, in un modo o nell’altro, un po’ più o un po’ meno, il Patto di stabilità dell’euro sarà reso più stringente di quanto è adesso. Per un Paese nelle condizioni dell’Italia in parole povere questo significa che nell’arco del prossimo decennio, e anche dopo, un calo delle tasse ce lo possiamo soltanto sognare.

Non si discute di fantomatiche «manovre aggiuntive» da fare in un arco di tempo breve. Questo del debito, comunque venga fuori dal negoziato europeo, è un discorso di prospettiva. Anzi, un nuovo sistema di regole ben fatto, credibile, per il futuro, può addirittura risparmiare sacrifici. L’euro non può più funzionare secondo il principio dello scaricabarile (o del free riding, per dirla nell’inglese degli economisti). I singoli Stati non possono fare i furbi pensando che l’effetto delle proprie trasgressioni sarà compensato dalla rettitudine di altri Stati. Per questo motivo i mercati verrebbero placati in modo più duraturo da un nuovo Patto di stabilità severo che da un accumulo affannoso di misure di austerità immediate.

All’ingresso nell’euro, 12 anni fa, il Belgio era in condizioni simili all’Italia; seguendo un percorso come quello che Trichet ci indica, ora è classificato tra i Paesi solidi (pur essendo assai più diviso al suo interno, tra due popoli di lingua diversa, di quanto sia l’Italia fra Nord e Sud). Per noi, ricordando i casi delle cinque annate in cui il traguardo l’abbiamo raggiunto, ridurre il debito significa soprattutto porsi il problema di come tornare a una crescita economica più sostenuta, e non farsi illusioni. La spesa pubblica dovrà per forza essere ridotta (benché destra e sinistra possano continuare ad avere idee diversissime su dove fare i tagli) e la pressione fiscale non potrà calare (benché si possa fare moltissimo per distribuirla meglio, ad esempio combattendo l’evasione, colpendo di più le rendite e meno le imprese e il lavoro).

Il presidente della Banca centrale europea ci consiglia di portare il bilancio dello Stato in pareggio. Facendo la più realistica previsione di bilanci in deficit dell’1,5-2%, un calo significativo del debito è possibile se la crescita tornerà verso il 2% annuo. Se proseguiamo con le tendenze attuali - deficit che tutt’al più ritornerà sotto la soglia del 3% e crescita media del prodotto lordo all’1% annuo - il debito resterà all’incirca dov’è, con i mercati sempre pronti a saltarci addosso. Il caso del Giappone conferma che i Paesi dove l’alto indebitamento pubblico è compensato da bassi debiti delle famiglie e delle imprese sono meno instabili, come Tremonti sostiene a proposito dell’Italia. Ma Trichet vede difficile tradurre questo fattore in numeri precisi, in «criteri chiaramente definiti, senza margini di discrezione dovuti a circostanze eccezionali, e senza deroghe»; una formula contorta dai compromessi, fa capire, non offrirebbe la credibilità necessaria.
http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=7967&ID_sezione=&sezione=
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MessaggioTitolo: Re: Le notizie di jara   Le notizie di jara - Pagina 32 Icon_minitimeVen 22 Ott 2010 - 21:21

Articolo del 20 ottobre:

Libertà di stampa, l’Italia come nel 2009, 49° posto a pari merito con il Burkina Faso
di Elena Rosselli

Esce la nona classifica dell'organizzazione che difende i diritti dei giornalisti: "L’Europa scende dal suo piedistallo, nessuna tregua nelle dittature"
Un altro anno da paese parzialmente libero. Nella classifica annuale di Reporters sans frontières l’Italia mantiene il 49° posto a pari merito con il Burkina Faso e in leggero vantaggio su El Salvador. Nelle motivazioni del rapporto, pubblicato oggi, si legge: “Non c’è stato alcun progresso in vari paesi dove Rsf ha evidenziato problemi. Tra questi, soprattutto, Francia e Italia, dove gli eventi dello scorso anno – le violazioni della tutela delle fonti dei giornalisti, la continua concentrazione della proprietà dei media, le dimostrazioni di disprezzo e di impazienza da parte di esponenti governativi nei confronti dei giornalisti e del loro lavoro, le convocazioni giudiziarie – hanno confermato la loro incapacità di invertire questa tendenza.

“È inquietante vedere come molti paesi membri dell’Unione Europea continuino a scendere nella classifica – ha dichiarato oggi Jean-François Julliard, segretario generale di Rsf – Se non si marcia insieme, l’Unione Europea rischia di perdere la sua posizione di leader mondiale nel rispetto dei diritti umani. Se ciò dovesse accadere, come potrebbe essere convincente quando chiede ai regimi autoritari miglioramenti nel rispetto dei diritti umani? C’è bisogno urgente per i paesi europei di recuperare un comportamento esemplare”.

Il Nord Europa sempre in testa – Al primo posto, a pari merito, si trovano Finlandia, Islanda, Paesi Bassi, Norvegia, Svezia e Svizzera. Tutti hanno già avuto quest’onore da quando la classifica è stato creata nove anni fa, tranne che nel 2006 (Norvegia) e 2009 (Islanda). Si tratta di sei nazioni in cui il rispetto per i giornalisti e in generale per il lavoro dei mass-media è considerato un valore intoccabile così come la necessità di proteggerli da abusi giudiziari.

Dieci paesi in cui essere giornalisti è pericoloso – Fino al 2009, nelle otto edizioni precedenti della classifica, le ultime tre posizioni della classifica erano sempre occupate da Eritrea, Corea del Nord e Turkmenistan. Quest’anno, il “gruppo delle peggiori” si è allargato a dieci paesi, caratterizzati dalla persecuzione ai danni dei media e da una completa mancanza di notizie e informazioni: oltre ai 3 già citati, Laos, Rwanda, Yemen, Cina, Sudan, Syria, Birmania e Iran. In paesi apertamente in guerra o dove sono presenti conflitti interni, come l’Afghanistan, Pakistan, Somalia e Messico, “una cultura di violenza e impunità – spiega il comunicato di Rsf che accompagna la classifica – rende la stampa il bersaglio preferito”. I giornalisti vengono spesso sequestrati. Basti pensare a Stéphane Taponier e Hervé Ghesquière, giornalisti della TV francese in ostaggio in Afghanistan da 300 giorni.

La crescita economica non significa libertà di stampa – I paesi del cosiddetto “BRIC” – Brasile, Russia, India e Cina – hanno avuto una fase di sviluppo economico abbastanza simile, ma le differenze nel campo della libertà di stampa per il 2010 sono notevoli. Grazie a positive modifiche legislative, il Brasile (58°) è salito di 12 postazioni rispetto all’anno scorso, mentre l’India (122°) è scesa di 17. La Russia è classificata molto in basso, al 140° posto. Il caso di Anna Politkovskaya, la giornalista russa assassinata il 7 ottobre del 2006 davanti all’androne della propria abitazione, che ha avuto grande risonanza in Europa, non è un caso isolato. Il 19 gennaio dello scorso anno Anastasia Baburova, giornalista 25enne russa che scriveva nello stesso giornale della Politkovskaya, è stata uccisa nel pieno centro di Mosca con un colpo di pistola alla nuca. Infine, la Cina, che come testimoniano le reazioni al premio Nobel assegnato a Liu Xiabo, condannato a 11 anni di carcere continua a censurare e incarcerare i dissidenti. Unica nota positiva del panorama cinese, una blogosfera molto attiva e vivace che continua, con grande fatica, a “bucare” il muro della censura.




A questo link poteve vedere la classifica anche anno per anno

http://en.rsf.org/spip.php?page=classement&id_rubrique=1034
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MessaggioTitolo: Re: Le notizie di jara   Le notizie di jara - Pagina 32 Icon_minitimeSab 23 Ott 2010 - 15:27

Il quantitative easing genera nuova crisi


Di Gianrocco Mecca



Le principali economie occidentali dopo la lunga recessione, a partire dalla seconda metà dello scorso anno, sono tornate a crescere, toccando l’apice nel quarto trimestre del 2009, con una crescita del Pil Usa di oltre il 5%, a cui ha fatto seguito un progressivo rallentamento. L’eccessivo ricordo al quantitative easing ha prodotti effetti deleteri per il sistema, che richiedono interventi strutturali per il superamento.

RITORNANO I TIMORI SULL’ECONOMIA: La stessa Fed si è dichiarata “spiazzata” dal rallentamento economico in realtà ampiamente prevedibile, da imputare alla fine del ciclo di ricostituzione delle scorte.
La crescita maturata nei mesi precedenti in realtà non trova risposta nei fondamentali ma è figlia del sistema “drogato” dalle politiche espansive delle banche centrali. Una crescita senza consumi infatti non può proseguire all’infinito.
L’attuale rallentamento non deve sorprendere più di tanto e potrebbe proseguire anche nei prossimi trimestri. La crisi attuale non è congiunturale ma strutturale. L’economia Usa ha un deficit pubblico ed un consumo eccessivo che implica un indebitamento privato insostenibile e per reggersi in piedi ha necessità di forti investimenti stranieri. Proprio il “braccio corto” delle banche, molte delle quali salvate dalla mano pubblica non hanno offerto il proprio indispensabile contributo al sistema. L’intervento delle banche centrali non ha risolto alla radice i problemi che hanno causato la recessione, ma li ha soltanto traslati: ad oggi le imprese di grandi dimensioni mediamente godono di ottima salute e sono tornate a fare i profitti del periodo pre-crisi. A pagarne le conseguenze è la finanza pubblica, il cui debito è alle stelle, in alcuni casi insostenibile.
IL NUOVO QUANTITATIVE EASING (QE2): La stragrande maggioranza dei governi nazionali sono tecnicamente impossibilitati a fronteggiare una nuova recessione, che altrimenti durerebbe per molti anni rischiano un effetto-giappone, con probabile Stag-deflazione. Ecco perché nel breve continueranno a inondare il sistema di liquidità, tenendo sotto controllo i fattori che potrebbero risvegliare l’inflazione (materie prime in particolare). Le banche centrali infatti si sono rese presto conto che l’economia non è in grado di camminare senza le stampelle pubbliche e si preparano a varare nuovi piani di stimolo.
LA TEORIA AUSTRIACA: Per comprendere le dinamiche e le conseguenze delle politiche di allentamento monetario varate dalle banche centrali la teoria austriaca rappresenta un valido supporto.
La teoria è articolata in due punti:
1. Per gli economisti austriaci sono le banche centrali le artefici del ciclo economico, attraverso le azioni sui tassi di interesse. In particolare, tenendo i tassi artificialmente bassi vengono incentivati gli investimenti, che superano le dimensioni che avrebbero registrato in una situazione di mercato non alterata. Si genera così un eccesso di capitale fisso che per esser sostenuto richiede continui flussi di investimenti ulteriori fino a rendere la situazione insostenibile.
2. Una tale stato di cose non può durare molto tempo ed una successiva crisi è fisiologica. Per combattere la stessa le banche centrali vareranno interventi tesi a spostare risorse dai settori che sono cresciuti troppo, potenziando la crisi degli intermediari finanziari.In sostanza il sistema economico registra un veloce processo di aggiustamento. L’avviso della recessione è preceduto dalla caduta di investimenti e consumi e dalla contrazione della produzione.

LA TEORIA APPLICATA ALLA SITUAZIONE ATTUALE: L’economia americana negli ultimi decenni ha registrato un veloce processo di crescita, alimentato dal continuo ricordo al quantitative easing. La teoria presentata sostiene che il ricorso al QE da un lato consente un respiro all’economia ma dall’altro genera distorsioni nel lungo periodo. La motivazioni della crisi attuale sono di carattere strutturale e portano con se lo strascico di crisi precedenti, con problemi mai risolti alla radice. L’economia Usa ad esempio, ha un consumo eccessivo ed un indebitamento privato e pubblico alle stelle, dovuti proprio all’abuso di queste politiche. I governi sono impossibilitati a fronteggiare una nuova recessione,visto il deficit pubblico e le scarse munizioni a disposizione. Per scongiurare il fenomeno sono costrette a continuare il ricorso alle politiche espansive. Ma la crescita reale non c’è e a dimostrarlo è l’inflazione, che stenta a dar segnali di risveglio.
PROSPETTIVE CICLO ECONOMICO E MERCATI FINANZIARI
Previsione breve periodo (da qui a fine 2010): nelle prossime settimane con ogni probabilità i mercati delle materie prime e l’azionario registreranno una correzione (nell’ordine del 5%-8%). Dopo la correzione inizierà un’ulteriore ripresa dei mercati che rimarranno comunque all’interno del trading range già delineato 18.000-23.000 Ftse Mib, 10.000-11.500 Dow Jones … . Nella fase di rialzo sovraperformeranno il mercato gli indici meno performanti da inizio anno (Ibex, Ftse Mib..) mentre sottoperformeranno con ogni probabilità Ftse 100, Dow Jones e Dax.
Previsioni di medio periodo (da 6 mesi a 2 anni): Tenendo buona l’inflazione, i mercati dovrebbero registrare delle performance molto soddisfacenti. L’uscita dal trading range probabilmente avverrà soltanto nella seconda metà del prossimo anno. In tal senso occorrerà, soprattutto per i Paesi con finanza pubblica in disordine una decisa riduzione dei credit default swap. In caso di miglioramento del merito creditizio i mercati dell’aria Piigs potrebbero accelerare riducendo il gap creato nelle fasi precedenti con i mercati più solidi. Prima di questa fase tali mercati potranno ancora soffrire tagli di rating e incremento di Cds.
Previsioni medio periodo 2 (successivi 6 mesi – 12 mesi): Entriamo qui nella fase 4 che abbiamo descritto in precedenza. La continua iniezione di liquidità probabilmente determinerà un improvvisa e accelerata quanto incontrollabile ascesa dell’inflazione che velocizzerà il normale percorso che generalmente dura un periodo più lungo. Il forte rialzo del mercato delle materie prime provocherà un’inversione ribassista del mercato obbligazionario, mentre l’azionario registrerà i massimi del ciclo.
Previsioni medio/lungo periodo: l’inizio del declino dell’economia necessiterebbe di nuovi e maggiori interventi di stimolo rispetto ai precedenti, in quanto l’economia sarà spinta in avanti dall’azione delle banche centrali più che da un’effettiva crescita reale. Il periodo recessivo potrebbe durare più del precedente richiedendo riforme strutturali che produrrebbero effetti in tempi non brevissimi.


Fonte: Finanza e investimenti
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MessaggioTitolo: Re: Le notizie di jara   Le notizie di jara - Pagina 32 Icon_minitimeVen 29 Ott 2010 - 13:37

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lol!
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MessaggioTitolo: Re: Le notizie di jara   Le notizie di jara - Pagina 32 Icon_minitimeSab 30 Ott 2010 - 14:07

Cina. Governo: Vettura elettrica è il futuro dell'automobile


Asse di sviluppo per trasformazione settore industriale


Pechino, 28 ott. (Apcom) - La Cina punta sulle vetture elettriche per rispondere ai problemi di inquinamento e di energia presenti sul primo mercato automobilistico del pianeta. Lo ha annunciato lo stesso governo cinese. "L'accordo fondamentale è di considerare le auto elettriche come asse di sviluppo strategico per la trasformazione industriale dell'automobile cinese", ha dichiarato Zhu Hongren, portavoce del ministro dell'Industria e delle Tecnologie dell'Informazione, durante una conferenza stampa, sottolineando che sono in corso studi per sviluppare batterie e motori elettrici con migliori performance e per arrivare a una produzione di massa di vetture elettriche. In Cina, nell'anno in corso si venderanno 17 milioni di vetture, in aumento del 25% rispetto al 2009, ha sottolineato il portavoce. "Grande attenzione dovrà essere accordata" alle questioni legate all'energia e all'ambiente mentre le più grandi città del Paese sono sempre più bloccate da ingorghi stradali, ha spiegato Zhu. Il governo di Pechino considera il settore automobilistico una delle industrie chiave per il suo sviluppo nei prossimi anni. Nel giugno scorso, le autorità cinesi hanno annunciato una serie di sovvenzioni in cinque città, tra cui Shanghai, per l'acquisto di veicoli ad energia alternativa. I media cinesi hanno riferito che il governo prevede di investire 14 miliardi di dollari nelle automobili "verdi" nel corso dei prossimi decenni. (Fonte Afp)
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MessaggioTitolo: Re: Le notizie di jara   Le notizie di jara - Pagina 32 Icon_minitimeSab 30 Ott 2010 - 16:05

Yemen, altri 26 pacchi bomba sospetti

Ministro Gb, quello rinvenuto in Inghilterra poteva esplodere


(ANSA) - LONDRA, 30 OTT - Sarebbe potuto esplodere il pacco bomba proveniente dallo Yemen, rinvenuto in Inghilterra. Lo ha dichiarato il ministro dell'Interno britannico Theresa May. Le autorita' yemenite hanno intanto sequestrato 26 pacchi sospetti e interrogato dipendenti di societa' di trasporto aereo e della divisione cargo dell'aeroporto internazionale della capitale, Sanaa. Secondo il quotidiano Usa Today gli interrogati in Yemen sono dipendenti di societa' locali che lavorano con i giganti americani FedEx e Ups.

30 Ott 15:57

Se non erano "sospetti" andavan bene...

lol!
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MessaggioTitolo: Re: Le notizie di jara   Le notizie di jara - Pagina 32 Icon_minitimeSab 30 Ott 2010 - 17:00

Usa, sul voto l'ombra di al Qaeda
ma la paura non porta voti a Obama


Una nuova emergenza arriva a movimentare gli ultimi tre giorni di campagna elettorale: la tensione è alle stelle e la destra estrema aizza la base che pensa il presidente vicino all'Islam. Dai sondaggi sicuro il ribaltone alla Camera, incerto il Senato

di Federico Rampini

NEW YORK - Allarme terrorismo: è spuntata anche questa nuova emergenza a movimentare le ultime ore della campagna elettorale americana. Proprio nella città di Barack Obama, a Chicago, dove il presidente oggi è impegnato in uno degli ultimi comizi, Al Qaeda aveva tentato di "spedire" per corriere espresso Ups due pacchi all'esplosivo. Attentati sventati grazie all'aiuto dei servizi segreti sauditi. "Bloccati in tempo, prima che arrivassero negli Stati Uniti", ha potuto garantire ieri il presidente parlando alla nazione. Ma la caccia ad altri "corrieri della morte" continua, in un clima di tensione alle stelle. E a differenza di quel che accadeva sotto George W. Bush, la paura del terrorismo non "porta voti" al presidente in carica. Anzi, semmai aizza quella base del Tea Party convinta che Obama se la intenda col nemico: per molti elettori della destra lui stesso è più vicino al mondo islamico che all'America profonda.

Martedì si vota, e fino all'ultimo i sondaggi esprimono una quasi-certezza e un dubbio. Sicura è l'avanzata dei repubblicani, quasi scontato il fatto che conquisteranno la maggioranza alla Camera dove Nancy Pelosi dovrà quindi lasciare la presidenza al suo avversario John Boehner, deputato di destra dell'Ohio. Basta che il partito Repubblicano superi la fatidica soglia di 39 seggi aggiuntivi, e il suo primato alla Camera sarà cosa fatta. Incerto fino all'ultimo invece resterà il Senato: mentre la Camera si rinnova integralmente, lì sono in palio solo 37 seggi su 100 ed è più difficile un ribaltamento di maggioranza. Non impossibile però: lo testimonia il fatto che perfino il leader democratico del Senato, Harry Reid, deve combattere fino all'ultimo voto per riconfermare il suo seggio nel Nevada. Se ai repubblicani dovesse riuscire il clamoroso "en plein" nei due rami del Congresso, la sconfitta democratica assumerebbe proporzioni drammatiche, una vera e propria débacle.

Tutti gli sforzi di Obama in questi ultimi giorni puntano a limitare i danni. Ha fatto il giro degli Stati in bilico, si è speso con tutte le sue energie. Oggi gli darà una mano, forse, la manifestazione organizzata a Washington da Jon Stewart, l'animatore del Daily Show su Comedy Central. Era nata come una parodia, col titolo "Restaurare la Salute mentale dell'America": una beffarda ironia contro i toni apocalittici e isterici del Tea Party. Ha preso piede, soprattutto tra i giovani che dominano l'audience televisiva di Stewart. E i giovani sono una delle constituency decisive per Obama: lo trascinarono alla Casa Bianca due anni fa. Oggi fanno parte delle categorie disilluse, come le minoranze etniche, e molti di loro rischiano di disertare le urne martedì. Lo sforzo finale dei democratici punta a ridurre l'assenteismo rianimando, se non le speranze del 2008, almeno la paura di una destra bigotta e razzista, fondamentalista e intollerante.

Qualche timido segnale di ripresa per i democratici c'è stato. In California, per esempio, gli ultimi sondaggi danno in risalita Barbara Boxer, la senatrice che è una beniamina della sinistra radicale, contro la ex chief executive di Hewlett-Packard Carly Fiorina. Anche per l'elezione a governatore della California, il democratico Jerry Brown sembra in vantaggio sulla straricca Meg Whitman, ex chief executive di Ebay, che ha potuto spendere di tasca propria oltre 150 milioni.

Tutta questa campagna elettorale ha polverizzato i record di spesa. In favore del Tea Party sono scesi in campo i Political Action Committee (Pac), paraventi dietro cui si nascondono le grandi imprese. I petrolieri finanziano il referendum per abrogare le leggi ambinetaliste della California. Dove si tiene anche un altro referendum- simbolo, quello sulla legalizzazione della marijuana.

Ma il vero referendum è a livello nazionale: queste elezioni di mid-term sono un verdetto sulla politica economica di Obama. Con un tasso di disoccupazione inchiodato alla soglia del 10%, la "jobless recovery" (ripresa senza posti di lavoro) è la vera nemica del presidente. Tutto il resto passa in secondo piano, compresa la guerra in Afghanistan che solo il 3% degli elettori mette tra le priorità nazionali. Dall'audacia della speranza che la fece sognare due anni fa, l'America è rapidamente sprofondata nell'incubo di un declino irreversibile. L'Obama 2 dovrà affrontare scelte difficili da qui alle presidenziali del 2012. Nel rifare la sua squadra di governo per il secondo biennio del suo mandato, il presidente sarà dilaniato tra due spinte contrapposte: da una parte tentare la via dei compromessi bipartisan con una destra anti-Stato, d'altra parte somministrare terapie più audaci e radicali per rianimare un'economia che ha perso ogni vigore.

http://www.repubblica.it/esteri/elezioni-usa/2010/10/30/news/sabato_prima_elezioni-8580441/?ref=HREC1-1

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