L'equazione di Drake ieri e oggi. Ma domani?di Marco MagriniMettiamola così: se le probabilità che un sistema solare riesca a
sostenere la vita e a farla evolvere fossero una su un miliardo (lo
0,0000000001%), nella nostra galassia ci sarebbero almeno 200 pianeti
abitati come il nostro.
È la legge dei grandissimi numeri, che
incoraggia la ricerca della vita extraterrestre. Non soltanto perché in
questa galassia di periferia che chiamiamo Via Lattea ci sono ben oltre
200 miliardi di stelle, ma anche perché ci sono ben oltre 170 miliardi
di galassie, nell'universo conosciuto.
È così che cinquant'anni fa, nel 1961, l'astrofisico americano
Frank Drake propose un modo analitico per stimare quante civiltà al
nostro grado di evoluzione (ovvero civiltà che usano le trasmissioni
elettromagnetiche per le comunicazioni, che hanno la proprietà di
propagarsi indefinitamente nello spazio) sono presenti nella galassia.
Il fatto curioso è che il valore di nessuna delle sette variabili
dell'Equazione di Drake, è conosciuto. O meglio, mentre la Nasa stima
con una certa sicurezza che ogni anno nascano in media sette nuove
stelle (la prima variabile dell'equazione), quale sia il valore
dell'ultima variabile (per quanti anni una civiltà usa lo spettro
elettromagnetico per le comunicazioni?) è un atto di fede.
Su una cosa però, Drake ha ragione: la forza dei grandissimi numeri.
Come faceva dire lo scienziato Carl Sagan all'eroina del suo romanzo,
Contact: «Se fossimo soli nell'universo, sarebbe un bello spreco di
spazio».
Quante stelle nascono ogni anno?Prima variabile: quante stelle nascono ogni anno in questa galassia
di periferia? Nella prima versione della sua equazione, negli anni 60,
Frank Drake aveva stimato che dal reparto ostetricia della Via Lattea
uscissero ogni anno dieci nuove stelle. Poi, in tempi più recenti, ha
deciso di rivedere al ribasso – della metà – la sua stima originale: 5
stelle all'anno. In realtà, la Nasa ritiene che mediamente nascano
sette nuove stelle all'anno. Col risultato che la prima variabile
dell'equazione è forse l'unica ad avere un valore conosciuto. Ma se
facessimo una media (200 miliardi di stelle in una galassia vecchia 10
miliardi di anni), avremmo come risultato di 20 nuove stelle all'anno,
un valore decisamente superiore.
Quante hanno dei pianeti?Fino a 15 anni fa, questa domanda non aveva una risposta certa.
Drake, con una sorta di atto di fiducia, stimò che circa la metà delle
stelle della galassia doveva avere qualche pianeta che gli orbita
intorno. Ma dopo le prime sporadiche scoperte di exopianeti (ovvero
pianeti esterni al sistema solare), con l'avvento di nuove tecnologie,
le scoperte ormai si moltiplicano. Il satellite Kepler, in meno di un
anno, ha già trovato 706 stelle con pianeti (5 dei quali sembrano
appartenere a un sistema multiplanetario come il nostro) di proporzioni
piccole come la Terra e grandi come Giove. Da queste prime
osservazioni, sembra che il numero di stelle equipaggiate con pianeti
potrebbe rivelarsi superiore al 50 per cento.
Quanti pianeti adatti alla vita per sistema solare?La Terra se ne sta in un angolo dorato del sistema solare, dove la
vita è possibile: se fosse solo un po' più vicina al Sole come Venere,
l'acqua evaporerebbe; se fosse solo un po' più lontana come Marte,
ghiaccerebbe. Se la sua massa fosse come quella di Giove, la gravità
sarebbe insopportabile per la vita. Così, rispondere alla terza domanda
dell'equazione è molto, molto difficile: Drake stimò che due pianeti
per ogni sistema multiplanetario hanno la potenzialità di sostenere la
vita. In compenso, mentre fino a un anno fa la maggioranza dei pianeti
extrasolari che venivano trovati erano simili a Giove. Con Keplero,
stiamo scoprendo che sono più comuni i pianeti di dimensioni simili
(anche se più grandi) al nostro.
In quanti appare la vita?Secondo Drake, in tutti. In altre parole, laddove ci sono le
(numerose) condizioni che hanno consentito la vita sulla Terra, la vita
puntualmente appare. Se un tempo questa ipotesi poteva apparire
azzardata, oggi gli astrobiologi sono fondamentalmente d'accordo.
Questa visione è in qualche modo sostenuta dalla scoperta di materiali
organici nello spazio, a bordo di meteoriti. Dalla presenza di acqua
nelle comete e in altri corpi celesti. E, osservando quel che accade
sulla Terra, anche dall'esistenza di forme di vita in circostanze
ambientali proibitive, come gli estremofili, batteri che prosperano
alle bocche dei soffioni oceanici, dove la temperatura e la pressione
sono spaventose. L'idea è che, quando ci sono le condizioni, la vita
nascerà.
E in quanti la vita intelligente?Secondo alcuni, sulla Terra ci sono due tipi di intelligenze:
quella umana e quella dei delfini. Secondo altri, ci sono le prove che,
se i dinosauri non si fossero estinti, avrebbero avuto la potenzialità
(almeno una o due specie) di far evolvere a sufficienza la propria
materia grigia. Su questo valore della sua celebre equazione, Drake ha
fatto una revisione significativa: negli anni 60 stimò un 1% e qualche
anno fa, il 20 per cento. Ma in effetti questo valore è assolutamente
ignoto: siccome esistiamo noi, sappiamo solo che è diverso da zero.
Carl Sagan, un altro entusiasta della vita extraterrestre, la mise
così: «L'intelligenza è così utile all'evoluzione che, a patto che sia
geneticamente fattibile, la selezione naturale sembra incoraggiata a
farla apparire».
Quante civiltà useranno la radio?Se l'esempio dei delfini porta acqua al mulino della vita
intelligente, in questo caso depone per il contrario. Sulla Terra si
saranno anche evolute due specie intelligenti, ma una delle due – forse
per colpa delle pinne – è ben difficile che evolva fino al punto di
trasmettere un giorno segnali elettromagnetici sui 2 gigahertz. Drake
da parte sua, ha fatto una sorta di atto di fede, alzando questo valore
dall'1 al 100 per cento. Come dire: se c'è l'intelligenza, un giorno ci
saranno anche le trasmissioni radiofoniche e televisive. A osservare
l'avventura umana, la serie di scoperte che ha portato alla conoscenza
e allo sfruttamento dello spettro elettromagnetico, sembra deporre in
questo senso. Ma è sempre rischioso guardare tutto con gli occhiali
della storia umana.
E per quanti anni le usano?Diecimila anni, risponde Frank Drake. Ora, bisogna capire che il
nostro sistema di telecomunicazioni – cresciuto in maniera
esponenziale, da Marconi al Gps – è basato sullo spreco: le onde radio
si propagano in tutte le direzioni, per consentire la ricezione. Ed è
grazie a questo spreco che, in teoria, se c'è qualcuno all'ascolto in
un sistema solare a 100 anni luce da qui, può sentire le prime
comunicazioni inviate da Guglielmo Marconi. È giustappunto un secolo,
che usiamo lo spettro elettromagnetico. Ed è ovvio che un giorno
lontano useremo qualche altro sistema più efficiente. Drake
implicitamente dice: andremo avanti per altri 900 anni. Il che è
possibile. Ma se è impossibile predirlo con esattezza sulla Terra,
quant'è impossibile in altri mondi?
Numero di civiltà della Via Lattea che usano le comunicazioni Il risultato finale di questa equazione è, come avrete capito,
ignoto. Frank Drake stima oggi che ci siano nella Via Lattea circa
10mila civiltà intelligenti che trasmettono segnali elettromagnetici
nello spazio. Ma se andate in giro per il Web, troverete un infinito
numero di appassionati, ognuno col suo proprio risultato, mai inferiore
a 50. Tuttavia, come si vede dalla parte finale del calcolo, tutto
dipende dal valore che si dà a "L", la durata delle trasmissioni radio.
Basti pensare che lo scrittore Walter Sullivan ha dedicato il suo libro
We are not alone, «a tutti coloro che aspirano a fare di "L" un grande
numero». Di sicuro, se ci fossero 50 civiltà, sarebbero soltanto una
ogni 4 miliardi di stelle. Se fossero 10mila, sarebbero una ogni 20
milioni. Con questo calcolo di spaventose possibilità, tutto è
possibile.
Fonte: IlSole24Ore.com