| | Le notizie di jara | |
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Autore | Messaggio |
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luca64 Tenente
Numero di messaggi : 609 Encomi : 7720 Data d'iscrizione : 03.09.09
| Titolo: Re: Le notizie di jara Mar 27 Apr 2010 - 23:08 | |
| - jaramillo ha scritto:
- Mauro Gallegati: La crisi attuale pone molti problemi: quale
teoria economica abbiamo a disposizione, è possibile un paragone col 1929, quanto durerà? Greenwald/Stiglitz: La crisi che inizia nel 2007 ha contribuito a mettere in luce molti dei problemi dell’ideologia liberista, in particolare l’idea che il libero mercato possa risolvere tutti i problemi economici mediante una efficiente allocazione delle risorse per mezzo della "mano invisibile". Così il fondamentalismo del mercato, grazie all’idea che una liberalizzazione dei mercati finanziari avrebbe portato ad una divisione del rischio (con i derivati), ha condotto il sistema economico ad assumere più debiti di quanti sarebbe poi riuscito ad onorare. La teoria economica dominante, dopo un iniziale disorientamento, sta riguadagnando le vecchie posizioni. Non è difficile prevedere che, passata la crisi, tornerà a dominare il pensiero economico, incurante dello scacco intellettuale subito. La crisi è però dovuta, contrariamente a quanto si ritiene, non tanto alla crisi dei sub prime quanto all’eccessivo indebitamento delle famiglie americane, del debito pubblico e del deficit del commercio internazionale statunitense. E’ come se i cinesi stessero finanziando la crescita americana. Qualcuno può credere davvero che questo processo possa andare avanti per sempre? Un aspetto solitamente trascurato riguarda la disoccupazione, cioè su chi paga davvero la crisi. Negli USA, il numero di lavoratori senza lavoro è molto più alto di quanto riportano le statistiche ufficiali che non considerano gli scoraggiati: se includessimo questi, stimiamo un tasso di disoccupazione attorno al 15%. Salvare il sistema finanziario è certo importante, ma le vere cause della crisi rimarranno irrisolte: Wall Street andrà meglio, le banche torneranno a far profitti, ma il lavoro no e l’economia della tipica famiglia americana si riassesterà con grande lentezza. Il sistema finanziario riuscirà dunque a sopravvivere (fino alla prossima crisi finanziaria) mentre i costi ricadranno sui lavoratori e sui contribuenti. Per le famiglie dell’Europa mediterranea? Sperate che l’euro tenga! Per ora, obtorto collo (facendo pagare alla Grecia interessi sugli aiuti finanziari molto elevati), la Germania lo farà. Si ripeterà però quando anziché alla Grecia, toccherà ad un altro (grande) Paese? Mauro Gallegati: La globalizzazione spaventa molti e incoraggia altri. Quali sono le vostre idee per il futuro della globalizzazione? Greenwald/Stiglitz: La paura che un cinese ti ruberà il lavoro è diffusa quanto irrazionale. Questo perché le economie sono diverse nelle loro strutture. L’agricoltura assorbiva la maggior parte dell’occupazione americana nel 1850; ora ne occupa meno del 2%. La manifattura è stata importante per oltre un secolo, ma ora negli USA ci sono più occupati legati allo sport che operai. Lavorano le macchine. La globalizzazione finirà perché si va verso una società post-industriale in cui dominano i servizi, spesso non esportabili (se vi si rompe l’auto in Italia, non andrete a farla riparare in Bulgaria perché lì costa meno). E non è arduo ipotizzare che educazione e sanità saranno i settori guida del futuro: qui si può guardare con ottimismo agli USA, e meno a Cina, Giappone e Germania, le cui economie sono ancora pesantemente legate all’industria. E’ ormai ora che un Paese come l’Italia si attrezzi per sfruttare in pieno il patrimonio di arte, tradizione e cultura, capace di muovere milioni di turisti. Attenzione però; i tre Paesi sopra citati stanno investendo molto in ricerca e si preparano al salto. Salto non indolore, ma necessario perché senza ricerca non ci sarà futuro. | |
| | | luca64 Tenente
Numero di messaggi : 609 Encomi : 7720 Data d'iscrizione : 03.09.09
| Titolo: Re: Le notizie di jara Sab 1 Mag 2010 - 11:17 | |
| Penso proprio che OBAMA sia il piu' grande bluff degli USA ....come sono dei bluff le fantomatiche riforme finanziarie e sanitarie(in favore delle grandi case farmaceutiche) | |
| | | jaramillo Primo capitano
Numero di messaggi : 1238 Encomi : 7177 Data d'iscrizione : 01.09.09 Età : 51 Località : cittadino del mondo
| Titolo: Re: Le notizie di jara Sab 1 Mag 2010 - 21:53 | |
| venerdì 30 aprile 2010 Ma cos'è davvero Goldman Sachs? (versione per stampa)
Ripropongo la serie di puntate dedicate a Goldman Sachs pubblicate nel luglio dello scorso anno, una riedizione che reputo necessaria alla luce delle recenti indagini federali su Goldman.
Nella puntata di mercoledì del Diario della crisi finanziaria ho dedicato ampio spazio all’analisi dei risultati relativi al secondo trimestre della potente ma ancor più preveggente Goldman Sachs, così come ho cercato in numerose altre puntate di offrire ai miei lettori qualche informazione su questa entità che è davvero difficile inquadrare sia nel contesto delle oramai ex Investment Banks, sia nell’ampio e variegato panorama creditizio più o meno globale, anche perché, anche dopo la forzata trasformazione in holding bancaria soggetta alla vigilanza della Federal Reserve avvenuta nell’autunno dell’anno scorso, tutto si può dire meno che Goldman abbia cercato di mutare pelle trasformandosi, come qualcuno aveva molto ingenuamente previsto, di diventare un’entità più ‘normale’.
Come ho ripetutamente sottolineato, la maggior parte dei ricavi e degli utili di Goldman provengono dall’attività di posizionamento su quasi tutto quanto viene trattato sui mercati regolamentati, un’operatività che spazia dai prezzi futuri delle materie prime energetiche e non, le derrate alimentari, i tassi di interesse, le valute convertibili, gli indici azionari o le singole azioni, attività che, peraltro, svolge in quasi perfetta solitudine da quando sono scomparse dalla scena Bear Stearns, Lehman Brothers e Merrill Lynch, la prima e la terza assorbite, rispettivamente, da J.P. Morgan Chase per un classico piatto di lenticchie, e da Bank of America, che, come è stato ampiamente e documentalmente dimostrato nelle aule del Congresso americano, è stata praticamente costretta da Bernspan e Paulson a pagare un prezzo stratosferico per un’entità tecnicamente più che fallita e a cui non è stato neppure consentito di fare nemmeno uno straccio di due diligence.
Per quanto riguarda, invece, la scomparsa dalla scena della banca un tempo appartenente ai fratelli Lehman, il discorso sarebbe troppo lungo per essere affrontato in questa sede e mi vedo costretto a rinviare i lettori alle numerose puntate specificamente dedicate ai retroscena di quel funesto avvenimento dopo il quale nulla più è stato come prima, un avvenimento che non è mai stato spiegato in modo comprensibile e razionale dall’ex (?) investment banker Hank Paulson, numero uno indiscusso di Goldman sino a quando ritenne, a metà del 2006, opportuno assumere l’incarico di ministro del Tesoro degli Stati Uniti d’America e che, in tale veste, non si oppose in alcun modo allo ‘strangolamento’ della banca guidata da Dick Fuld a opera delle maggiori banche a stelle e strisce che le negarono l’accesso ai propri depositi presso di loro e ne determinarono quel fallimento che minacciò seriamente, nel successivo mese di ottobre del 2008, di determinare un default sistemico a livello planetario dei diversi soggetti protagonisti del mercato finanziario, un rischio talmente concreto da indurre i paesi del G20 ad assumere con inedita prontezza e determinazione misure realmente senza precedenti.
Non voglio assolutamente con questo dire che Goldman Sachs sia rimasta l’unica entità a operare nel cosiddetto mercato delle scommesse, ma certamente che non deve più guardarsi le spalle da tre delle quattro concorrenti aventi l’expertise e lo standing per rendere meno certo l’esito delle sue mosse, una circostanza che è ulteriormente rafforzata dal fatto che Morgan Stanley, l’unica delle ex Big Five statunitensi sopravvissuta insieme a Goldman, sembra oramai muoversi esclusivamente sulla scia della sua maggiore concorrente, che, a sua volta, non sembra preoccuparsi troppo dell’operatività delle banche universali a vocazione più o meno globale, troppo occupate a pulire i propri bilanci e troppo timorose delle reazioni dei propri non più docili azionisti per lanciarsi in scommesse più o meno azzardate!
* * * Se davvero la principale fonte di guadagni dei senior e junior partners di Goldman Sachs proviene dall’attività consistente nello scommettere sugli andamenti futuri di prezzi,indici, tassi e valute, è molto importante capire quanto le stesse abbiano le caratteristiche delle self fulfilling prophecies, cioè delle cosiddette profezie auto realizzantesi, che, a loro volta, sono rese possibili dalla forma che assume il mercato in cui si opera, dalla quantità e dal livello di informazioni di cui si dispone, dall’esperienza e preparazione delle persone direttamente impegnate, dalla qualità e dalla affidabilità del sistema informativo e operativo, nonché, the last but not the least dalle dimensioni e dal comportamento degli altri operatori.
Non è un mistero per nessuno che Goldman possiede, e alla grande, delle quattro condizioni esposte di sopra, così come correlativamente gode di una tale fama da indurre i competitors, che rappresentano la quinta condizione, ad assumere, nella maggior parte dei casi, un atteggiamento cooperativo e non di contrasto, una fattispecie comportamentale particolarmente visibile nel mercato delle materie prime energetiche, con particolare riferimento a quello dove si determinano i prezzi presenti e futuri del greggio.
Dopo essere stata negata se non addirittura irrisa per decenni dai paesi produttori, dalle compagnie petrolifere e dai maggiori esperti del settore, la tesi che vede una larga prevalenza della componente speculativa nella determinazione del prezzo del petrolio è ora accettata e sostenuta proprio da coloro che così ostinatamente negavano che il prezzo fosse determinato da qualcosa di diverso dalla domanda e dalla offerta di questa importante materia prima, domanda e offerta a loro volta strettamente connesse alle diverse fasi del ciclo economico, anche se sulla base di un tasso di elasticità significativamente ridottosi a causa delle modificazioni strutturali intervenute nelle economie dei paesi maggiormente industrializzati negli oltre tre decenni trascorsi dal primo shock petrolifero.
Ma quanto è avvenuto tra il dicembre del 2007 e il luglio del 2008, quando, in piena tempesta perfetta e mentre il prodotto interno lordo statunitense iniziava a dare sempre più evidenti segnali di frenata, il prezzo del greggio infranse rapidamente tutti i record per poi portarsi al massimo storico di 147 dollari al barile, ha definitivamente chiarito come bastasse che tutti credessero possibile l’obiettivo dei 200 dollari entro la fine di quell’anno sostenuta dagli analisti di Goldman e rafforzata dalle previsioni miste ai desideri del numero uno della russa Gazprom per abbattere come birilli posti in fila i vari livelli un tempo giudicati inviolabili, una nuova corsa all’oro che vide in scia alle banche più o meno globali una massa sterminati di investitori più o meno istituzionali, tra i quali si distinsero anche molti fondi pensione, come il famoso Calpers, con la differenza che Goldman e le sue dirette concorrenti girarono per tempo le proprie posizioni, mentre la maggior parte degli altri investitori restarono intrappolati nella successiva discesa verticale dei prezzi del greggio innescata dalla reazione dei paesi produttori, Arabia Saudita in testa.
Ma quello che è accaduto tra la seconda metà del mese di marzo e la prima metà di quello di giugno dell’anno in corso, è stato davvero ancora più clamoroso, in quanto il quasi raddoppio del prezzo del greggio è intervenuto quando erano già noti i crolli dei PIL nel primo trimestre sia la di qua che al di là dell’Oceano Atlantico e mentre si assisteva alla bruschissima frenata della crescita di Cina, India e dintorni, ma quel movimento al rialzo del prezzo del greggio era davvero indispensabile perché si potesse realizzare quella altrettanto incredibile corsa dell’orso sui mercati azionari!
* * *
Per avere un’idea vaga dei profitti derivanti dalle scommesse effettuate sui rialzi dei listini azionari verificatisi tra la metà di marzo e la metà di giugno dell’anno in corso, basta dare una scorsa ai grafici delle principali entità creditizie basate negli Stati Uniti d’America, a proposito dei quali mi limito a citare il passaggio dai 97 centesimi ai poco meno di 4 dollari nel caso di Citigroup o la poco meno che sestuplicazione dell’azione di Bank of America dal minimo di 2,50 ai qualcosa di più di 14 dollari, rialzi che traevano forza proprio dal segnale anticipatore della ripresa proveniente dal mercato delle materie prime energetiche, quello stesso segnale che ha fatto straparlare dei cosiddetti germogli verdi.
Comprendo pienamente l’imbarazzo dell’addetto stampa del nuovo inquilino della Casa Bianca di fronte alle domande sui successi di Goldman Sachs rivoltegli nel giorno in cui sono stati pubblicati i risultati del secondo trimestre, così come quello che avrebbe provato Obama se le stesse domanda gli fossero state fatte personalmente, in quanto buona parte di quei successi sono stati ottenuti esattamente con i metodi da lui, nonché dai suoi omologhi di Francia e Germania, fortemente censurati e da lui stesso indicati come una, se non la principale, delle cause che ci hanno condotti dritti, dritti nel meltdown finanziario ed economico attuale.
Il presidente dell’organismo incaricato di vigilare sugli strumenti derivati utilizzati per determinare i prezzi attuali e futuri delle derrate agricole ha appena dati il via a una serie di audizioni per capire se è il caso di estendere quei meccanismi di controllo che inchiodarono lo scomparso Raul Gardini per la sua operatività sulla soia anche ai futures e agli altri strumenti relativi al petrolio e alle altre materie prime energetiche, un ciclo di audizioni che durerà almeno due mesi e al termine del quale forse avremo la possibilità di capire se la nuova amministrazione intende realmente spuntare le unghie alla speculazione, un’eventualità nella quale ripongo ben poche speranze, ma che credo sarà molto legata al livello di pressione proveniente dall’opinione pubblica.
Non vi è dubbio che Goldman disponga di tutte le condizioni che rendono possibile operare con successo nel mercato delle scommesse, condizioni che ho sommariamente indicato nella puntata precedente, in quanto non solo dispone dei migliori specialisti e della migliore strumentazione disponibili, ma è anche dotata di sistemi, procedure e informazioni, tutti elementi sui quali vigilano i due Chief Operating Officer dei quali si è molto opportunamente dotata, ma è altrettanto certo che, oltre a queste condizioni indispensabili, Goldman Sachs dispone di un fattore di successo aggiuntivo che coincide nella rete di relazioni di alto e altissimo livello che le viene universalmente riconosciuto, una rete di relazioni forse unica al mondo e che viene coltivata con la massima attenzione e cura.
Non è, peraltro, un mistero per nessuno il fatto che un grande numero di persone che si sono formate e sono cresciute professionalmente in Goldman abbiano successivamente ricoperto importanti incarichi sia nel settore pubblico che in quello privato, così come è altrettanto noto che numerosi esponenti di primo piano della politica a stelle e strisce o di quella operante nei cinque continenti siano poi stati arruolati, senza i cento colloqui riservati ai normali candidati all’assunzione, a livelli più o meno elevati della banca, alcuni con contratti prevedenti l’impegno a tempo pieno, mentre ad altri sono stati riservati più o meno dorati contratti di consulenza, un sistema che ha reso quelle di Goldman Sachs delle porte girevoli dalle quali una parte dei potenti del pianeta entra e esce abitualmente e che rende elevatissima la qualità delle informazioni.
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La vasta e fittissima rete di relazioni intessuta negli ultimi decenni da Goldman Sachs nei cinque continenti ha raggiunto negli ultimi tempi dimensioni inedite e tali da consentirle, forse unico caso tra le pur potentissime multinazionali della finanza e dell’industria, una capacità di influenza tale da non rendere del tutto ipotetica o fantasiosa l’idea che sia finita per essere una sorta di luogo di compensazione di interessi tra di loro apparentemente contraddittori, così come si presta a essere un’istituzione molto più efficace e rapida nel suo agire di consessi quali la commissione trilaterale o il gruppo Bildberg che, al confronto, finiscono per assomigliare di più a raduni di ex alunni di scuole prestigiose ed esclusive che a quella sorta di governo planetario cui vorrebbero più o meno dichiaratamente assomigliare.
Per fare qualche piccolo esempio della capacità che la banca statunitense ha di condizionare o, quanto meno, di influenzare le scelte dei governi e delle autorità monetarie in patria e altrove nel mondo, mi soffermerò brevemente sul caso italiano, sulla rete di riferimento di Goldman negli USA nei poco meno di due anni trascorsi dall’avvio della tempesta perfetta e nella davvero emblematica vicenda del salvataggio della AIG, chiarendo sin d’ora che si tratta solo di squarci, a volte casuali, di un velo molto fitto che avvolge l’operatività complessiva della banca.
Per quanto riguarda l’Italia, non è un mistero l’attribuzione di una consulenza prima a Romano Prodi e poi a Gianni Letta, in entrambi i casi quando i due erano liberi da impegni di Governo, mentre ancora più emblematica è la parentesi svolta da Mario Draghi al vertice della presenza di Goldman in Europa e nel comitato esecutivo globale della banca, una parentesi che si è collocata tra la fine del suo impegno decennale come Direttore Generale del ministero del Tesoro con delega sulle privatizzazioni e che si è conclusa con la sua nomina a Governatore della Banca d’Italia e alla successiva assunzione della guida di quel Financial Stability Forum, poi allargatosi e trasformatosi in Financial Stability Group, cui è stata affidata dal G8 e dal G20 la riscrittura delle regole da applicare alla finanza globale, ma è altrettanto nota la presenza diretta o in via consulenziale di uomini Goldman sia nei governi presieduti da Prodi che in quelli guidati da Berlusconi.
Per dare un’idea della presenza di Goldman nell’amministrazione USA, anche in questo caso senza differenza alcuna tra amministrazioni democratiche e repubblicane, non basterebbe un libro, per cui mi limiterò a citare il caso degli ex ministri del Tesoro Robert Rubin e Hank Paulson (nonché di tre dei quattro vice di quest’ultimo), dell’ex presidente del New York Stock Exchange e poi esecutore testamentario di Merrill Lynch, John Thain, così come non si contano gli ex uomini di vertice di Goldman passati a guidare le principali banche e compagnie di assicurazione statunitensi o alla guida delle presenze statunitensi di banche e compagnie di assicurazioni basate altrove.
Mentre nulla si sa di come trascorra le sue giornate il ‘soldato’ Paulson dopo la fine del suo intensissimo impegno al vertice del dicastero del Tesoro, molto si discute sulla sua decisione di porre al vertice della di fatto nazionalizzata AIG Edward Liddy, un uomo che ha percorso quasi tutti i gradini della scala gerarchica in Goldman Sachs e che da poco si godeva una meritata pensione dopo aver guidato una compagnia di assicurazione e che non ha potuto esimersi dall’accettare la richiesta pressante di Hank in cambio di uno stipendio da un dollaro l’anno, ma che già sta meditando l’uscita dopo aver garantito in poche settimane il rimborso pressoché integrale in favore delle banche statunitensi e straniere, Goldman ovviamente in testa, che hanno ricevuto buona parte dei 180 miliardi di dollari ricevuti da quel TARP fortemente voluto dallo stesso Paulson.
Pubblicato da marco sarli a 10.01 | |
| | | jaramillo Primo capitano
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| Titolo: Re: Le notizie di jara Sab 1 Mag 2010 - 21:53 | |
| mercoledì 28 aprile 2010 Le sorti di Atene nelle mani di Berlino!
Ho trascorso un pranzo discutendo con un amico delle possibili conseguenze della crisi della Grecia sul futuro del sistema dell’euro, conseguenze che, almeno secondo il mio commensale, non potevano che essere l’uscita della Grecia dall’eurosistema, un intervento drastico ma necessario alla luce della condotta del governo greco in materia di politica economica, per non parlare poi della questione della corretta, o meno, rappresentazione delle cifre del bilancio pubblico.
Non so se la posizione della Germania verrà a modificarsi sotto il pressing congiunto della Banca Centrale Europea e del Fondo Monetario Internazionale, ma credo proprio che la tentazione di dare un esempio non occupi un posto secondario nella mente di Frau Merkel, anche se penso che nessuno possa sottovalutare le conseguenze dell’estromissione di un paese, anche se, come la Grecia, affiliato in un secondo momento dal sistema dell’euro.
Va detto che il mercato non sembra scontare una conclusione così drastica della vicenda, con l’euro che continua ad oscillare intorno al livello di 1,33 dollari, ma quello che colpisce è l’incapacità delle istituzioni politiche europee, Commissione e Parlamento a trovare una soluzione a problemi posti sul tappeto oramai da alcuni mesi.
In assenza di un ripensamento tedesco, le prospettive sono quelle di un sistema che rischia di perdere i pezzi a meno di dieci anni dalla introduzione dell’euro in luogo delle precedenti valute dei paesi fondatori, un’ipotesi che, al di là di quello che pensano i fautori della linea dura, spingerebbe la speculazione internazionale a gettarsi a capofitto, puntando, a ragione o a torto, a rinverdire i fasti di George Soros nella sua epica battaglia contro la lira italiana e la sterlina.
Non posso che concludere ripetendo quello che ho scritto in diverse puntate del Diario della crisi finanziaria e, cioè, che il problema vero consiste nell’anomalia dell’esistenza di una valuta unica europea in assenza di un vero e proprio governo europeo dotato di poteri effettivi in materia economico-finanziaria, un’asimmetria le cui conseguenze sono oggi sotto gli occhi di tutti e che rischia di produrre effetti nefasti nei prossimi mesi se non nelle prossime settimane.
Pubblicato da marco sarli a 06.07 | |
| | | jaramillo Primo capitano
Numero di messaggi : 1238 Encomi : 7177 Data d'iscrizione : 01.09.09 Età : 51 Località : cittadino del mondo
| Titolo: Re: Le notizie di jara Sab 1 Mag 2010 - 21:58 | |
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| | | jaramillo Primo capitano
Numero di messaggi : 1238 Encomi : 7177 Data d'iscrizione : 01.09.09 Età : 51 Località : cittadino del mondo
| Titolo: Re: Le notizie di jara Sab 1 Mag 2010 - 22:17 | |
| 10 4 30 ECONOMIA E FINANZA: IL TEMPO E' GALANTUOMO. E L'ITALIA UN PAESE SAGGIO. LO DICONO I DEBITI, NOSTRI E ALTRUI
| f. |
| Il tempo è galantuomo, anche per l'economia e la finanza L'ultimo esempio la Spagna. La davano lanciata a superare l'Italia, ma in illustre compagnia. Persino il cittadino greco stava per superare, per reddito medio, il cittadino italiano. Destinati a finire in fondo, parenti poveri di una Europa lanciata a tenere il passo della corazzata statunitense mentre incalzavano a ritmo frenetico Cina e India. Quest'Italia spacciata ha dimostrato e sta dimostrando, su quasi tutti i fronti degli analisti istituzionali e privati, che gli spacciati semmai erano altri, quelli dei prodigi finanziari o della evoluzione economica basata sul virtuale. In Grecia si va in pensione poco dopo i 50 anni, i pubblici dipendenti non hanno 13 mensilità ma 14 e il fisco aveva la mano molto più leggera rispetto a noi e ai grandi Paesi europei. Tanto pagava Pantalone che adesso siamo diventati noi europei che dovremo sborsare due milioni di vecchie lire (dato calcolato per una famiglia di 4 persone) per evitare il fallimento della Grecia che avrebbe conseguenze nefaste sull'€uro e quindi su tutti noi. Per inciso il debito greco è per la maggior parte verso banche tedesche e francesi, non italiane…
Nell'occasione è emerso chiaramente che sarebbe ora di stracciarci le vesti addosso, come Paese, magari per piccoli interessi di bottega politica.
ITALIA SAGGIA Come fa a reggere l'Italia con il terzo debito pubblico, per quantità, del mondo e senza essere, come ripete Tremonti, il terzo Paese più ricco del mondo? Soccorrono i dati rispetto al PIL, qualcuno dei quali merita di essere riportato, attingendo da una tabella del Corriere della Sera del 9 aprile u.s., pag. 15..
Debito pubblico Siamo con 116,9 secondi solo alla Grecia (120,4). Sopra il PIL ancora solo il Belgio con 100,6. Seguono nessuno sopra il 90. La media è di 86,5. Gli altri Paesi considerati )A, B. F, IR, NL, E, P, GB, USA) sono sotto.
Debito Famiglie Le cose cambiano per il debito delle famiglie. Qui con il 48,6, ben sotto la media che è di 81,3, siamo dietro solo al Belgio (39,1). Olanda (148,4) con Irlanda, Regno Unito, Portogallo al di sopra del PIL, solo l'Austria sotto il 60.
Debito imprese Italia quarta con 217,1 dietro a Grecia 152,5, Germania 166,3, Austria 211,3 ma comunque ben meglio rispetto alla media che è di 271,7 con punte oltre i 300 di Belgio (389,2), Irlanda, Francia, Spagna.
Debito imprese finanziarie Italia al top, meglio di tutti con 317,9 rispetto alla media che è di 550,5. Sotto quattro volte il PIL solo, dopo di noi, Grecia 335,9, Portogallo 361,5, Olanda 379,5, Germania 393,1. Punta astronomica per l'Irlanda con 17,535 volte il PIL ma non scherzano Regno Unito (926.5) e gli altri sopra il quintuplo del PIL.
Sono cifre eloquenti: l'Italia, incredibile!, è un Paese saggio, fra i più saggi di tutti. Smettiamola di stracciarci le vesti addosso. Nei cromosomi abbiamo millenni di storia. Si fanno sentire. f.
www.gazzettadisondrio.it n. 12/2010, anno XIII° del 30 IV 10 |
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| | | jaramillo Primo capitano
Numero di messaggi : 1238 Encomi : 7177 Data d'iscrizione : 01.09.09 Età : 51 Località : cittadino del mondo
| Titolo: Re: Le notizie di jara Sab 1 Mag 2010 - 22:18 | |
| MF Dow Jones - News Italia
| | Finanza: Lucchini torna sul mercato e lancia bond da 18 mln euro (MF) MILANO (MF-DJ)--Hanno abbandonato il colosso che portava il loro nome, ma non la siderurgia. Dopo l'accordo con Severstal e l'esercizio dell'opzione put da 100 mln euro, la famiglia Lucchini non e' uscita di scena. Al contrario. Gli eredi del patron Luigi (Giuseppe, Silvana e Gabriella) hanno ricominciato a investire e stanno raccogliendo risorse per crescere. L'ultimo Cda della Sinpar, la holding che controlla le attivita' industriali e finanziarie della famiglia, ha deliberato l'emissione di un bond non convertibile da 18 mln euro.
L'obbligazione, si legge in MF, dovrebbe servire per completare alcuni investimenti industriali che i Lucchini hanno messo in cantiere. Peraltro, a fine 2008 la Sinpar aveva gia' emesso un altro bond da 13,2 milioni, che scadra' nel 2017. Gran parte di queste risorse dovrebbero finanziare l'unico asset industriale rimasto ai Lucchini, ossia la ex Sidermeccanica di Lovere (oggi Lucchini RS). La famiglia ha appena investito oltre 90 mln euro per realizzare un nuovo laminatoio dedicato alla costruzione di ruote ferroviarie per treni ad alta velocita'. L'impianto, commissionato e realizzato dalla tedesca Sms Meer, sara' inaugurato domani e portera' la capacita' produttiva annua a 240.000 ruote rispetto alle 140.000 attuali. Con questo investimento Lucchini RS dovrebbe diventare leader internazionale nel campo delle ruote e assili ferroviari di alta gamma. red/gt
(END) Dow Jones Newswires
April 30, 2010 03:06 ET (07:06 GMT)
Copyright (c) 2010 MF-Dow Jones News Srl.
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| | | jaramillo Primo capitano
Numero di messaggi : 1238 Encomi : 7177 Data d'iscrizione : 01.09.09 Età : 51 Località : cittadino del mondo
| Titolo: Re: Le notizie di jara Sab 1 Mag 2010 - 22:19 | |
| Nel mirino pure la villa di Lunardi, venne ristrutturata da Anemone
di Redazione Da un ministro a un ex ministro. Dopo Scajola la scatenatissima guardia di finanza sta facendo le pulci alla ristrutturazione della depandance della casa di campagna dell’ex ministro Pietro Lunardi in provincia di Parma, per l’esattezza a Basilicanuova di Gian Marco Chiocci e Massimo Malpica
Da un ministro a un ex ministro. Dopo Scajola la scatenatissima guardia di finanza sta facendo le pulci alla ristrutturazione della depandance della casa di campagna dell’ex ministro Pietro Lunardi in provincia di Parma, per l’esattezza a Basilicanuova. I baschi verdi stanno cercando riscontri al pagamento (per un ammontare che oscilla fra le 100 e le 150mila euro) dei lavori affidati nel 2005 all’impresa di Diego Anemone, che sarebbe stato presentato all’ex ministro da Angelo Balducci, nominato proprio da Lunardi al consigliod ei lavori pubblici. La Gdf si sarebbe messa sulle tracce di alcuni appalti «arrivati» per vie traverse all’impresa di Anemone, ed anche su un appartamento sempre di Lunardi in vicolo Valdina, nel centro di Roma, comprato da un ente del Vaticano «raccomandato» da Balducci, che si sarebbe avvalso, anche qui come per Scajola, della collaborazione dell’architetto Zampolini. Altro link che sembra interessare le fiamme gialle, il rapporto con Anenome per l’acquisto di alcuni terreni adiacenti lo Sport Village, il famoso centro sportivo noto per i massaggi a Bertolaso. E veniamo a Scajola. Il legame tra la casa acquistata a Roma dal ministro e l’inchiesta perugina sul G8 sono ottanta assegni circolari. Quelli che il ministro avrebbe, secondo il teorema degli inquirenti, ricevuto dall’architetto Angelo Zampolini, legato all’imprenditore Diego Anemone, proprio per comprarsi l’appartamento. Zampolini li avrebbe ottenuti dalla banca dietro versamento di 900mila euro in contanti, che secondo i magistrati avrebbe ricevuto da Anemone. Ma il notaio che certificò la compravendita di quella casa, interrogato, sostiene di non aver mai visto passare di mano quella cifra tra Scajola e la parte venditrice. Conferma, insomma, che la somma pagata fosse quella registrata, circa 600mila euro, come dice anche Scajola al Giornale. A interrogare il notaio, che si chiama Napoleone, è lo stesso nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza di Roma che ha curato l’informativa per conto della procura di Perugia, scavando sia sulla compravendita dell’appartamento di Scajola che su altre operazioni immobiliari che per i magistrati sarebbero riferibili ad Anemone. E gli uomini della finanza hanno anche interrogato, il 23 marzo, Beatrice e Barbara Papa, che vendettero la casa a Scajola e alle quali erano stati intestati gli assegni circolari «sospetti». A differenza del notaio le due donne «hanno in sintesi dichiarato di riconoscere gli assegni in parola, nonché la girata delle stesse effettuata per il versamento in banca, e che gli stessi furono consegnati loro dal ministro Claudio Scajola all’atto della vendita, nel 2004», atto appunto «redatto dal notaio Napoleone». Sempre a verbale, le due donne dichiarano «che l’importo complessivo della vendita fu di euro 1.700.000, diviso tra loro in parti uguali, in parte pagato in contanti». Sempre le fiamme gialle annotano che proprio il ministero dello Sviluppo economico aveva chiesto, a fine marzo, notizie sulle «irregolarità eventualmente accertate a carico» di due società fiduciarie, la Stube e la Fidear, legate ad Anemone e a Balducci. Il filone di indagine che ora lambisce Scajola è quindi relativo agli accertamenti patrimoniali su Anemone, uno dei protagonisti assoluti dell’inchiesta sugli appalti del G8. L’indagine (ora a Perugia per il coinvolgimento di un magistrato romano, Achille Toro) nasce sull’asse Firenze-Roma. Nella capitale c’è il filone sugli appalti per i mondiali di nuoto dello scorso anno. Al centro dell’attenzione degli inquirenti, in particolare, i permessi concessi a una serie di circoli sportivi per ampliare o costruire piscine e strutture di appoggio alla manifestazione sportiva, che era nell’elenco dei «grandi eventi». A Firenze, invece, si arriva a indagare sui grandi eventi partendo da intercettazioni che riguardavano la contrastata vicenda dei cantieri fiorentini dell’area di Castello, con indagati nella amministrazione comunale del capoluogo toscano. Da qui, però, la rete di ascolto porta alla gara d’appalto per il nuovo auditorium (opera prevista nell’ambito del «grande evento» dei 150 anni dell’Unità d’Italia) e per la costruzione della scuola marescialli dell’Arma. Il passo successivo porta ai cantieri della Maddalena, che avrebbero dovuto ospitare il G8. È da qui che emerge la rete di relazioni tra l’imprenditore romano Anemone e il «gruppo» della Ferratella, ossia funzionari e dirigenti del Dipartimento sviluppo e competitività del turismo, a lungo guidato da Angelo Balducci.
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| | | jaramillo Primo capitano
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| Titolo: Re: Le notizie di jara Sab 1 Mag 2010 - 22:20 | |
| Formigoni, Moratti e l’allegra finanza Pdl
E a Milano il governatore deve dare spiegazioni ai risparmiatori. L’ultima in ordine di tempo è la notizia dell’esposizione per 115 milioni di euro della regione Lombardia verso la Grecia. Ennesimo anello di una lunga catena di pasticci finanziari combinati dai due amministratori di riferimento del Pdl lombardo. Ovvero il governatore Roberto Formigoni e il sindaco milanese Letizia Moratti. Infortuni finanziari che, oltre a far male alle casse dei due enti, sono la migliore pubblicità per una Lega che gli ultimi sondaggi berlusconiani danno in ulteriore crescita rispetto alle regionali di un mese fa. Al Pirellone hanno poco da esser contenti. Sul Corriere di ieri è risaltato fuori un vecchio scoop del Sole24Ore, che già un anno fa avvertiva degli investimenti ellenici della regione. Questi i fatti. Nel 2002 la Lombardia ha emesso un bond da un miliardo di dollari con scadenza nel 2032. Per arrivare a quella data con i soldi necessari per restituire il prestito, gli uomini di Formigoni accantonano presso le due banche d’affari Ubs e Merrill Lynch un tot di soldi ogni anno. Questo fondo (in gergo sinking fund) a sua volta viene investito in altri strumenti finanziari. E qui c’è l’inghippo: ben 115 milioni sono stati usati per acquistare titoli di stato greci, oggi tutt’altro che sicuri. Ma non solo. Nel “paniere” ci sono anche altri bond più o meno discutibili: quelli di regioni in difficoltà finanziarie (come Lazio e Sicilia) o di aziende dall’elevato indebitamento (come Telecom). Insomma, il fondo non è propriamente simile a un sicuro salvadanaio. Tanto che i consiglieri del Partito democratico hanno invitato Formigoni a dare spiegazioni sull’operazione, non contenti delle prime sommarie rassicurazioni da parte del governatore. Le disavventure finanziarie della regione si sposano bene con quelle capitate al comune di Milano. A partire dalla vicenda dei derivati-truffa. Palazzo Marino ha stipulato nel 2005 uno swap di durata trentennale, legato a un bond di 1,68 miliardi di euro. In soli quattro anni, però, l’ente guidato dalla Moratti ha accumulato una minusvalenza di circa 300 milioni di euro, senza considerare i costi impliciti dell’operazione, che oscillano tra i 73 e gli 88 milioni di euro. Una storia che ha visto l’apertura di un’indagine della procura milanese con conseguente rinvio a giudizio per truffa aggravata di mostri sacri della finanza come Jp Morgan, Deutsche Bank, Ubs e la tedesca Depfa Bank. Ma i guai per la prima cittadina milanese non finiscono qui. Perché a turbarle il sonno c’è anche la questione della Zincar, una partecipata che doveva migliorare lo stato dell’aria meneghina e che invece ha solo prodotto un buco di 18 milioni di euro ed è fallita. Anche stavolta è subito arrivata la magistratura: il crack Zincar è al centro di una inchiesta del procuratore aggiunto Alfredo Robledo, lo stesso che ha portato in tribunale le quattro merchant bank per i derivati. A questo punto non è difficile immaginare che gli echi mediatici delle grane finanziare causate dal Pdl lombardo siano uno dei fattori che sopra il Po affossano il partito di Berlusconi e invece premiano quelli di Bossi. Del resto, lo stesso Cavaliere ha fatto sapere che gli ultimi sondaggi in suo possesso testimoniano una crescita vertiginosa del Carroccio, proprio a scapito del suo partito. Confermando e avvalorando il trend che già s’è manifestato nelle ultime elezioni. Alle regionali, infatti, s’è verificato una specie di pareggio: in Piemonte, Lombardia e Veneto la Lega risulta inferiore al Pdl di soli 152 mila voti. E adesso mette la freccia.
Gianni Del Vecchio | |
| | | jaramillo Primo capitano
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| Titolo: Re: Le notizie di jara Sab 1 Mag 2010 - 22:23 | |
| 1/5/2010 | | Wall Street, la regola dell'immoralità | | |
| | | | FRANCESCO GUERRERA | | Memorizzate questa data: il ventidue giugno dell’anno 2007 – il giorno in cui Wall Street fece cadere il velo e mostrò il suo aspetto più becero e meschino. Alle 16,32 di quel fatidico pomeriggio, Tom Montag, all’epoca uno dei dirigenti della Goldman Sachs, mandò un’email ad un collega nella prestigiosissima banca d’affari. Montag, come tutti i grandi banchieri, era presissimo e la sua missiva consisteva di una sola riga: «Ragazzi, l’Obbligazione Lupo è stata proprio merdosa». Quelle sette parole inglesi potrebbero diventare il motto di un modo di interpretare l’alta finanza che è stato una delle cause dell’implosione dell’economia mondiale e dell’enorme crisi di fiducia nel settore bancario.
Vi risparmio la descrizione della complicatissima Obbligazione Lupo: vi basti sapere che si trattava di un titolo pieno di mutui «subprime» che crollò in valore dopo pochi mesi quando gli indigenti debitori smisero di pagare. Il dettaglio fondamentale, però, è che la Goldman vendette un miliardo di dollari di queste obbligazioni a investitori - intascando milioni in commissioni - nonostante l’opinione scatologica del Signor Montag.
Ma non è finita. Grazie alle investigazioni di un gruppo di agguerritissimi senatori americani, sappiamo che la Goldman non solo creò e smistò un prodotto «sospetto», ma ci scommise pure contro, comprando dei contratti che le garantivano dei pagamenti ogni volta che il titolo perdeva valore.
Per ricapitolare: mentre gli investitori in Timberwolf stavano rimettendoci centinaia di milioni di dollari (uno dei fondi d’investimento andò persino in bancarotta), la Goldman ci guadagnava di suo. Altro che Lupo: i cervelloni della banca d’affari quell’obbligazione l’avrebbero dovuta chiamare Squalo.
Bisogna dire che la condotta della Goldman non è illegale – anche se la società è stata accusata di frode dall’authority americana per un’altra obbligazione molto simile a Lupo (Goldman nega quelle accuse). Anzi, i banchieri della Goldman non si stancano mai di ripetere che non hanno mai avuto nessun dovere di dire ai clienti quello che pensano dei titoli che gli vendono.
In questo hanno ragione: nel mondo della finanza americana «caveat emptor» è una delle regole immutabili. I fondi d’investimento che si sono fatti azzannare dall’Obbligazione Lupo sarebbero dovuti stare più attenti a quello che compravano. Ma alla luce degli eventi epocali del 2007-2009, una spiegazione strettamente legale non basta più. Dopo aver partecipato a follie finanziarie che sono costate miliardi di dollari e milioni di posti di lavoro, la domanda da porre a Wall Street è di natura morale, non legale. È etico per una banca mettere i propri interessi al di sopra di quelli dei suoi clienti? È giusto per un venditore mettere in vetrina prodotti che sa che sono marci? Per Goldman - e molte altre banche - la risposta è sì. Se i clienti vogliono un prodotto, loro glielo vendono - per una bella commissione - senza tante remore e crisi di coscienza, salvo riservarsi il diritto di fare dei soldi scommettendoci contro.
Per gran parte della gente e la classe politica la risposta è no. Come ha detto il senatore repubblicano John Ensign, che di scommesse se ne intende visto che viene dal Nevada, durante un’udienza parlamentare con dirigenti della Goldman questa settimana: «Las Vegas si dovrebbe offendere quando viene paragonata a Wall Street: a Las Vegas gli scommettitori conoscono le loro probabilità di vittoria, voi invece manipolate le probabilità a partita in corso».
Un casinò truccato dove il banco vince sempre. Se questa è l’immagine del sistema finanziario più grande e sofisticato del mondo, non bisogna essere uno dei geni matematici che hanno inventato Timberwolf per capire che Wall Street ha un problema serio. Un problema che non scomparirà da solo e certo non viene risolto dallo spettacolo a cui ho assistito martedì: 11 ore di colloquio tra capi della Goldman e senatori e nemmeno una traccia di pentimento nelle facce o nelle parole dei banchieri.
Lloyd Blankfein, l’amministratore delegato della Goldman che nel 2007, l’anno di Timber-wolf, si portò a casa 68 milioni di dollari, l’ha detto chiaro e tondo ai senatori che protestavano che una banca che vende prodotti con una mano e scommette con i suoi soldi con l’altra è al centro di gravi conflitti d’interesse. «Non ci vedo nulla di male», ha detto martedì. Ogni crisi finanziaria ha le sue vittime e i suoi carnefici e la Grande Recessione degli anni 2007-2009 non fa eccezione. Le vittime le conosciamo bene: gli americani medi convinti che i prezzi delle case non sarebbero caduti mai, che avere sette carte di credito, quattro macchine e cinque televisori fosse normale e che il «sogno americano» di prosperità infinita non si sarebbe mai infranto.
I carnefici sono anch’essi molti e molto noti (una classe politica, spronata dal banchiere centrale Alan Greenspan, che s’innamorò della deregulation; agenzie di credito che chiusero gli occhi; e investitori accecati dalla chimera dei soldi facili). Ma se le banche continuano a negare l’evidenza saranno le uniche a pagare per colpe non tutte loro. L’ostinazione e l’arroganza di un banchiere milionario che dice: «Non c’è niente di male» non aiuta né la sua banca né un settore che, al momento, è meno rispettato dei venditori di auto usate (e perfino dei giornalisti...).
Le riforme stanno arrivando a grande velocità con un bel carico di populismo acchiappa-voti - non è un caso che le accuse di frode contro Goldman siano state annunciate proprio quando l’amministrazione Obama stava avendo difficoltà a convincere i repubblicani a passare la legge che ridisegnerà il sistema finanziario Usa.
La «regola Volcker» - che prende il nome dal vecchio capo della Federal Reserve e proibisce alle banche di usare fondi propri per comprare e vendere titoli e investire in società - sarà sicuramente approvata e banche come la Goldman (ma anche rivali come la Morgan Stanley e la JPMorgan) dovranno dire addio a miliardi di utili. E forse è questa la soluzione più giusta ai problemi di Wall Street: lasciare dei soldi sul tavolo - come dicono i banchieri quando non riescono ad estrarre la commissione più alta possibile da un cliente - e in cambio evitare misure draconiane e punitive che potrebbero mettere a rischio il futuro di uno dei settori più importanti dell’economia statunitense.
Abbandonare i mercati rischiosi ma redditizi di prodotti complessi ed esotici, dei titoli tipo Timberwolf e delle scommesse con i propri soldi non sarà facile per banchieri, banche e investitori che si sono abituati a utili altissimi e bonus principeschi.
Il «ritorno al futuro» - al ruolo di banche come intermediarie di flussi monetari tra compratori e venditori piuttosto che protagoniste di azioni finanziarie con capitale proprio - non sarà facile soprattutto perché questi tipi di servizi non sono molto remunerativi. L’alternativa però è essere al centro del tifone del dopo-crisi - identificati come colpevoli da una classe politica che è praticamente obbligata ad infierire sui banchieri e le loro società per soddisfare la sete di sangue di un pubblico arrabbiato. Dopo tanti anni di caveat emptor, sarebbe utile per Wall Street adottare la regola del «caveat venditor».
*Francesco Guerrera è il caporedattore finanziario per il Financial Times a New York. |
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